Una delle questioni meno dibattute e raccontate in pubblico riguarda le violenze subite dalle donne kosovare, durante la guerra del 1999. Oltre 2000 vittime di cui nessuno parla, che non di rado vengono emarginate dalla stessa società in cui vivono, a causa del disonore subito. Nostra traduzione

03/02/2005 -  Anonymous User

Di Marek Antoni Novick*, "Danas", 21 gennaio 2005

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak

Dal 1999 in Kosovo ognuno ha la propria storia. A malapena qualche famiglia è riuscita ad evitare la tragedia, sia che si tratta di Albanesi, che di Serbi, di Rom e via dicendo. Se lo domandate a qualsiasi persona che incontrate, essa vi racconterà un'esperienza che vi farà drizzare i capelli.

Ma fino ad oggi, una storia che non è stata raccontata quasi da nessuno, almeno non in pubblico, è la storia sugli innumerevoli stupri e molestie sessuali sulle donne albanesi durante i conflitti di guerra nel 1999.

In Kosovo durante i conflitti è stato constatato che gli stupri e le molestie sessuali non sono stati casi isolati e singolari. Più esattamente, gli stupri erano diffusi e pensati. Servivano come arma per spezzare la comunità degli Albanesi kosovari, moralmente e psicologicamente.

Le testimonianze dei rapporti di Human Rights Watch, pubblicati nel 2000, descrivono le condizioni nelle quali si è verificato uno di tali incidenti, in cui compare una 22-enne trovatasi nella colonna dei profughi che andava in Albania: "Si sono avvicinati a mio zio e l'hanno messo in disparte. Gli hanno tolto l'oro che aveva addosso e gli hanno preso tutti i soldi. Sono arrivati a me. Ero vicino a mio fratello, e mia madre era dietro di me. Sono arrivati (i paramilitari) e mi hanno chiesto chi fosse lui, e io gli ho risposto che era mio fratello. Mi ha preso per mano e mi ha detto di entrare nella sua macchina. Ero sorpresa. Non volevo andare. Mi ha detto di non rifiutare, altrimenti ci sarebbero state delle vittime. Mi ha insultata e mi ha detto: 'Puttana, entra in macchina'. Non ho potuto salutare la mia famiglia. Quando sono entrata in macchina ho visto un'altra ragazza. Eravamo in due, e accanto a noi c'erano due uomini serbi in divisa militare". (Rapporto, Kosovo: Lo stupro come arma della pulizia etnica; Human Rights Watch, 2000).

Il destino capitato a queste donne, madri, sorelle, mogli non è stato un destino scelto da loro. L'orrore delle loro esperienze è qualcosa con cui dovranno fare i conti fino alla fine della loro vita. Persino di queste violenze impensabili sopportate dalle vittime non si è mai discusso pubblicamente, molti membri delle famiglie e determinate parti della comunità sapevano de facto l'oscura verità, ma hanno scelto di tacere.

Però, a differenza di altre vittime di questa guerra, non è stata prestata un'adeguata attenzione sugli orribili crimini commessi contro queste donne e ragazze. Piuttosto, la maggior parte di esse è stata allontanata e dimenticata dalle proprie famiglie e dalla società. Mille di queste vittime, e in molti casi anche i loro figli, sono stati lasciati come se non ci fossero (are perceived to be invisible).

Questo concetto degli stupri non era sconosciuto alla maggior parte della società albanese del Kosovo nel 1999, così come in molti hanno sentito parlare di tale prassi nei confronti delle donne musulmane durante la guerra in Bosnia. Anzi, le numerose testimonianze indicano che gli Albanesi kosovari si confrontavano con le formazioni militari e paramilitari serbe durante la guerra, molti hanno cercato di pagare i soldati per proteggere i loro cugini da un tale destino. Alla luce di tutto ciò, come è possibile che non sia stata richiesta, dopo quei brutali trattamenti, la stessa dose di preoccupazione e di protezione dimostrata verso i propri cugini.

