Kosovo: Osmani presidente, largo ai giovani

6 aprile 2021

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Dopo Albin Kurti premier, Vjosa Osmani presidente. Con l'elezione in parlamento di domenica, attesa ma non scontata, la trasformazione generazionale della politica kosovara sembra portata ora a termine.

E non solo per la giovane età dei nuovi protagonisti della scena politica di Pristina (Kurti è nato nel 1975, la Osmani nel 1982), ma per l'approccio nuovo che l'attuale leadership kosovara promette di mettere in campo.

L'elezione della Osmani, quinta presidente del Kosovo, è arrivata solo alla terza votazione, dopo il tentativo dell'opposizione e dei rappresentanti della comunità serba di boicottare la procedura e portare il paese a nuove, ennesime elezioni anticipate.

Alla fine, a risultare decisiva è stata la collaborazione della Lega democratica del Kosovo (LDK) che, seppure con alcune defezioni, si è presentata in aula assicurando il numero legale.

Una decisione sofferta, visto che proprio la Lega, in cui la Osmani è cresciuta politicamente, l'aveva espulsa dopo la decisione della neo-presidente di non appoggiare il voltafaccia all'alleanza con Kurti e il suo movimento Vetëvendosje consumata nella precedente legislatura, anche a causa delle pressioni dell'amministrazione Trump vogliosa di strappare un accordo tra Pristina e Belgrado.

Una mossa rischiosa, che ha messo la Osmani al centro delle polemiche, ma che ora la ripaga rendendola protagonista della nuova stagione della politica kosovara.

Forse non è un caso che, alla guida del paese anagraficamente più giovane d'Europa, ci siano oggi politici giovani come Kurti e la Osmani. Meno scontato è che a ricoprire la carica di presidente sia una donna (la Jahjaga, in carica dal 2011 al 2016, di fatto era stata imposta dall'esterno) in una realtà dove tradizionalmente il potere è una questione maschile.

Non è detto che l'alleanza politica tra la Osmani e Kurti sia destinata a durare per sempre: i due vengono da background politici diversi e la politica spesso divide dopo aver unito in base a strategie e convenienze. Al momento, però, la visione sembra essere comune: mettersi definitivamente alle spalle il periodo post-bellico, e concentrarsi su economia e riforma delle istituzioni.

I negoziati con la Serbia, principale preoccupazione dei partner internazionali, non sono la priorità assoluta, almeno nelle intenzioni. Con tutta probabilità, però, la soluzione del rebus e il raggiungimento di un compromesso con Belgrado saranno la cartina di tornasole con cui anche questa nuova generazione di leader dovrà confrontarsi per dimostrare le proprie capacità e maturità politica.


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