
Londra, maggio 2025: in marcia per chiedere il ritorno di minori ucraini - © Serhii Ziniak
La deportazione forzata dei bambini ucraini rimane un ostacolo critico ai colloqui di pace, con la Russia che si oppone al loro rimpatrio. Nonostante i progressi negli scambi di prigionieri, per Kyiv nessun accordo duraturo è possibile senza il ritorno sicuro dei minori
Il 2 giugno 2025 si è svolto a Istanbul il secondo round di colloqui di pace tra Ucraina e Federazione russa, che ha riportato l'attenzione su uno degli aspetti più strazianti della guerra in corso: la deportazione forzata dei bambini ucraini in Russia.
Il capo gabinetto del presidente dell'Ucraina, Andriy Yermak, ha affermato che durante l'incontro l'Ucraina ha consegnato alla Russia un elenco di bambini che "devono essere rimpatriati", sottolineando che il loro ritorno è "parte integrante" del processo di pace a lungo termine. "La palla è nel campo della Russia. La vera buona fede non sta nelle parole, ma nei fatti. E ora è il momento di dimostrarlo".
Dall'inizio dell'invasione russa nel febbraio 2022, ci sono state 19.546 segnalazioni di bambini deportati e sfollati forzatamente, di cui solo 1.345 sono stati rimpatriati.
Tuttavia, nella lista compaiono solo i nomi di 339 bambini ucraini rapiti: secondo alcune fonti il numero ridotto potrebbe essere una strategia per accelerare li processo di rientro dei minori, per evitare che Mosca prenda tempo nel verificare il nome di migliaia di minori e allungare ulteriormente la procedura di rientro.
Il capo della delegazione russa Medinsky ha risposto in modo sprezzante, invitando i negoziatori ucraini a non imbastire uno "spettacolo per vecchie signore europee senza figli e dalla lacrima facile", mentre la Russia continua ad affermare di non aver rapito alcun bambino. In seguito, Medinsky ha affermato che la lista sarà consegnata all'Ufficio del Commissario per i diritti umani, ma non tutti i bambini presenti nella lista si trovano necessariamente in Russia.
Deportazione sistematica, rieducazione e assimilazione forzata
Dal 2014, le autorità filorusse trasferiscono bambini ucraini in campi e strutture nei territori occupati, una pratica che si è intensificata drasticamente all'inizio del 2022, poco prima dell'invasione.
Con il pretesto dell'evacuazione o della protezione, la Russia ha avviato un programma sistematico di deportazione forzata, rieducazione e adozione forzata volto ad assimilare i bambini ucraini nella società russa attraverso la propaganda, la cultura e la lingua.
A seguito dell'invasione, le forze russe hanno prelevato con la forza bambini da zone di battaglia, campi e orfanotrofi, per trasferirli in Russia. Queste azioni hanno sollevato serie preoccupazioni ai sensi del diritto internazionale e sono ampiamente condannate come potenziali crimini di guerra e, di recente, persino come elementi di genocidio .
Il 17 marzo 2023 la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il presidente russo Vladimir Putin e la Commissaria per i diritti dell'infanzia Maria Lvova-Belova per il loro presunto ruolo nei rapimenti, ma l'applicazione di tali provvedimenti rimane difficoltosa.
Sebbene la Russia affermi che questi trasferimenti proteggano i bambini, essi perseguono uno scopo molto più oscuro. Le autorità russe chiamano i loro centri di rieducazione e adozione "campi estivi", ma l'ex Commissario per i diritti dell'infanzia Mykola Kuleba li definisce “campi di annientamento dell'identità ucraina” , descrivendoli come una forma di pulizia etnica. Secondo lui, l'obiettivo della Russia è trasformare i bambini ucraini in russi, instillare odio verso l'Ucraina e addestrarli come futuri soldati.
La Russia ha concesso la cittadinanza russa ai bambini rapiti e ha permesso ai tutori di revocare quella ucraina, rendendo più difficile rintracciarli o riportarli a casa. Un'inchiesta del Financial Times ha trovato quattro di questi bambini su un sito di adozioni russo con nomi ed età modificati e nessuna menzione delle loro radici ucraine, evidenziando un'assimilazione forzata.
Le voci dei minori
Oltre a questi fatti e cifre, si trova il vero prezzo da pagare: le storie personali dei bambini stessi. Per ridurre al minimo il loro trauma, le seguenti testimonianze sono tratte da interviste condotte con i rimpatriati sotto la guida di psicologi infantili nell'ambito dell'iniziativa Bring Kids Back UA , lanciata dal presidente dell'Ucraina.
Vladyslav (17 anni, Kherson) è stato trasferito forzatamente in Crimea dall'esercito russo senza che i suoi genitori ne fossero informati, ed è stato portato in un campo di "riabilitazione" gestito dai russi. Lì, è stato costretto a parlare solo russo e a stare in piedi durante l'inno nazionale russo sotto minaccia di punizione, come in tutte le strutture simili. Ricorda di essere stato messo in isolamento e costretto ad assumere psicofarmaci come punizione per aver mancato di rispetto alla bandiera russa. Successivamente, è stato trasferito in un'accademia militare navale, dove ha seguito l'addestramento militare e gli sono stati imposti documenti russi.
Artem (16 anni, regione di Kharkiv) ha trascorso oltre tre mesi sotto occupazione con i suoi genitori, finché i soldati russi non sono arrivati nella sua scuola e hanno portato i bambini dai 5 ai 17 anni in un orfanotrofio a Luhansk. Lì, condivideva una stanza mal equipaggiata con altre nove persone e gli veniva dato cibo di scarsa qualità. Ricorda di essere stato costretto a indossare un'uniforme militare russa per le visite.
Kira (11) e Oleksandr (12), entrambi di Mariupol, sono stati separati dalle loro famiglie durante la guerra. Kira ha perso il padre molto presto ed è stata ferita da una trappola mentre si dirigeva dal nonno. I soldati russi l'hanno portata in un ospedale a Donetsk, dove le hanno detto che sarebbe stata mandata in un orfanotrofio lontano se nessuno fosse andato a cercarla. Oleksandr è stato separato dalla madre in un campo di smistamento dopo che erano stati catturati insieme ai difensori della fabbrica Illich. Non l'ha vista mai più. In un orfanotrofio a Donetsk, gli è stato detto che sua madre non lo voleva ed è rimasto in attesa di una famiglia affidataria, finché non l'ha trovato la nonna.
Uno dei casi più tragici è quello di Oleksandr Yakushchenko (17 anni, Kherson), affidato ad una famiglia. Sentendosi isolato e indesiderato, Oleksandr ha inviato un disperato messaggio vocale poco prima di suicidarsi a 18 anni: "Nessuno qui ha bisogno di me... me l'hanno fatto capire, sto rovinando la vita di tutti... Sto soffrendo così tanto, non so cosa fare". Il destino della sorella minore Khrystyna, anche lei trasferita in Russia, rimane sconosciuto.
La deportazione forzata dei bambini ucraini rimane un problema cruciale e irrisolto, mentre il rifiuto della Russia di collaborare blocca i progressi nella sua risoluzione. La comunità internazionale chiede giustizia: il futuro di migliaia di bambini è incerto e riportarli a casa sani e salvi è essenziale per una soluzione duratura.
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