La foto del profilo su VKontakte di Aytakhadzhi Khalimov

La foto del profilo su VKontakte di Aytakhadzhi Khalimov

Condividere dei video sulla Prima guerra cecena è costato ad un cittadino ceceno residente a Kaliningrad una condanna a tre anni e mezzo di carcere. Non è la prima in un contesto dove le autorità russe mirano a nascondere la storia del conflitto russo-ceceno

23/06/2020 -  OC Media

(Pubblicato originariamente da Oc Media il 18 giugno 2020)

Tre anni e mezzo di carcere per aver condiviso dei video sulla Prima Guerra in Cecenia sui social. Ad Aytakhadzhi Khalimov sono state inoltre proibite tutte le “attività correlate all’amministrazione del web” per due anni. Secondo i documenti del tribunale Khalimov nel 2019 ha postato tre video sul social media VKontakte intitolati: “Untitled”, “Free Ichkeria. Guerra di Cecenia” e “Hanno vinto la guerra.

Il primo video, Untitled, parla dell'“eroismo” dei combattenti ceceni che hanno vinto contro la “grande armata russa”.

Gli altri due video sono presunti video d'archivio della guerra, tra cui il bombardamento di case da parte dell’armata russa e i cadaveri delle persone uccise nel combattimento. 

La Prima Guerra di Cecenia, 1994-1996, è stata combattuta fra le forze della neonata Repubblica Cecena di Ichkeria e l’armata della Federazione Russa, ed è stato uno dei conflitti più sanguinosi nel territorio dell’ex Unione Sovietica dopo il suo collasso. 

La guerra è costata la vita a 25.000-80.000 persone e si è conclusa con l’indipendenza de-facto della Cecenia. La situazione si è protratta fino alla conclusione della Seconda Guerra di Cecenia nel 2001. 

Durante il processo, Khalimov non ha negato di aver condiviso i video ma si è dichiarato innocente rispetto alle accuse di incitamento e apologia del terrorismo. 

Il suo avvocato, Maria Bontsler, ha dichiarato ad OC Media che si trova fermamente in disaccordo con il verdetto della corte e che intende procedere in appello. Dice che Khalimov “voleva far conoscere la storia del suo paese”, aggiungendo che non c’era nulla di illegale in tutto ciò. 

“Nominare la Prima Guerra di Cecenia non è illegale. È stata chiaramente una guerra, non terrorismo”, ha dichiarato. 

Bontsler aggiunge che la corte si è rifiutata di permettere alla difesa di Khalimov di esaminare in maniera indipendente i video per individuare o meno in essi delle istigazioni al terrorismo. “Gli investigatori hanno condotto l'analisi dei video presso il Southern Centre of Expertise, che finisce sempre con l'avallare la tesi dell'accusa”, sottolinea l'avvocato Bontlser. 

Khalimov è stato arrestato nella sua città di residenza, Kaliningrad, dai Servizi di Sicurezza Federali (FSB), il 24 dicembre 2019. Secondo fonti ufficiali, il procedimento penale nei suoi confronti è stato avviato a seguito dell'esposto di due soldati russi di stanza a Kaliningrad - di nome Serebryakov e Shishamkov.

I documenti del tribunale dichiarano che Serebryakov e Shishmakov, “visionando il social network VKontarte, hanno visto i video sulla pagina di Aytakhadzi Khalimov nei quali ‘la Russia veniva dipinta come un aggressore nei confronti della Cecenia durante la Prima Guerra di Cecenia”, e ne hanno riferito ai Servizi di Sicurezza Federale dell’Oblast di Kaliningrad a ottobre e novembre 2019”.

Secondo Bontsler, i soldati sono stati entrambi “aizzatori al servizio dei Servizi di Sicurezza Federali”. 

I video per cui Khalimov è stato condannato sono ancora accessibili sulla sua pagina VKontakte. 

Memoria nascosta

Il caso di Khalimov non è il primo in cui le autorità russe hanno condannato i propri cittadini a seguito di dichiarazioni sulla storia delle relazioni Russia-Cecenia. 

Nel maggio 2017, Ibrahim Yangulbayev è stato posto in arresto nella capitale cecena Grozny e successivamente accusato di “incitazione alla violenza nei confronti di un gruppo sociale: personale militare russo”. 

Secondo gli investigatori, Yangulbayev aveva commesso un crimine postando foto di civili uccisi in Cecenia su VKontakte. Yangulbayev sostiene di essere stato picchiato e torturato durante la sua carcerazione ancor prima che venissero mosse accuse nei suoi confronti. 

Yangulbayev è stato rilasciato a gennaio 2019 dopo aver passato un anno e mezzo in detenzione preventiva. Il suo caso si è chiuso per via della parziale depenalizzazione dell’articolo di legge secondo il quale era imputato. 

Nel 2014, Ruslan Kutayev, un prominente attivista e a capo dell’Assemblea del Popolo del Caucaso, è stato condannato da una corte in Cecenia a quattro anni di carcere per possesso di droga. 

Il giorno prima del suo arresto, Kutayev aveva tenuto una conferenza dedicata al 70esimo anniversario della deportazione dei popoli ceceni e inguscio in Asia Centrale da parte delle autorità sovietiche. 

Nel 2004, il Parlamento europeo ha riconosciuto la deportazione come un atto di genocidio. Dal 2012, le autorità cecene non hanno ancora tenuto alcun evento commemorativo dedicato alle deportazioni le quali erano invece precedentemente ricordate annualmente. 

Il gruppo per i diritti umani russo Memorial riconosce Kutayev come prigioniero politico poiché “il processo penale contro di lui contiene numerosi indizi di falsificazione e sembra essere totalmente costruito".

Kutayev ha dichiarato ad OC Media che è convinto che le autorità stiano perseguendo chi è impegnato nella divulgazione di fatti storici riguardanti crimini che hanno visto il coinvolgimento delle autorità russe. 

Ha aggiunto che le autorità vogliono nascondere i propri crimini per far sì che essi vengano dimenticati. Kutayed ha aggiunto che questo sta accadendo ora perché “i russi stessi stanno cominciando a capire che non sono stati i ceceni a far esplodere le case, ma l’FSB. Questo punto di svolta nella vita della società moderna russa preoccupa le autorità, perché si sono sempre opposte a ceceni e musulmani e hanno terrorizzato per anni i russi con l’idea del terrorismo islamico e ceceno. Questa strategia è stata efficace per molti anni, ma oggi i russi stanno cominciando a rendersi conto che non sono i musulmani i loro nemici, ma Putin e le autorità corrotte".


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