dinari

Ljubljanska Banka - foto Commissione Europea

I loro soldi, dopo la dissoluzione della ex Jugoslavia, non li avevano più visti. Erano depositati presso la Ljubljanska banka. A quasi vent'anni di distanza i premier di Slovenia e Croazia tentano, almeno in parte, di mettere un punto alla questione

30/08/2010 -  Stefano Lusa Capodistria

Dopo che la scorsa estate Jadranka Kosor e Borut Pahor hanno “risolto” l’annosa questione del confine tra Slovenia e Croazia, quest’anno provano a dipanare un altro nodo dell’intricata matassa dei rapporti sloveno-croati.

Alla fine del mese scorso i due premier si sono incontrati sul lago di Bohinj. Dall’idilliaca località slovena non sono mancate le solite foto patinate. Pahor era senza cravatta, ma in un elegante completo scuro, mentre la Kosor si è presentata con un bel vestitino bianco. Il lago e le montagne alle loro spalle li facevano sembrare una coppia di attempati sposini.

L’incontro, ed anche la sintonia che i due da tempo mostrano in pubblico, doveva servire per testimoniare la nuova stagione di rapporti tra Lubiana e Zagabria, ma anche per tentare di risolvere quella che resta la questione più scottante sul piatto: i depositi non riscossi dei risparmiatori croati presso la filiale zagabrese della Ljubljanska banka.

I due hanno detto di aver trovato un’intesa, ma non hanno voluto lasciarsi sfuggire alcun particolare. Adesso spetterà ai gruppi di esperti definire i dettagli. Pahor ha subito annunciato che si aspetta che il tutto sia risolto in tre mesi.

La previsione è stata subito giudicata sin troppo ottimistica. Rudi Gabrovec, l’alto rappresentante sloveno per le questioni legate alla successione, ha precisato che per chiudere le trattative ci vorrà almeno un anno. La contrattazione dovrebbe coinvolgere anche gli altri paesi nati dalla ex Federazione.

Il problema risale al periodo della dissoluzione dell’ex Jugoslavia. All’epoca nelle repubbliche della Federazione operavano istituti finanziari di tutto il paese. Al momento della proclamazione dell’indipendenza, ad esempio, in Slovenia avevano loro sportelli quattro banche serbe e una croata. In quel clima d’incertezza Lubiana garantì la copertura per tutti i depositi fatti in Slovenia ed i risparmiatori sloveni poterono riscuotere sino all’ultimo centesimo.

In Croazia, invece, per riavere i propri risparmi era necessario avviare una apposita pratica. Così dei complessivi 420 milioni di euro depositati presso la filiale zagabrese della Ljubljanska banka ne sarebbero stati riscossi 260. Il resto dei soldi sarebbe intestato a ancora oltre 130.000 risparmiatori. Molti non hanno che pochi spiccioli, visto che su oltre 96.000 conti ci sarebbero meno di 30 euro.

Maliziosamente, in Slovenia, qualcuno ha fatto notare che la questione è stata politicizzata ad arte da Zagabria, che in realtà avrebbe avuto ben pochi interessi a risolvere il problema, considerato che i croati erano riusciti a riscuotere i loro soldi, mentre il resto dei depositi sarebbe stato in gran parte di serbi che vivevano in Croazia.

Per comprendere appieno la vicenda bisogna andare a vedere com’era regolata la questione dei depositi bancari nella ex federazione jugoslava. La Banca popolare di Jugoslavia forniva garanzie per i depositi in dinari, mentre era la Federazione a garantire per quelli in valuta. Proprio i depositi in valuta sono oggi al centro di una difficile trattativa tra i paesi dell’ex Federazione.

Per risolvere la vicenda è stata chiamata in causa la Banca dei regolamenti internazionali di Basilea, cioè la più antica organizzazione finanziaria internazionale. Le trattative iniziate nel dicembre del 2001 si sono protratte sino al luglio del 2002, ma non hanno portato a nessun risultato. Lubiana ha sempre insistito che la soluzione fosse trovata in quella sede, come stabilito del resto dall’intesa raggiunta a Vienna sulla successione dell’ex Jugoslavia.

Finora Bosnia, Macedonia, Slovenia e Serbia erano propense a continuare il negoziato, mentre la Croazia non aveva dato segni di voler riprendere il dialogo. Ora forse le cose potrebbero cambiare, anche se Pahor ha fatto capire che nel trovare una soluzione la Slovenia, intende insistere sul rispetto degli accordi già raggiunti e firmati.

In Slovenia, ad ogni modo, ci tengono a precisare che quei soldi non sarebbero mica arrivati nel paese, ma come tutti i depositi in valuta nella ex federazione sarebbero in gran parte finiti sui conti della banca popolare di Jugoslavia.

La stessa filiale zagabrese della Banca di Lubiana vanterebbe inoltre crediti per oltre 800 milioni di euro da imprese croate, quindi in teoria ci sarebbero i soldi sufficienti per pagare le pendenze.

La pendenza, però, non pesa solo sui poveri risparmiatori che da anni non riescono a riscuotere i loro soldi, ma ha conseguenze anche sull’economia slovena. Allo stato attuale alla Nova Ljubljanska banka, l’istituto sorto nel 1994 dalle ceneri della Ljubljanska banka, è precluso l’ingresso sul mercato finanziario croato. Il governatore della Banca di Croazia, Željko Rohatinski ha precisato che le cose non cambieranno finché la questione dei depositi non verrà risolta.

La Slovenia da tempo ha dato ad intendere che un simile provvedimento non è in armonia con la legislazione europea e che la sua banca sarebbe discriminata. La cosa ovviamente potrebbe pesare anche sulla trattativa d’adesione della Croazia all’Unione europea.

Intanto proprio l’istituto lubianese, di cui lo stato detiene ancora il pacchetto di maggioranza, si trova al centro di non poche polemiche per alcune scelte in materia di politica creditizia ed oggi avrebbe bisogno di nuove iniezioni di capitale, che potrebbero arrivare dallo stato o da investitori stranieri. Quest’ultima ipotesi, però, fa paura agli sloveni che stanno cercando di evitare che la più importante banca del paese sfugga loro di mano.


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