Videoreportage dall'Ucraina - marzo 2023

 

Questi tre reportage, a firma Danilo Elia, raccontano altrettante storie da un’Ucraina ancora in guerra, sospesa tra il fuoco della prima linea e la vita che non si ferma.

Brucia Bahmut. Bruciano Vulehdar, Mariinka. Mentre gli occhi del mondo sono puntati sulle battaglie più cruente nell’Est del Paese, il fronte meridionale della guerra in Ucraina vive un’attesa inquietante. I momenti dell’inaspettata controffensiva di Kyiv che ha ricacciato via l’esercito russo oltre il fiume Dnipro liberando, anzi 'deoccupando', Kherson sembrano già lontani, ma la battaglia è tutt’altro che conclusa.

Mykolaiv, la città che ha fermato l’avanzata russa verso Odesa, trattiene il fiato. Colpita ripetutamente dai missili russi. Bombardata, ferita. Per lunghe ore ogni giorno senza elettricità e senza acqua potabile dai rubinetti delle case, la città che fino alla scorsa estate era sulla prima linea porta ancora su di sé tutti i segni della battaglia. Respinti i russi oltre Kherson, Mykolaiv è ora il primo baluardo sicuro sul fronte meridionale. Fuori dal tiro dell’artiglieria - ma pur sempre a portata dei missili russi - è il posto sicuro dove i militari in rotazione dal fronte passano le loro brevi licenze prima di tornare in trincea. Ma è anche la base delle tante organizzazioni di volontari che portano aiuti alle popolazioni sul fronte. Basta una mezz'ora di macchina per arrivarci e rischiare la vita per aiutare chi letteralmente vive sotto le bombe.


Contava 400mila abitanti prima della guerra, Mykolaiv. Ora, difficile dirlo. Negozi chiusi, attività sospese, scuole e università bombardate. Chi ha potuto è andato via. Ma c’è anche chi ha scelto di rimanere, o persino di tornare. Come buona parte degli ebrei della città. Che invece di fuggire davanti alla “denazificazione” lanciata da Putin hanno deciso di fare la loro parte perché Mykolaiv resista.


Più a ovest, a poco più di tre ore di macchina, Odesa tira un sospiro di sollievo: il fronte è lontano e il temuto attacco via mare sembra sempre più improbabile. Resta però il cielo a preoccupare. Le sirene sono tornate a suonare, e i missili balistici di Mosca a colpire obiettivi civili e infrastrutture energetiche. La città fa affidamento per lunghe ore al giorno solo sui generatori elettrici mentre i blackout programmati continuano a scandire la vita di tutti i giorni. Nello stesso tempo negozi, bar e ristoranti sono aperti fino al coprifuoco e i pannelli di legno messi a protezione delle vetrine non riescono a intaccare una parvenza di normalità che i suoi abitanti cercano ogni giorno di più. In questa bolla che ha a tratti del surreale, il teatro dell’Opera è impegnato a rispettare il suo cartellone. Gli spettacoli si tengono di pomeriggio, perché tutti devono essere a casa entro il coprifuoco. Ma gli odessiti non rinunciano comunque a quel rito fatto anche di eleganza e mondanità. E se scatta l’allarme antiaereo, il teatro ha un rifugio sotterraneo pronto ad accogliere tutti.