Bustarella - © Atstock Productions/Shutterstock

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Nuovi scandali di corruzione stanno mettendo a dura prova il governo Golob e la maggioranza di centrosinistra, ormai senza bussola. Il centrodestra gongola in vista delle prossime tornate elettorali, ma deve fare i conti con la lotta tra il leader storico Janša e il volto nuovo Logar

22/02/2024 -  Stefano Lusa Capodistria

Sono state settimane frenetiche quelle appena passate in Slovenia. Sullo sfondo una vicenda che puzza di corruzione e che rischia di coinvolgere una buona fetta della classe politica locale. La storia riguarda l’acquisto di quello che sarebbe dovuto diventare il nuovo palazzo di giustizia della capitale Lubiana: uno stabile comprato all’asta da un faccendiere nel 2019 per poco meno di due milioni di euro e rivenduto allo stato per quasi otto milioni.

A farne le spese è stata la ministra della Pubblica amministrazione Dominika Švarc Pipan, che alla fine ha dovuto rassegnare le dimissioni. La politica, in quota ai socialdemocratici, era stata immediatamente mollata dal suo partito, che ha chiesto al premier di destituirla. Una fretta inusuale, senza nemmeno l’accenno di una difesa d’ufficio di quella che era stata una figura emergente della socialdemocrazia slovena.

Il premier Robert Golob l’ha lasciata ancora un po’ al suo posto, e lei in cambio ha promesso che avrebbe fatto chiarezza sulla vicenda prima di andarsene. Alla fine, ha ammesso di essere stata ingenua e di essersi fidata di tutta una serie di personaggi del suo ministero arrivati al tempo del nuovo e del vecchio governo, che avrebbero macchinato per far concludere in fretta l’affare.

In ogni modo, ha consegnato al premier un corposo rapporto di cui non si conoscono ancora i contenuti. Qualcuno, però, comincia addirittura a parlare di “mani pulite” in salsa slovena e ipotizza che la vicenda potrebbe allargarsi a macchia d’olio. Al momento a farne le spese sono stati i socialdemocratici. La prima testa a cadere è stata quella di Klemen Žibert, segretario generale del partito, che ha rassegnato le dimissioni dopo che era emerso che si era adoperato per l’affare e che la sua famiglia ha recentemente acquisito una serie di costose proprietà immobiliari.

Ad essere messo alla porta è stato anche il segretario di Stato Igor Šoltes. L’ex parlamentare europeo, nonché ex presidente della Corte dei conti non è uno qualunque. Arriva dalla migliore “aristocrazia” rossa, suo nonno è infatti Edvard Kardelj, a lungo delfino di Tito. Lui se ne sarebbe comunque andato con la ministra, ma non gli hanno risparmiato di passare attraverso la forca caudina della defenestrazione.

La Švarc Pipan, che prima di farsi cacciare dal partito se ne è andata sbattendo la porta, ora vola negli indici di gradimento, mentre Tanja Fajon, la leader socialdemocratica è nella polvere e con lei anche tutto il suo partito, precipitato nei sondaggi dal 7,5% al 2,6%, ben al di sotto della soglia di sbarramento che gli consentirebbe di continuare a restare in parlamento.

Il partito ha deciso di tirare le somme a marzo, prima quindi delle elezioni europee. Non è escluso che Tanja Fajon possa essere silurata. Lei, del resto, sembra più interessata alla sua carica di ministro degli Esteri e a curare la sua immagine a livello internazionale che a gestire un partito, dove dai tempi di Borut Pahor oramai l’immagine sembra contare più degli ideali.

Ad aumentare il caos che regna nel centrosinistra, ci ha pensato anche la Sinistra, che ha annunciato che intende disciplinare Miha Kordiš, l'esponente dell'ala più radicale del suo partito. I suoi colleghi del gruppo parlamentare, stufi di una serie di suoi atteggiamenti estemporanei, hanno avviato la procedura per estrometterlo da tutta una serie di organismi parlamentari dove rappresenta il partito e gli hanno chiesto di andarsene dal parlamento.

Lui ha replicato che non ci pensa nemmeno e che sono loro che una volta entrati nel governo hanno abbandonato la linea del partito per piegarsi a continui compromessi. Kordiš, del resto, è uno dei pittoreschi personaggi che ogni tanto emergono nella politica slovena. Si era presentato nello scorso mandato alle trattative per la formazione del governo indossando una maglietta con l’effige di Tito e aveva chiesto la nazionalizzazione di due grosse aziende i cui proprietari si erano lamentati della politica fiscale in Slovenia. Il partito per farlo contento lo aveva addirittura fatto correre alle scorse presidenziali, ma Kordiš era riuscito ad ottenere molto meno voti di quel poco che la Sinistra aveva preso qualche mese prima alle parlamentari.

Nel caos generale non guadagna nemmeno Movimento Libertà del premier Robert Golob, che ha promesso tanto e mantenuto poco, mentre i suoi ministri vengono presentati oramai come una sorta di armata Brancaleone.

Il centrodestra intanto gongola e si appresta a raccogliere i frutti alle prossime europee. Con il marasma che regna nella compagine di governo possono contare nell’astensione di molti, oltre che su una schiera di fedelissimi che si recheranno alle urne. A cavalcare l’onda sono soprattutto i democratici di Janez Janša, che hanno annunciato che vorrebbero “svegliare” la Slovenia e per farlo stanno organizzando una grossa manifestazione di piazza per il prossimo 21 marzo.

Sono convinti che il loro sia il progetto politico di maggior successo della storia del paese: un progetto che però non riesce quasi mai a raccogliere sufficienti consensi per poter governare, anche grazie a Janez Janša, leader capace di chiamare a raccolta i propri adepti, ma di suscitare timore e avversione negli altri; abilissimo a farsi travolgere da mille polemiche, ogniqualvolta si abbandona ai suoi salaci tweet o lascia fare ai suoi fedelissimi e maldestri scudieri.

Un partito con un unico ed insostituibile leader che ha sempre saputo applicare una ferrea disciplina, mettendo alla porta tutti i suoi oppositori interni. È la fine che potrebbe fare Anže Logar. Dopo essersi candidato alle presidenziali, dimostrando di andare oltre alla percentuale di consensi che raccolgono solitamente i Democratici, Logar ha dato vita ad una piattaforma di collaborazione, che ha raccolto figure provenienti anche dal centrosinistra.

Dai toni pacati e concilianti, piace agli sloveni, tanto che è sempre in testa ai sondaggi di gradimento. Per molti è l’uomo che potrebbe dare al centrodestra una consistente maggioranza. Una prospettiva non certo gradita a Janša, tutt'altro che intenzionato a cedergli la guida del partito e la leadership del centrodestra. Proprio per questo lo ha già invitato ad andarsene ed ora lo ha messo anche alla prova facendo firmare a tutti i suoi deputati una dichiarazione di fedeltà al partito.

Logar ed altri due non l’anno fatto. Difficile che per loro possa esserci ancora tanto spazio nel partito. Per molti non è altro che una manovra concordata per portare i voti al centrodestra, per altri non è che il segno che - come in Polonia - l’alternativa alla destra potrebbe non arrivare più da un centrosinistra privo di idee, uomini e progetti, ma dal centrodestra moderato ed europeista.


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