Cristian Mungiu: la vita di mia nonna in un libro
Un libro dalle premesse semplicissime è l’opera più autentica del noto regista romeno. A partire dall’infanzia in Bessarabia, la nonna dell’autore racconta le scelte impossibili di una famiglia che vive in una terra di confine. Una storia straordinaria nella sua normalità, ora anche in italiano

Estratto copertina del libro
Estratto copertina del libro
Leggendo che la nonna Elisabeta era nata nel 1862 nel sud della Bessarabia, si ha un attimo di disorientamento, quasi un momento di vertigine, prima di capire che la voce narrante non è quella di Cristian Mungiu, ma in effetti quella di sua nonna, che racconta non solo della sua infanzia, ma anche di quello che a lei raccontava sua nonna. Ed è subito un tuffo indietro di oltre 150 anni in una terra di confine, quando i confini sembravano ancora di scarsa rilevanza per la vita quotidiana di una famiglia.
Una terra di confine, dove migrazioni creavano famiglie miste e plurilinguismo strutturale: la nonna, con cui si parlava in romeno, era chiamata comunemente “babușka”, alla russa, portava un cognome bulgaro, e si sposò con un greco che per sfuggire alla miseria del paese natale emigrò in quella che oggi sarebbe Repubblica Moldova.
Con il passare delle pagine e degli anni, i confini diventano bruscamente vivi e mostrano la loro natura crudele a persone che devono decidere, con poco tempo e scarsa consapevolezza, da che parte stare di barriere che diventano impenetrabili per decenni.
Nel 1918, una zia si ritrovava in visita da parenti ucraini quando da parte sovietica si chiusero i nuovi confini appena stabiliti verso la Bessarabia, entrata a far parte della Romania nel periodo inter-bellico: non la rividero più fino alla sua morte nel 1942. Durante la Seconda guerra mondiale, il territorio dell’odierna Moldova passa da Romania a URSS e vice-versa: non è chiaro quale spostamento sarà quello definitivo né cosa succederà, davvero, a chi decide di rimanere da una parte o dall’altra del confine. In seguito, le scelte di vita imposte dalla storia determinarono la fine della giovinezza bassaraba della protagonista di queste memorie che dal 1946 visse la sua vita adulta stabilmente a Iași, in Romania.

“Una vita romena”, di Cristian Mungiu. Pubblicato in Italia da “La nave di Teseo” (2025) Traduzione di Anita Bernacchia. Edizione originale: “Tania Ionașcu, bunica mea – O biografie basarabeană“, Editura Humanitas
È una storia di vita normale e straordinaria allo stesso tempo. Si tratta infatti di una giovinezza tumultuosa, ma in fondo per tanti versi comune a chi in quegli anni ha vissuto nelle aree che oggi sono parte della Repubblica Moldova.
Banalizzando, è chiaro che le memorie di una donna di Iași sono arrivate alle stampe in buona parte perché ad ascoltarla c’era un nipote che nel frattempo è diventato un regista di fama internazionale.
In effetti questo libro è un’opera letteraria più compiuta di come potrebbe apparire da queste premesse. Mantenendo uno stile sobrio e un linguaggio semplice che caratterizza tanto l’edizione originale quanto l’ottima traduzione italiana di Anita Bernacchia, Cristian Mungiu lascia emergere vivamente il carattere della nonna, dando allo scritto un’autenticità rara. Le vicende narrate erano in buona parte comuni per chi viveva in Bessarabia un secolo fa; a distanza di cent’anni è proprio il sentirle raccontate in modo così “normale” che le rende straordinarie.
Cristian Mungiu, premiato autore delle sceneggiature dei suoi film, è uno scrittore di talento, che dipinge con immediatezza e parsimonia momenti di vita spesso drammatici.
Questo libro deve probabilmente essere letto prima di tutto così, come memoria personale, anche se certo è una testimonianza privata in cui la “grande storia” non è mai troppo lontana. I traslochi affrettati, le scelte economiche sbagliate, o la malattia di un famigliare, sono parte più viva della narrazione rispetto ai grandi spostamenti di fronte, ai cambiamenti di governo al centro della storiografia ufficiale, o a eventi drammatici della storia locale.
Oggi a Cahul – la cittadina al centro delle vicende – vi è un monumento per ricordare lo sterminio della numerosa popolazione ebrea della regione durante la guerra; in questo libro di memorie, si trova appena traccia del drammatico destino degli ebrei, comunque citati in più occasioni tra gli abitanti della cittadina.
Il nonno dell’autore era un ufficiale, e tra il 1942 e 1943 i giovani coniugi passarono molto tempo in case requisite alla popolazione locale dall’esercito romeno che avanzava fino ad oltre Odessa, in quello che all’epoca era il governatorato della Transnistria. Non vi è occasione di raccontare come si è vissuto questo nuovo ruolo, ritrovandosi non tra chi è costretto ad abbandonare la propria casa, ma tra chi occupa quella degli altri nel corso di un’avanzata militare. Si tratta di passaggi delicati, mai nascosti, ma sui quali non emerge alcune riflessione strutturata.
Comunque lo si legga, il libro è forse prima di tutto implicitamente una ode al rapporto tenero tra una nonna e il suo nipote adulto, e un invito commovente a trovare un pretesto qualsiasi per chiedere agli anziani che ci sono vicini di condividere con noi un pezzo della loro storia.
Cristian Mungiu, nato il 27 aprile 1968 a Iași, Romania, è regista, sceneggiatore e produttore. Il suo secondo lungometraggio, 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, ha ricevuto la Palma d’oro al Festival di Cannes del 2007. Ha poi vinto il premio per la migliore sceneggiatura al Festival di Cannes del 2012 per il suo film Oltre le colline. Un padre, una figlia (Bacalaureat), il suo quinto lungometraggio, è valso a Mungiu il Cannes Best Director Award 2016.
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