E' nell'interesse dell'Ue che il Kosovo non venga ghettizzato e che non rimanga fuori dal processo di liberalizzazione del sistema dei visti. Una lettera aperta dell'European Stability Initiative. Tra i principali firmatari Giuliano Amato

21/07/2009 -  Anonymous User

Accogliamo con favore la recente proposta della Commissione europea sulla liberalizzazione dei visti nei Balcani occidentali. E' un passo in avanti importante in un processo che permetterà ai cittadini dei Balcani, come a tutti gli altri europei, di viaggiare liberamente in tutta Europa.

Apprezziamo il fatto che il processo di liberalizzazione dei visti si basi su criteri da raggiungere oggettivi.

I governi della regione debbono implementare riforme su larga scala per garantire la sicurezza dell'Unione europea ed alleggerire le preoccupazioni dei cittadini dell'Ue. Ai paesi dei Balcani occidentali è stato chiesto di migliorare i controlli ai loro confini, di introdurre passaporti biometrici anti-falsificazione e di mettere in campo strategie per la lotta al crimine organizzato, la corruzione e la migrazione illegale.

Ora, la Commissione europea, ritiene che tre paesi - Macedonia, Serbia e Montenegro - hanno pienamente adempiuto a queste condizioni. Ci felicitiamo del fatto che la Commissione europea si trovi ora in condizione di proporre loro visti automatici per la libera circolazione. Questo dimostra che l'intero processo funziona.

Speriamo inoltre che le autorità bosniache e albanesi adempieranno a breve alle condizioni poste e ottengano un accesso senza visti alla zona Schengen prima della fine del 2010. Accogliamo con favore che la Commissione europea stia precisando nel dettaglio quali condizioni debbano essere ancora raggiunte da entrambi i paesi, assicurando una procedura rigorosa e trasparente.

Ciononostante, non concordiamo con il fatto che il Kosovo sia stato lasciato fuori dall'intero processo, essendo stata richiesta la necessità di ottenere un visto per tutte le persone che vi risiedono, inclusi quelli con la cittadinanza serba. Questo senza individuare modalità attraverso le quali arrivare ad una liberalizzazione del sistema dei visti. Sappiamo che tra i membri dell'Ue c'è attualmente disaccordo in merito alla questione dell'indipendenza del Kosovo.

Ciononostante, tutti gli stati membri dovrebbero concordare sul fatto che lasciare coloro i quali risiedono in Kosovo, a prescindere dalla loro etnicità, intrappolati in un ghetto creato dai visti potrebbe divenire un problema serio, non solo per il Kosovo, ma anche per tutti i Balcani occidentali e per gli interessi Ue nella regione.

Siamo convinti del fatto che sia nell'interesse dell'Unione europea incoraggiare, in Kosovo, le stesse riforme che sono state realizzate in Macedonia e Montenegro. Per far questo l'Ue dovrebbe utilizzare le considerevoli risorse finanziarie e umane che ha già messo in campo in Kosovo.

Tenendo questo a mente, chiediamo agli stati membri dell'Ue - qualsiasi sia il loro punto di vista sullo status del Kosovo - di prendere in considerazione due cambiamenti alla proposta della Commissione.

Innanzitutto anche il Kosovo dovrebbe ottenere una roadmap per la liberalizzazione dei visti. Va data la possibilità di implementare le stesse lungimiranti riforme che anche gli altri cinque stati dei Balcani si sono impegnati ad adottare, con ciò contribuendo alla propria sicurezza come a quella dell'intera regione e dell'Ue. Una volta che il Kosovo avrà adempiuto a queste condizioni, il regime dei visti dovrà essere abolito.

Se il Kosovo può essere inserito nela "lista nera" dei visti senza un consensus nell'Ue sul suo status, allora può anche entrare nella "lista bianca" una volta raggiunte tutte le condizioni tecniche necessarie. L'Ue dovrebbe considerare neutrale rispetto allo status il processo di liberalizzazione dei visti.

In secondo luogo non dovrebbe esserci alcuna discriminazione nei confronti di chi risiede in Kosovo. In linea con la proposta della Commissione, i 3,5 milioni di serbi che vivono al di fuori della Serbia, tra questi i serbi di Bosnia, potranno ottenere passaporti serbi e con questi ultimi viaggiare liberamente nell'Ue. Allo stesso tempo, coloro i quali risiedono in Kosovo (serbi del Kosovo e con essi i bosgnacchi residenti in Kosovo) non potranno farlo. Non siamo affatto d'accordo con questo approccio. Avrà la conseguenza non voluta di incoraggiare i serbi del Kosovo (e i bosgnacchi del Kosovo) a prendere residenza al di fuori del Kosovo, in chiara contraddizione con l'obiettivo definito dall'Ue di avere un Kosovo multietnico.

Per anni gli stati dei Balcani occidentali hanno aspettato la liberalizzazione del regime dei visti. Nella regione per le relazioni con l'Ue, poche questioni sono state più importanti di questa. L'Ue ha avuto successo nel porre una serie di condizionalità e a farle rispettare in modo severo ma equo. Nell'interesse della sicurezza europea - e dei Balcani - deve continuare a costruire su questo successo.

Giuliano Amato, presidente del comitato scientifico del «Schengen White List Project» ed ex primo ministro e ministro degli Interni italiano

Otto Schily, ex ministro degli Interni della Germania, attuale membro del Bundestag

Radmila Sekerinska, presidente del «National Council for European Integration of Macedonia», ex vice-primo ministro della Macedonia

Misha Glenny, autore di "McMafia: crimine senza frontiere » e di molti altri libri sui Balcani

Ivan Krastev, presidente del «Centre for Liberal Strategies», Sofia

Jordi Vaquer, direttore del « Centre for International Relations and Development Studies » (CIDOB), Barcellona

Heather Grabbe, ex consulente senior del Commissario europeo per l'allargamento

Schengen White List Project - ESI


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