Vladimir Putin e il Prsidente serbo Boris Tadić

Dalla stampa russa un sintetico quadro sull'esito delle elezioni serbe. Mosca si chiede se il Paese abbia votato "con la testa o col cuore"

14/02/2008 -  Anonymous User

Di Giorgio Orani. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

L'esiguo margine con cui l'occidentalista Tadic ha battuto il radicale filorusso Nikolic (definizioni di Lenta.ru, 21.01) nel ballottaggio di domenica scorsa nelle elezioni presidenziali serbe ha richiamato l'attenzione dei media russi sulla questione dell'appoggio esterno ai candidati, del "chi è

chi" nel sostenere Tadic piuttosto che Nikolic, per dare una direzione piuttosto che un'altra alla attesa svolta serba.

Gennadiy Sysoev dalle colonne del Kommersant del 30 gennaio rileva che "mentre gli emissari europei erano pronti a confezionare un accordo pre-ammissione a Tadic in caso di vittoria, tutti si sarebbero aspettati che la Russia, alleato storico della Serbia, sostenesse apertamente Nikolic, fautore della fratellanza di sangue con Mosca". Nelle pagine web di Lenta.ru si leggeva come la stampa russa, interpretando un sentimento comune tra gli osservatori internazionali, si chiedesse se il paese avrebbe votato "con la testa o col cuore" sottintendendo che da una parte -con Tadic- stavano gli interessi economici e politici, dall'altra -con Nikolic- l'anima più pura ed irrazionale della nazione.

Nelle ultime settimane di rincorsa alla presidenza Mosca ha fatto una mossa a sorpresa e ha scelto di appoggiare il filo-europeo Tadic, l'uomo che, secondo quanto riportato da Lenta.ru (21.01), "non menziona nemmeno i rapporti russo-serbi nella propria propaganda elettorale", e lo ha fatto in gran stile: poco prima delle elezioni serbe lo stesso Putin lo ha accolto, nella sua veste di presidente uscente, al Cremino. Non solo, in quell'occasione Gazprom ha sottoscritto con lui l'accordo per la costruzione di un nuovo gasdotto attraverso i Balcani e allo stesso tempo per l'acquisizione della compagnia estrattrice locale NIS.

Maksim Yusin, su Izvestiya del 05.02 spiega come, "al successo del suo avversario, Nikolic non abbia avuto nemmeno la chance di rispondere. Ricevuto 'solo' dal Primo ministro Medvedev in un incontro avvenuto tra mille polemiche, problemi organizzativi e tensioni diplomatiche. La verità - scrive Yusin- è che Putin non ha voluto neanche vedere questo signor Nikolic. Vuol dire che non è un buon amico". Eppure egli aveva il programma elettorale disegnato intorno all'alleanza con la Russia: permesso di installazioni militari russe in Serbia, contrarietà all'entrata nella NATO, apertamente minaccioso verso chi riconosca il Kosovo. Ma Putin, apparentemente, sembra essersi divertito a mescolare le carte di questa campagna elettorale.

Come spiegare questa svolta di Mosca, questo voltafaccia al panslavismo e ad un paese che la Russia considera fratello ed alleato e che essa continua comunque a sostenere, ad esempio, nella sua battaglia per il Kosovo? E' vero, insomma, come insinua Natalia Serva sull'Utro del 05.02, che "in Serbia si ammainano le bandiere, ci si accomiata dal passato nazionale"?

Tadic assicura nell'intervista rilasciata a Izvestiya del 1.10 che " Mosca non richiama la fratellanza slava e, anzi, come gli europei preferisce la 'debalcanizzazione' dei Balcani quindi un raffreddamento dei toni e delle esasperazioni nazionalistiche".

Sempre Maksim Yusin da Izvestiya precisa che "la Russia desidera sì che il paese abbia un presidente a lei vicino, ma egli non deve essere inviso all'Europa, e soprattutto non deve essere pericoloso per la stabilità politica ed economica della regione dove essa si appresta ad entrare tramite Gazprom. L'alleanza storica russo-serba non ha sempre avuto vita facile, la Serbia non è un alleato immune all'infedeltà: i russi sono ancora in buona parte stizziti, non dimenticano i fastidi che proprio i fratelli jugoslavi provocarono -ingrati- al potere sovietico, Milosevic viene accusato di aver 'usato i fratelli russi durante il periodo del suo potere' e lo fanno pesare tutt'ora, anche nel momento in cui difendono Belgrado nella vicenda Kosovo".
Dall'altra parte, per le strade di Belgrado Maksim Yusin ha raccolto voci come questa: "nessuno dei nostri politici potrebbe essere anti-russo, la vera differenza tra i due candidati presidenti è che Nikolic è un ciarlone, e Tadic un realista. Questi vuole entrare nell'Unione Europea? E quale altra strada ci sarebbe? Tra 10 anni tutti i paesi balcanici saranno in Europa, anche l'Albania...Ma anche quando succedesse questo, non significa che i serbi sono contro la Russia".

Insomma, la stampa russa non vuole vedere in tutto questo un degradarsi dei rapporti serbo-russi (temuti dal deputato Konstantin Zatulin in un intervista all'Izvestiya del 05.02), uno scadere del legame che unisce da sempre le due nazioni, anzi, ne ricava una rivalutazione pragmatica dello stesso, ed è proprio il neo-presidente ad affermarlo nella sua intervista pre-elettorale all' Izvestiya del 01.10: "avere a breve la Serbia nell'Europa che conta significherebbe per Mosca avere un amico ed una spalla nel "club" di Bruxelles, e creare così un gruppo di pressione sull'Unione europea insieme alle ortodosse Grecia e Cipro", fatto importantissimo per la soluzione di diverse questioni tuttora aperte in Europa che restano rilevanti per Mosca.
Questa pragmaticità pare essere per una volta negli interessi di tutti, in fondo nessuno ha voluto che i serbi votassero col cuore.


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