Gli sfollati di Zugdidi
06/11/2012, Redazione
In seguito alla guerra in Abkhazia nel 1992-1993, oltre 200.000 georgiani sono stati costretti alla fuga. Molti di loro da ormai vent’anni si sono stabiliti a Zugdidi, la città georgiana più vicina al de facto confine con l’Abkhazia. Alcuni si sono integrati, altri vivono tutt’ora ai margini. Un fotoracconto
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Famiglia
Assieme alla sua famiglia realizza prodotti in terracotta, statue e souvenir.

Il-ponte-sull-Inguri
Molti degli sfollati di Zugdidi attraversano frequentemente il confine de facto sul fiume Inguri. Alcuni vivono principalmente nel distretto di Gali e si recano a Zugdidi per studiare, lavorare o per curarsi.
Auto private non possono attraversare il confine. Giunti al punto di controllo, si può scegliere se camminare a piedi per circa 15 minuti o prendere un carro trainato da cavalli.

Il-pozzo
Le condizioni abitative sono scadenti. Gli abitanti di questo edificio prendono acqua da un pozzo situato nel cortile e non hanno bagni adeguati.

In-movimento
Molti di loro prima abitavano in una scuola ma sono stati costretti ad abbandonarla. Nell'edificio in cui si sono stabiliti hanno effettuato alcune migliorie ai pavimenti e alle pareti, ma dopo alcuni mesi sono stati costretti ad abbandonare anche questa sistemazione. Dichiarano di non essere in grado di ottenere dal governo informazioni chiare riguardo alla loro situazione.

Sculture
Altri sfollati che sono rimasti a Zugdidi sono riusciti a trovare lavoro e ad integrarsi con la società locale. La città è piccola e sfollati e popolazione locale vivono necessiaramente a stretto contatto. A pochi metri da un centro collettivo, questo artigiano ha aperto il suo laboratorio.

Strada
A vent'anni dalla guerra, la situazione per molti sfollati è ancora precaria. Alcuni di loro sperano che il nuovo governo giunto al potere in seguito alle recenti elezioni possa contribuire a migliorare la loro situazione. Ma il percorso verso una vita stabile rimane indefinito. Sul sito di IDP voices si possono trovare le testimonianze di decine di sfollati georgiani. Foto di Giorgio Comai, ottobre 2011. Un ringraziamento particolare a Shore Ketsbaia per il sostegno fornito a Zugdidi.

Tiko
Tiko ha abitato per 19 anni in questo ex-asilo. Dapprima stava in una stanza unica con tutta la famiglia, ma in seguito sono riusciti a dividerla con dei pannelli. Tutte le famiglie che ancora risiedono in questo edificio fanno uso di bagni comuni costruiti dalla missione delle Nazioni Unite in Georgia (Unomig) nel 1995. Molti altri che vi abitavano hanno deciso di trasferirsi nelle case offerte del governo a Poti, ma secondo Tiko la terrà lì non è buona e se si trasferisse non sarebbe in grado di trovare un lavoro.

Un-posto-dove-stare
Quando sono stati obbligati a lasciare le proprie case vent'anni fa, i georgiani dell'Abkhazia hanno occupato gli edifici che in quel momento erano disponibili, tra cui asili e scuole.

Una-stanza
Venticinque famiglie vivevano in quest'edificio di proprietà dell'esercito quando l'ho visitato nell'ottobre del 2011. Altre famiglie se ne erano già andate a Poti, dove il governo aveva offerto delle abitazioni. All'epoca, gli sfollati ricevevano dal governo 22 lari al mese (circa 10 euro), ma dovevano pagarne 6 per l'elettricità. Famiglie intere vivevano in un'unica stanza.

Vent-anni
Ciò che doveva essere un rifugio temporaneo è diventato una residenza stabile. Negli ultimi anni, il governo georgiano ha offerto agli sfollati case in altre parti della Georgia, ma molti non hanno accettato. Alcuni avevano lavoro o figli che studiavano, altri hanno preferito rimanere vicino alle loro proprietà a Gali dall'altra parte del confine de facto. Secondo una recente indagine circa il 40% degli sfollati registrati nei centri collettivi di Zugdidi hanno accesso a un terreno agricolo in Abkhazia.

Zugdidi
Durante la guerra del 1992-1993, oltre 200.000 georgiani che abitavano in Abkhazia sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni. Alcuni vi hanno fatto ritorno negli anni successivi, altri hanno iniziato una nuova vita altrove in Georgia. A vent'anni di distanza, molti però non hanno ancora una casa dove abitare e vivono in condizioni di difficoltà in centri collettivi a Zugdidi, la città georgiana controllata da Tbilisi più vicina al confine de facto.




