Summit albanesi nel mondo

A novembre il governo albanese ha promosso a Tirana una tre giorni di incontri con i suoi cittadini che vivono all'estero. Un resoconto

05/12/2016 -  Keti Biçoku*

Oltre mille persone da quaranta paesi del mondo hanno risposto all’invito del governo albanese per partecipare al primo Summit della Diaspora tenuto a Tirana dal 18 al 20 novembre. La stragrande maggioranza si è pagato personalmente il viaggio e il soggiorno, per sentire cosa aveva “da dire” loro la patria che, per la prima volta in questi 25 anni dal primo grande esodo, si è preoccupata di dialogare con un terzo dei suoi cittadini (se non di più) che oggi vivono all’estero.

In ritardo sì, ma il governo ha voluto fare le cose in grande. Non un semplice raduno ma un Summit di tre giorni, aperto a tutti gli albanesi all’estero, quelli emigrati dall’Albania, ma anche a quelli del Kosovo, Macedonia, Montenegro e della valle di Preševo in Serbia.

La tre giorni

Venerdì 18 novembre, il grande ricevimento al Palazzo delle Brigate, dove il primo ministro Edi Rama, il ministro degli Esteri Ditmir Bushati, il presidente del Kosovo Hashim Thaçi hanno dato il benvenuto ai rappresentanti degli albanesi nel mondo.

Sabato è stato il giorno dei vari convegni, – tenuti anche contemporaneamente – per parlare dell’apporto della diaspora nella cultura, turismo, economia, l’importanza della conservazione della lingua, i rapporti con le rappresentanze diplomatiche, di storie di successo ecc.

Per arrivare nel pomeriggio al momento clou: nella hall del Palazzo dei Congressi, il primo ministro Rama, senza un moderatore e davanti a centinaia di persone, ha risposto alle loro domande. Da quelle classiche e certo non nuove, su diritto di voto da dove si vive, più sostegno all’insegnamento della lingua e cultura albanese e accordi bilaterali con vari paesi, specialmente l’Italia e la Grecia, su tutela sociale e pensioni, ad altre più specifiche o recenti, ma sempre molto sentite, come sui non idilliaci rapporti con la Grecia oppure quelli un po’ tesi con la Serbia, sul perché si dà dello stolto a chi vuol tornare in patria e perché in tanti che lì vivono la vogliono lasciare, sui rapporti con i consolati e tante domande ancora.

Il sabato si è chiuso con un concerto lirico, mentre domenica è stata la giornata del turismo culturale: ci si potevano visitare alcuni siti o musei della capitale oppure di Durazzo, Kruja, Berat, Scutari.

Infine, la serata conclusiva di gala durante la quale il governo ha voluto premiare quindici personalità, organizzazioni e iniziative della diaspora con l’”Aquila d’oro”, un riconoscimento assegnato dal governo. Durante la serata, impreziosita da alcuni momenti artistici, molto apprezzati dal pubblico, hanno salutato il presidente del Parlamento Ilir Meta, il vice presidente del Parlamento, Shpetim Idrizi, e alla fine ha preso la parola Edi Rama per le prime conclusioni e per ringraziare tutti, presenti e non, per l’interesse mostrato all’iniziativa del governo.

Andare oltre le parole

Che cosa rimarrà di tutto questo? Una grande delusione, se le belle parole dette non saranno seguite da azioni concrete. I cittadini albanesi nel mondo hanno dimostrato grande interesse per l’iniziativa, tanto da superare, con la loro numerosa presenza, anche le più rosee attese degli organizzatori. Dal governo ci si aspetta altrettanto interesse per le cause di chi vive all’estero. Se questo accadesse, il Summit sarebbe un buon inizio, nonostante tutti i problemi che gli si possono attribuire oppure le assenze eccellenti, quella del Capo dello Stato, per esempio.

Tra le cose fatte ed elencate durante il Summit, si può senz’altro nominare l’aumento dei servizi consolari e il loro miglioramento. Oltre ai certificati anagrafici che da un anno si possono ritirare presso i consolati, il primo ministro ha annunciato l’attivazione graduale del cosiddetto “Consolato digitale” grazie al quale la maggior parte dei servizi consolari si potranno chiedere online per averli poi per posta direttamente a domicilio.

Tra le promesse, quella di registrare al più presto tutti gli albanesi all’estero, realizzando un’anagrafe degli albanesi all’estero. “Non farò sonni tranquilli finché non avremo registrato anche l’ultimo albanese nel mondo”, parole del primo ministro. Questa promessa, però, porta dentro l’ammissione di non tener fede a una precedente promessa elettorale fatta tre anni fa: diversamente da quanto si era detto allora infatti, anche nelle prossime elezioni albanesi la diaspora non potrà votare da dove vive, ma soltanto tornando nei comuni dove risiedeva prima di lasciare l’Albania. Quanti lo fanno? Fino ad ora pochi, qualcuno dall’Italia, Grecia e qualche altro paese europeo. E soltanto perché qualche partito, in cambio del voto, ha messo loro a disposizione biglietti aerei o degli autobus.

In generale, il governo promette di dare continuità al dialogo, confronto e cooperazione tra stato e diaspora. Analizzando quanto si è detto nei vari convegni di sabato scorso, il governo si è impegnato ad evidenziare punti validi e condivisi di partenza sui quali lavorare insieme per arrivare a un nuovo Summit (auspicando che ve ne sia uno periodicamente) nel quale potrebbe essere già tempo di fare dei primi bilanci. Fino ad ora, gli incontri precedenti con la diaspora, tenuti principalmente a ridosso di elezioni politiche, sono stati ripetitivi sia nelle questioni calde messe in luce dagli emigrati, sia nei discorsi pieni di luoghi comuni e nelle promesse mai mantenute dei politici. Che il Summit sia la volta buona! Se lo augurano in tanti che, pur vivendo lontani, sono legati all’Albania da mille fili invisibili che partono dal cuore e dalla pancia più che dalla loro mente.

 

*Keti Biçoku, giormalista, è la responsabile del portale Shqiptariiitalise.com


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