Oggi, l'organizzazione non governativa di Pristina Jeta ne Kastriot assicura l'aiuto medico, psicologico e altro tipo di sostegno ai 2019 sopravvissuti. Insieme tutte queste vittime hanno 3007 bambini, però soltanto un bambino è frutto dello stupro. Certamente esistono numeri infiniti di superstiti non inclusi in questi dati statistici, e temono che, in caso venisse scoperta la loro orribile verità, anche essi smetterebbero di esistere per la società. Non è così grande questa sofferenza per il popolo del Kosovo per poterla ignorarla consapevolmente?

Queste donne sono le più vulnerabili in Kosovo - hanno pochi diritti e in realtà non hanno alcun aiuto legale. Per lo più si tratta di madri che si auto-sostengono - nella maggior parte dei casi i loro mariti le hanno abbandonate perché hanno scoperto che le loro mogli sono state violentate. Queste vittime sono oggetto di oscure condizioni di vita e non ricevono nessun aiuto concreto dal Governo del Kosovo.

Per esempio, molte di loro che si sono sposate prima della guerra, e che non hanno registrato l'unione matrimoniale probabilmente a causa della non collaborazione con l'ex regime che era al potere, più tardi hanno capito che le famiglie dei loro mariti, nel caso in cui la verità sullo stupro fosse venuta a galla, avrebbero usato come scusa, per poterle abbandonarle insieme coi propri figli, il fatto che il loro matrimonio non era stato registrato.

Una grande percentuale di loro vive in un esilio autoimposto e permanente a causa di una forte vergogna, a causa dell'angoscia mentale e del dolore, quali conseguenze del trauma che hanno attraversato.

Quelle di loro che raramente lasciano le loro case, a causa di una deformazione psicologica o delle cicatrici che portano, diranno che desiderano in modo disperato nascondersi, dimenticare o andare avanti. Come ci si può aspettare che queste donne sopravvivano?

Se la tortura sessuale che hanno vissuto queste donne è rimasta un segreto del Kosovo, non si può dire lo stesso del ruolo dell'alto numero di donne nella società kossovara - il ruolo della donna è ancora chiaramente definito come secondario rispetto all'uomo: la donna è orientata verso i bisogni della famiglia. Il suo specifico ruolo porta con sé anche una grande quantità di responsabilità, ma anche tanti handicap, quando le vengono strappate la comunità e la rete di sostegno. Il Kosovo non è una società in cui una donna indipendente può così facilmente badare a se stessa, come possono fare le donne negli altri paesi dell'Europa. Mentre gli avvenimenti nel 1999 spaventavano e cambiavano il paesaggio kossovaro, allo stesso tempo cambiavano le persone e le loro prospettive. Gli avvenimenti di allora richiedevano che la gente si adattasse alle nuove circostanze.

La cosa critica che va capita è che queste vittime degli stupri sono veramente vittime. La macchia sociale associata a questi osceni atteggiamenti di violenza, deve essere esaminata di nuovo, come è stato per gli handicap e le ferite dei veterani di guerra. Non è passato tanto tempo, prima del conflitto, da quando certi invalidi psicologici venivano derisi dalla società oppure erano considerati un segno di vergogna. Però, grazie al conflitto, tale opinione ha iniziato a cambiare, soprattutto a causa di un certo numero di veterani e invalidi di guerra che adesso chiedono assistenza necessaria e aiuto medico.

Ma, nel caso di queste donne abbandonate, la maggior parte dell'opinione pubblica e la dirigenza politica si comportano come se queste donne e i loro bambini non esistessero a causa della vergogna legata ai loro traumi personali. Questo è il motivo per cui la società kosovara, incluso il Governo del Kosovo, deve fare dei passi concreti per permettere a questo speciale gruppo di vittime un aiuto significativo. Se lo facessero, non le aiuterebbero soltanto a placare alcuni dei loro mali quotidiani, ma dimostrerebbero la solidarietà con le loro sofferenze - qualcosa di cui queste donne e i loro figli hanno disperatamente bisogno.

* L'autore è ombudsman del Kosovo. A questo editoriale ha contribuito anche Kate Mester, consigliere per i media. Il testo è stato contemporaneamente pubblicato sul quotidiano di Pristina Koha ditore.


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