Questo è il primo di due estratti del nuovo romanzo di Ian Bancroft, che racconta di vite segnate da guerre passate e presenti e i cui personaggi principali (L., U., K. e A.) si confrontano con i dilemmi della verità e della giustizia, la lotta per la riconciliazione e il perdono
Afferrandola con la mano destra, A. teneva la lettera del Pubblico ministero verso la luce. La carta appariva scurita, come se fosse stata inviata da un'altra epoca; da un cronista del passato dedito a raccontare i dettagli del proprio presente, pur confinati negli annali della storia, dove l'inchiostro sbiadisce e le tarme ne divorano i bordi, ad essere maneggiati male o messi fuori posto. Solo un appassionato archivista, alla ricerca di un granello di polvere d'oro della storia, con indosso quei guanti bianchi che si usano per maneggiare gioielli di immenso valore, l'occhio dentro una lente d'ingrandimento, recupererà quelle parole e darà loro un nuovo significato.Un prisma attraverso il quale traspare la luce del passato che si distorce nel presente.
Non è un caso che biblioteche e musei siano tra i primi luoghi a morire quando scoppia la guerra. Preziosi manoscritti e lapidi, meticolosamente incisi, abbozzati o cuciti, con rame e oro, fili di cotone e seta, su pergamena o pelle di vitello sbiancata, perduti all'umanità in un attimo e per sempre. Non solo fili di carta, ma i fili stessi della coesistenza nella cui presa erano tutti intrecciati. Solo pochi, preziosi libri verranno salvati da mani bruciacchiate che si agitano in mezzo ad una grandinata di proiettili, sparati da individui incrollabili nella propria determinazione a distruggere. Una giovane bibliotecaria perirà nel tentativo di salvare quei volumi non toccati dalle fiamme, assassinata da un cecchino con la precisione del sistema decimale da lei custodito. Mentre il suo corpo cade privo di vita, stringe un libro al petto. Non importa il titolo, ai suoi occhi sono tutti ugualmente degni di essere recuperati. Un violoncellista rimpiangerà la sua morte e quella di altri tra le rovine.
Qui la storia ritrova i calligrafi, i miniatori, gli archivisti, coloro che un tempo fuggirono dall'Inquisizione e sfuggirono al fascismo, che rischiarono la vita per garantire che opere così inestimabili sopravvivessero almeno per un'altra generazione. Per ognuno di loro, le minacce erano sempre autentiche, sempre serie, anche in luoghi ritenuti meno inclini alla catastrofe. Se si fossero versate lacrime per tutte quelle perdite inestimabili, per il patrimonio racchiuso in una grande teca o in mille caraffe d’argento, allora quegli stessi incendi sarebbero stati domati immediatamente. Milioni di frammenti, ognuno unico come i fiocchi di neve, si sarebbero impigliati nei soffi di vento per irritare gli occhi e la gola di coloro che erano in agguato sulla collina. Eppure non ci sono state lacrime, né rimorso.
Non erano solo mattoni e malta, ma luoghi in cui le persone si identificavano, nella cui luce e ombra venivano nutrite e ispirate. Certo, erano dati per scontati: in decadimento dalle fondamenta alle scricchiolanti strutture in legno; gigantesche sculture fatiscenti; ardesie cadute e supporti di ferro arrugginiti; mosaici di vetro colorato infranti. L'immaginazione ha riportato questi stessi edifici al loro antico splendore. Molti edifici storici vengono infine riportati al loro stato originale, cancellando le cicatrici della guerra. Queste repliche perfette si ergono maestose e permettono agli autori e ai loro figli di dimenticare i crimini sfrenati commessi in loro nome. Cancellando le macchie, questi ricordi di violenza e spargimento di sangue vengono diluiti, addirittura rimossi, e confinati nei ricordi di coloro per i quali il loro dramma è un incubo ricorrente.
La lettera del Pubblico ministero arrivò all'improvviso, consegnata a mano. A. la nascose frettolosamente nella borsetta con la fretta di chi rischia l'inquisizione. La sera trovò sufficiente privacy per leggerla. Poco significavano gli avvertimenti del Pubblico ministero sul suo contenuto; la sua vita era già stata influenzata da troppe cose al di fuori del suo controllo. Solo al nome di suo padre fece una pausa. Non che lo avesse dimenticato; anzi, era sicura che fosse morto. Non c'erano indizi sui suoi ultimi momenti o su dove potesse giacere il corpo: nessun testimone, voce o diceria. Era svanito nel nulla. Nonostante le testimonianze sul passato fossero sempre più numerose, il suo nome non era mai venuto alla luce. Nessuno osava fare congetture su cosa potesse essergli accaduto.
Se A. confinasse la lettera del Pubblico ministero alla storia, la facesse in mille pezzi sparsi nel camino, perché si innalzasse solo verso il cielo e l'eternità, allora non ci sarebbe altro da perseguire; né la causa della giustizia né la ricerca della verità sul destino di suo padre. Le affermazioni su un crimine commesso rimarrebbero confinate nel regno delle dicerie, delle voci che tendono solo a inglobarsi a vicenda, cavalcate da bugie e distorsioni, affermazioni e controdeduzioni, relativizzazioni e smentite totali. Continuare la lotta richiedeva energia e perseveranza che non era sicura di possedere. Anche quando nient’altro cambiava, il tempo passava.
Quella sera, le storie del suo bisnonno si annidavano nella sua mente mentre giaceva sveglia a contemplare la lettera e il suo contenuto, le storie di quell'unico vero amore la cui immagine lo aveva tormentato fino al giorno della sua morte. Perseguitato per tutta la vita dalla possibilità, per quanto remota, che fosse sopravvissuta, che le acque l'avessero portata a riva e che i ricordi perduti nel vortice potessero gradualmente riemergere. I ricordi quotidiani del loro amore, l’aria in riva al fiume che avevano respirato all’unisono, i parchi in cui avevano dato da mangiare alle anatre, le vette conquistate insieme, che avrebbero risvegliato in lei il desiderio di ritrovarsi, o almeno di esplorare un passato che una volta era stato il suo futuro.
A. non si illudeva che suo padre fosse ancora vivo, non indulgeva in sogni ad occhi aperti o speranze di avvistamento. Eppure voleva la conferma che fosse davvero morto. Era una contraddizione che non riusciva a conciliare.
*Ian Bancroft è uno scrittore residente nell'ex-Jugoslavia.
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