Nicole Corritore 29 gennaio 2020
Mostar, don't forget, foto © Giacomo Scattolini.jpg

Il 28 gennaio di 26 anni fa tre giornalisti della Rai di Trieste, Marco Luchetta, Dario D'Angelo e Alessandro Ota vennero uccisi in Bosnia da una granata. Erano a Mostar est per realizzare uno speciale sui bambini vittime della guerra in ex-Jugoslavia. Un ricordo

"Il 28 gennaio 1994 è una data che non dimenticherò mai. Alle otto di sera gironzolavo per casa. Una mia amica, Sara Sita, mi era venuta a trovare. Sarei dovuto partire un paio di giorni dopo per Mostar, con Gilberto Principi del Consorzio Italiano di Solidarietà, che oggi da lassù ci guarda sornione [deceduto a soli 52 anni, il 3 maggio del 2018, ndr].

Avevamo organizzato un carico di aiuti per quella città bosniaca. Gilberto, oltre ad aver ottenuto i permessi per l'ingresso in Bosnia degli aiuti e il trasporto fino a Mostar, aveva anche ottenuto i permessi per entrare di persona nella parte est della città sotto assedio. Per me sarebbe stato il mio primo viaggio in quella cittá, che avrebbe segnato la mia vita.

Ritornando a dove ero...ero lungo il corridoio di casa, avevo appena riattaccato il telefono. Gilberto mi aveva confermato il viaggio. Mia madre mi ha telefonato, era pietrificata davanti alla TV: tre giornalisti italiani erano stati uccisi da una granata a Mostar. Il viaggio fu annullato.

Anni dopo siamo riusciti a comporre meglio il puzzle di ció che successe in quel cortile il 28 gennaio 1994. Non abbiamo mai trovato il "tassello" finale, ma la sensazione era che nella zona Ovest di Mostar il nome di chi tirò la granata che li uccise non fosse, poi, così tanto sconosciuto. Sono stato a Mostar tante volte, dopo di allora. E ogni volta torno sempre in quel cortile...". E' Giacomo Scattolini a ricordare quel 28 gennaio di ventisei anni fa.

Mostar, commemorazione - foto Ambasciata d'Italia a Sarajevo

I tre giornalisti Rai erano arrivati a Mostar est - parte della città controllata dall'Armija e sotto assedio da più di un anno per mano dell'HVO, esercito croato-bosniaco - sui mezzi del convoglio della Croce Rossa internazionale partito la mattina dalla vicina Medjugorije (sotto controllo dell'HVO), scortati dal contingente spagnolo dei Caschi blu.

Vicino a un piccolo edificio adibito a ospedale, Marco Luchetta, 42 anni, giornalista, Dario D'Angelo, 47 anni, operatore e Alessandro Ota, 37 anni, tecnico, sono entrati nel cortile di un complesso quadrilatero residenziale dove si affaccia l'ingresso di un rifugio in cui da mesi si nascondevano decine di persone tra cui molti bambini. All'ingresso del rifugio, mentre intervistavano un bimbo (Zlatko Omanović) cade a poca distanza una granata, che li colpisce. I loro corpi hanno fatto da scudo a Zlatko, che si è salvato.

Giacomo era allora uno delle centinaia di italiani che si erano attivati in azioni a sostegno delle popolazioni colpite dai conflitti di dissoluzione della Federazione jugoslava, nell'ambito dell'ICS, un consorzio nato in Italia nel 1993, di coordinamento nazionale di tanti gruppi e associazioni. Oltre a collaborare come "volontario semplice", ha collaborato con molte ong italiane realizzando mostre e corsi in qualità di fotografo.

Vale ricordare il libro di testi e fotografie realizzato da Scattolini nel 2011 assieme a Tullio Bugari, "Jugoschegge" edito da Infinito Edizioni. Accanto alle interviste a protagonisti del "prima" e del "dopo"-guerra in ex Jugoslavia, dal fotoreporter Mario Boccia al giornalista e scrittore Paolo Rumiz fino a Silvia Maraone, cooperante della Ong IPSIA, ha accostato una raccolta di scatti di alcuni luoghi distrutti dalla guerra rifotografati due decenni dopo. Per raccontare gli estremi urbani della devastazione provocata dalla guerra - come è accaduto a Mostar est, assediata per anni e distrutta per l'80% per ordine di leader politici e militari croato-bosniaci condannati per crimini di guerra nel 2017 - e la successiva ricostruzione.

Ieri, come ogni anno, l'Ambasciata d'Italia a Sarajevo ha commemorato i tre giornalisti sul luogo della loro uccisione. "L’accertamento delle responsabilità è un dovere per la giustizia, ma tutti dobbiamo ricordare gli innocenti che hanno perso la vita in guerra, per costruire un futuro basato su responsabilità e spirito di riconciliazione", ha sottolineato l'ambasciatore italiano Nicola Minasi, durante la cerimonia, in conclusione della quale è stata posata una corona di fiori sotto la targa posta sul luogo dell’attacco, alla presenza di una delegazione del comune di Mostar.

Video

Vai allo speciale "Bosnia, Rai in lutto" mandato in onda il 28 gennaio 1994 su Rai TV.

Nel dicembre del 1994, Paolo Vittone - responsabile Ufficio internazionale Cisl e dei progetti di solidarietà alle popolazioni dell'ex-Jugoslavia (poi divenuto giornalista di Radio Popolare Network ), ha realizzato a Mostar un video (12') in cui ha incluso le immagini del cortile in cui morirono i tre inviati.

Sul movimento di solidarietà che si mose dall'Italia in aiuto alle popolazioni della ex Jugoslavia, si veda il Dossier realizzato da OBCT "Cercavamo la pace"