19 ottobre 2017

di Simona Silvestri
casa editrice: Infinito edizioni
anno di pubblicazione: 2017
collana: Collana Orienti
pagine: 128
prezzo: 13,00 euro
Prefazione di Azra Nuhefendić. Con un testo di Massimo Zamboni. Postfazione di Andrea Cortesi.

La Bosnia Erzegovina è un Paese sospeso tra contraddizioni, diritti negati e crisi sociali, incapace di trovare un’identità unitaria. La guerra è finita, almeno a parole, ma la crisi economica, lo stallo della produzione e l’aumento della disoccupazione, con l’incremento conseguente delle tensioni sociali e politiche, stanno facendo riaffiorare i nervi scoperti del Paese.

Il passaggio da un’economia di autogestione a un capitalismo sfrenato ha provocato una profonda divisione tra i moltissimi poveri e una minoranza egoista e ricchissima, con la progressiva scomparsa della classe intermedia e lo sviluppo di due economie parallele e ben differenziate. Di questa situazione hanno saputo approfittare i nuovi tycoon, che hanno sfruttato il conflitto e il successivo e persistente periodo di deregolamentazione per assicurarsi ricchezza e potere, grazie alle privatizzazioni delle industrie di Stato e alla svendita dei beni comuni, alla ricostruzione, al controllo del mercato, favorendo lo sviluppo di corruzione e criminalità. A farne le spese sono stati i cittadini, ultimi destinati a rimanere tali, inascoltati da una classe politica compressa tra nazionalismo e liberismo spinto.

“Oggi l’ottanta per cento dei giovani bosniaci, e non solo, vorrebbe lasciare il Paese. Nell’arco di venticinque anni Sarajevo e la Bosnia Erzegovina si sono trasformate da un simbolo splendente a un posto da lasciare in fretta. Non si muore più a causa delle pallottole, ma si sopravvive, si vivacchia appena, senza le regole fondamentali di una società civile, frenati dalla corruzione rampante, dal nepotismo palese, ostaggi di una politica nazionalista e retrograda, subendo l’ingiustizia sociale e patendo la povertà”. (Azra Nuhefendić)

“C’è un Paese nascosto, silenzioso, che soffre. Quotidianamente. Soffrono in attesa del riconoscimento dei propri diritti le madri sole con figli, le minoranze culturali, i malati cronici e/o terminali, le persone con disabilità, chi ha malattie professionali, chi non riesce ad avere una pensione, chi non riesce a godere degli essenziali diritti di protezione sociale…”. (Andrea Cortesi)