Sui visti Bruxelles sbaglia

9 dicembre 2013

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Il 5 dicembre scorso i ministri degli Interni dell'UE hanno adottato la tanto temuta “clausola di sospensione” per quanto riguarda il regime di visti liberalizzati nei confronti di paesi terzi. Quest'ultima potrà essere applicata già tra poche settimane.

La clausola prevede che l'UE possa sospendere i visti liberalizzati attraverso una procedura semplificata e rapida nel caso in cui si verificasse un aumento improvviso e non fondato di richieste d'asilo.

I cittadini e rappresentanti dei Balcani occidentali sono preoccupati che la clausola possa essere utilizzata proprio nei loro confronti.

Secondo Alexandra Stiglmayer, ricercatrice dell'ESI che dal 2008 si occupa di liberalizzazione dei visti, applicarla sarebbe un errore madornale da parte delle istituzioni europee

Il fenomeno di persone originarie dei Balcani occidentali che si trasferiscono nell'UE e richiedono l'asilo esiste e non è affatto marginale. Ma, secondo la Stiglmayer, è in particolare dovuto alle lunghe procedure di valutazione della domanda d'asilo di cui in molti approfitterebbero per godere delle garanzie concesse e per lavorare alcuni mesi nel mercato nero. Quando infine la domanda viene rigettata (nel 2012 solo il 2,2% delle richieste hanno avuto esito positivo) rientrano in patria.

Per questo secondo l'analista dell'ESI la soluzione sarebbe nel velocizzare l'analisi delle domande d'asilo. “Il nuovo governo in Germania, paese che ha ricevuto la maggior parte delle richieste d'asilo di cittadini provenienti dai Balcani occidentali negli ultimi anni, ha già annunciato che dichiarerà molti di questi paesi come “paesi d'origine sicuri” in questo modo velocizzando le procedure. Altri stati membri UE dovrebbero seguire quest'esempio”, scrive la Stiglmayer in un'analisi pubblicata da Balkan Insight.

Occorre secondo la ricercatrice dell'ESI smettere di addossare la responsabilità della risoluzione del problema sui paesi dei Balcani occidentali, minacciandoli con la reintroduzione dei visti. Perché i governi dell'area semplicemente non possono riuscirci, se non violando i diritti umani dei propri cittadini.

Nei suoi rapporti di monitoraggio sulla liberalizzazione dei visti (ne sono stati pubblicati 4 dal 2011) la Commissione europea ha suggerito ai governi dei Balcani l'adozione di varie misure. Per la Stiglmayer molte di queste sarebbero del tutto inutili per risolvere il problema.

La più dibattuta è stata quella sui “controlli delle uscite”. Adeguandosi i governi dei Balcani hanno negato libertà di movimento a migliaia di potenziali richiedenti asilo. Ma questo, secondo il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa Nils Muižnieks, viola il diritto di un cittadino di un paese di cercare asilo in un altro paese. “La situazione è preoccupante” ha scritto in un suo rapporto del 6 novembre 2013 “in particolare perché queste misure migratorie restrittive sono state adottate su invito di stati membri dell'UE e i controlli di confine sono stati discriminatori avendo colpito, in pratica, la comunità rom”.

Accorciare l'espletamento della pratiche di richiesta d'asilo, pur garantendo il diritto di ciascun richiedente di spiegare perché ritiene di aver diritto a quest'ultimo, sarebbe per Alexandra Stiglmayer l'unica strada percorribile.

Una modalità gusta ed efficace e per rifocalizzare l'attenzione sui successi ottenuti con l'eliminazione dei visti: più contatti e viaggi tra Balcani occidentali e Unione europea, affinché i cittadini dei Balcani si sentano ancor più cittadini europei.

Link: Balkan Insight


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