Anna Del Freo* 15 aprile 2022
Muratov attaccato - Novaya Gazeta.png

Giornalisti aggrediti e censura anche su internet: in Russia le voci dissenzienti hanno vita sempre più difficile. È di pochi giorni fa la notizia dell’aggressione al premio Nobel, direttore di Novaya Gazeta, Dmitry Muratov

Articolo orginariamente pubblicato l'11 aprile 2022 su Articolo 21

Peggiora di giorno in giorno la situazione dei giornalisti  e attivisti russi indipendenti, che sono tanti e in qualche modo possono considerarsi anche loro vittime della guerra russo Ucraina.

È del 7 aprile la notizia dell’aggressione al premio Nobel, direttore di Novaya Gazeta, Dmitry Muratov. Muratov si trovava in treno tra Mosca e Samara mentre due sconosciuti gli hanno gettato negli occhi pittura rossa mista ad acetone. Il giornalista è ora in ospedale. La rivendicazione dell’atto criminale è stata fatta da un gruppo denominato “Soyuz Z paracadutisti“ ed è stata pubblicata per poco tempo sul canale Telegram e poi subito cancellata.

Secondo i redattori di Novaya Gazeta, i paracadutisti dell’Unione Z sono un gruppo nato nel nome di un veterano delle forze aviotrasportate e delle forze speciali russe, Yakolevich Popovskikh, che tra il 1998 e il 2006 era stato processato per il caso dell’omicidio del giornalista Dmitry Kholodov e poi assolto.

Questa aggressione, che la Federazione europea dei giornalisti (Efj) ha condannato senza riserve, è sintomatica del clima in cui devono vivere in Russia oggi i giornalisti indipendenti. I media che criticano il regime non esistono più e anche lo storico Novaya Gazeta è stato sospeso.

I giornalisti russi indipendenti, con cui la Efj è in contatto, denunciano una situazione invivibile e paragonabile soltanto ai peggiori anni del regime sovietico. La censura che devono affrontare non è stata mai applicata in questo modo, nemmeno durante la guerra in Afghanistan, che pure fu presentata come una “missione internazionale“ di cui non si seppe il numero dei militari morti.

“Nel 1980 – racconta u* attivista e giornalista il cui nome non citiamo per motivi di sicurezza –  la censura dello Stato si era allentata e questo è durato per diversi decenni. Ma oggi tutta la vita civile, tutto quello che abbiamo conquistato in quasi 40 anni è stato cancellato in una settimana. I media russi sono stati chiusi o sospesi e quelle che il governo considera fake news comportano per chi le scrive e le pubblica fino a 15 anni di carcere”. Ma è già dal 2021 che la Duma aveva varato leggi che restringevano la libertà di espressione, per esempio non si potevano più diffondere informazioni sulle proprietà dei funzionari statali, sulle infrastrutture o gli spazi militari.

“Oggi la censura è ovunque – dice ancora l’attivista e collega – Internet è controllata, sono stati chiusi più di 1500 siti in un mese. Sono stati multati dozzine di utenti internet , persone qualunque che hanno postato qualcosa contro la guerra o perfino coloro che in un posto pubblico hanno citato  frasi di Tolstoj o altri scrittori classici contro la guerra. Il giornalismo d’inchiesta è completamente morto”. Oggi in Russia sono state bloccate le organizzazioni non governative. Molti giornalisti e bloggers sono schedati come agenti stranieri e numerosi sono dovuti fuggire dal Paese.

Ma quello che fa più male di tutto, forse, a questi colleghi, è l’atteggiamento generale di condanna che molta parte dell’opinione pubblica occidentale ha dei giornalisti russi, accomunandoli tutti o quasi alla propaganda filo putiniana o ritenendoli responsabili, quando va bene, di colpevole inerzia nei confronti del regime.

Le sanzioni contro gli esponenti governativi e gli oligarchi, secondo gli attivisti russi, hanno avuto poche o nessuna conseguenza su di loro, ma hanno comportato invece ritorsioni pesanti nei confronti dei media. E ci sono casi in cui alcuni giornalisti sono ingiustamente finiti nella lista dei sanzionati da parte della Ue. Tra loro Pavel Gusev, che, sostiene u* attivista, non è mai stato una voce della propaganda, si è espresso in favore della libertà di stampa per anni e  si è prodigato molto all’interno del Council of Human Rights delle Nazioni Unite .

 

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del Media Freedom Rapid Response (MFRR), cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.