22 novembre 2020, una donna assiste a Yerevan al funerale di un soldato caduto nel conflitto in Nagorno Karabakh - © Gevorg Ghazaryan/Shutterstock

22 novembre 2020, una donna assiste a Yerevan al funerale di un soldato caduto nel conflitto in Nagorno Karabakh - © Gevorg Ghazaryan/Shutterstock

In Armenia le madri che hanno perso un figlio nella recente guerra in Nagorno Karabakh potranno accedere ad un programma speciale di fecondazione assistita

05/05/2021 -  Armine Avetisyan

“Avevo un figlio. Era lo scopo principale della mia vita, il mio sole, la mia felicità. Eravamo davvero giovani quando ci siamo sposati e siamo diventati genitori. Poi per svariate ragioni non abbiamo avuto un secondo figlio. La guerra si è presa il mio unico figlio”. Parlando a fatica Anna (il nome è stato cambiato su richiesta della donna), 46 anni, ci racconta di suo figlio morto 6 mesi fa.

Trattiene le lacrime, prova a regolare il respiro e continua a raccontare: “Provo un senso infinito di vuoto, nessuno può prendere il suo posto, ma dobbiamo provare a vivere, anche se non so come”.

Il figlio di Anna è morto nel settembre 2020, durante la guerra nell’Artsakh. L’Artsakh, meglio conosciuto come Nagorno Karabakh, è uno stato non riconosciuto nel Caucaso meridionale. Dal 27 settembre al 10 novembre dello scorso anno si sono verificati scontri militari fra le forze del Nagorno Karabakh e dell'Armenia contro l'esercito dell’Azerbaijan, con il risultato che migliaia di persone sono rimaste uccise su entrambi i fronti.

Da sei mesi Anna sta lottando con il suo “Io”, anche pensando al suicidio. “Mio figlio aveva solo 18 anni. Sognava di diventare un architetto. Costruiva città nella sua mente, stava facendo progetti per edifici, e per prima cosa avrebbe costruito la nostra casa. Io avevo un figlio davvero intelligente: non lo dico da madre, ma lo dico oggettivamente. Durante lunghe conversazioni immaginarie avute con mio figlio dopo la sua morte, facendo pensieri riguardo al futuro del mio paese, ho realizzato, in una di queste 'difficili discussioni' che mio figlio non vorrebbe che io morissi. Invece di morire, devo farmi forza; devo avere nuovi figli per avverare i sogni di mio figlio con gli altri miei ragazzi. È vero, nessuno può sostituire mio figlio, ma lui sarebbe assolutamente d’accordo se avessi un altro figlio”.

Anna si sottoporrà presto ai necessari controlli medici. Si sta pian piano preparando ad essere nuovamente madre. Beneficerà della nuova decisione presa dal governo dell’Armenia, secondo cui i genitori i cui figli sono morti in guerra hanno l’opportunità di accedere alla FIV (fecondazione in vitro) all’interno del quadro normativo dello stato.

Precedentemente era già consentito accedere alla FIV rispettando le normative, ma l’accesso era permesso solo alle donne con età inferiore ai 42 anni. Ora il problema è che la maggior parte delle donne che hanno perso i loro figli nella guerra hanno un’età maggiore rispetto a quella prestabilita come limite. Perciò, è stato deciso di alzare l’età massima per partecipare a questo programma ai 53 anni. Il ministro della Salute della Repubblica d’Armenia Anahit Avanesyan ha sottolineato che è stata creata una nuova categoria di beneficiari proprio tenendo in considerazione il desiderio dei genitori, i cui figli sono morti, di avere nuovamente un figlio a guerra finita, e prestando attenzione all’importanza di garantire un contributo statale al riguardo. Precedentemente potevano accedere al programma i residenti nelle zone di confine, i militari, le persone con disabilità, oltre ai cittadini inclusi nel sistema di benefit per le famiglie.

“I requisiti tradizionali per la presentazione della domanda erano di non avere figli, di essere iscritti in conformità con la legge presso gli enti di registrazione degli attivi civili, e per la donna di non aver compiuto 42 anni; tutto ciò non viene applicato ai genitori il cui figlio è morto per aver preso parte agli scontri durante e dopo la fine della guerra. Questo programma garantirà l’opportunità ai genitori che hanno perso i loro figli di ritrovare nuovamente se stessi attraverso queste tecnologie di riproduzione assistita”, ha sottolineato Avanesyan, durante la discussione riguardo al citato programma in una seduta governativa.

Nel 2020 sono stati impiantati 49 embrioni nel quadro del programma, mentre dopo il primo trimestre del 2021 sono già stati 44. Per incentivare il programma sono stati stanziati 917 milioni di Dram (all’incirca 1 milione e 457mila euro), cifra più che triplicata rispetto allo scorso anno.

Secondo Eduard Hambardzumyan, presidente della società armena per la medicina riproduttiva, i dottori avevano iniziato a pensare di dar vita a questa opportunità per i genitori a cui sono morti i figli, dopo la fine della guerra. “Quando i genitori che hanno perso i loro figli hanno iniziato a far domanda da noi, abbiamo capito che avremmo dovuto attivarci. Loro desiderano essere genitori nuovamente. Ed è un atto eroico. Queste persone dovrebbero essere un esempio per tutti noi, dovremmo guardare avanti, procreare, rafforzare lo stato”.

“Poche persone nel nostro vicinato sanno che io e mio marito abbiamo questa intenzione. Qualche volta me la prendo con la mia età; da una parte credo che essere madre adesso non sia giusto, ma dall’altra sono convinta di questa scelta. Inoltre devo essere un esempio per gli altri. Ora prego Dio di darmi la buona salute per essere madre e avere una normale gravidanza”, sostiene Anna, aggiungendo che, se potrà, avrà poi un altro figlio.


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