Violato il profilo Instagram del media macedone Sloboden Pechat
L’attacco, che prosegue da vari giorni, è estremamente sofisticato, multilivello e continua a evolversi. L’obiettivo, come ha spiegato l’influente media macedone Sloboden Pechat a Meta.mk è ridurre la visibilità del profilo, provocando il cosiddetto shadow ban. Secondo gli esperti di cybersicurezza, non esistono reali forme di protezione contro attacchi di questo tipo

Icona di Instagram su smartphone © Shutterstock
Icona di Instagram su smartphone © Shutterstock
(Originariamente pubblicato da META.MK, il 16 novembre 2025)
Sloboden Pechat, uno dei media più autorevoli della Macedonia del Nord, oltre a stampare e distribuire un quotidiano, gestisce anche uno dei portali online più letti del Paese, nonché uno dei profili Instagram più seguiti, con quasi 70.000 follower. Sfortunatamente, da una settimana il loro profilo è bloccato — il che significa che non può essere visualizzato pubblicamente a meno che non lo si segua già.
Questa non è stata una scelta degli editori o del team che gestisce l’account, bensì una misura obbligata. Da oltre una settimana, infatti, Sloboden Pechat è bersaglio di un attacco coordinato di bot su Instagram. L’attacco è altamente sofisticato, multilivello e in costante cambiamento. L’obiettivo, come spiegato a Meta.mk, è ridurre la visibilità del profilo e provocare un cosiddetto shadow ban.
Censura invisibile
La redazione ha spiegato che si tratta di una sorta di “sanzione” invisibile da parte di Meta (Facebook e Instagram), che limita le interazioni e la portata del profilo. Ciò accade quando si registra improvvisamente un aumento di attività da parte di profili sospetti. Di conseguenza, molti utenti possono improvvisamente smettere di vedere i tuoi post.
“In questi casi il profilo non viene ufficialmente bloccato, ma la sua visibilità viene fortemente ridotta, senza alcuna notifica all’utente. Anche se si può continuare a pubblicare e comunicare normalmente, i post smettono di apparire nel feed, non compaiono più nella pagina “esplora” e per i nuovi follower diventa più difficile trovare il profilo. Questo porta a un drastico calo di visualizzazioni e interazioni”, ha dichiarato la redazione di Sloboden Pechat a Meta.mk.
Secondo quanto spiegano, questo fenomeno si verifica spesso quando le piattaforme rilevano automaticamente un gran numero di attività insolite in un breve arco di tempo. Nel caso di Sloboden Pechat, inizialmente si trattava di numerosi commenti da parte di profili sospetti, interpretati dai sistemi di Meta come potenziale abuso.
Successivamente, l’attacco si è trasformato, segno che l’azione era ben pianificata e coordinata, con l’obiettivo evidente di silenziare Sloboden Pechat su Instagram.
Un esercito di bot che scrive “like”
L’attacco è iniziato il 6 novembre intorno a mezzogiorno. La prima azione degli aggressori è stata lasciare centinaia di commenti da profili sospetti sotto i post del media. Tutti i commenti erano identici e contenevano solo la parola “Like”. Già nei giorni precedenti la redazione aveva notato profili sospetti lasciare commenti insoliti.
I nomi utente di questi profili erano generici, strani o contenenti numeri illogici — chiari segnali di attività automatizzata. In altre parole, non si trattava di persone reali, ma di software usati per pubblicare commenti.
Durante l’attacco, i lettori hanno iniziato a notare qualcosa di strano: i post mostravano centinaia di commenti, ma solo pochi erano visibili. Un follower ha persino chiesto: “Qualcuno sta testando dei bot nei commenti?”. Dopo alcune ore di analisi, la redazione ha concluso che si trattava di un’azione coordinata.
I commenti non avevano alcuna relazione con il contenuto dei post. Venivano lasciati su ogni pubblicazione, indipendentemente dal tema. “I post erano su argomenti diversi — è così che ci siamo accorti che si trattava di un attacco di bot. I commenti sono diventati sempre più frequenti e comparivano sotto ogni nuovo contenuto”, ha detto Sloboden Pechat.
Sebbene al momento la redazione non disponga di informazioni concrete sugli autori dell’attacco, ritiene che l’obiettivo sia minare la fiducia nel media e ridurne la visibilità nello spazio pubblico. “In questo momento non abbiamo informazioni precise, ma l’obiettivo è chiaro: ridurre la visibilità di Sloboden Pechat e minare la fiducia nel media”, ha aggiunto la redazione.
Il caso è già stato segnalato al dipartimento per la criminalità informatica del Ministero dell’Interno.
Aiuto dal pubblico
Ma l’attacco non si è fermato. Al contrario, ha raggiunto una nuova fase: i bot hanno iniziato a mettere un numero enorme e improvviso di like ai post di Sloboden Pechat. Chi utilizza Instagram professionalmente sa bene che i like non possono essere controllati o cancellati come i commenti. L’unica soluzione è bloccare il profilo — così gli utenti devono inviare una richiesta per seguirti.
Per difendersi, Sloboden Pechat ha dovuto bloccare il proprio profilo ufficiale su Instagram per la prima volta.
“Per la prima volta in tutti questi anni, il profilo principale di Sloboden Pechat è bloccato. Questo rende il nostro lavoro un po’ più facile, ma è tutt’altro che una soluzione ideale. Ora siamo limitati agli utenti che già ci seguono. I nostri post non possono essere condivisi nelle Stories e abbiamo oltre 999 richieste di follow da profili sospetti. L’attacco non è finito — abbiamo semplicemente chiuso la porta”, hanno dichiarato.
Sebbene questa misura abbia temporaneamente stabilizzato la situazione, il media continua a essere limitato nella comunicazione con un pubblico più ampio.
Per cercare di superare le restrizioni causate dallo shadow ban, la redazione ha deciso di informare apertamente il pubblico e coinvolgerlo nella soluzione. Hanno invitato i lettori a interagire con un post specifico — e ha funzionato. Sebbene i bot abbiano temporaneamente rallentato l’algoritmo, la voce del media è stata amplificata grazie al supporto della propria comunità.
“Ciò che doveva essere un attacco si è trasformato nella prova che dietro Sloboden Pechat c’è una comunità che crede nella verità, nella libertà e nel giornalismo indipendente. Siamo riusciti a gestirlo in modo ‘guerrigliero’ — ma cosa succederebbe ai media con lettori fedeli ma meno influenti sui social? Come potrebbero difendersi da attacchi così dannosi?”, ha dichiarato Sloboden Pechat.
I bot come nuovo strumento di propaganda
Bozhidar Spirovski, esperto di cybersicurezza e fondatore della piattaforma BeyondMachines, afferma che oggi difendersi dai bot sui social è quasi impossibile a causa del rapido sviluppo della tecnologia e della facile accessibilità dei servizi che li creano.
“È quasi impossibile difendersi dai bot. È un servizio a pagamento, e ne esistono innumerevoli in tutto il mondo. L’algoritmo applica lo shadow ban perché pensa che il proprietario stia cercando di autopromuoversi usando i bot — ed è proprio per questo che qualcuno può abusarne così facilmente”, spiega Spirovski, aggiungendo che la domanda fondamentale è perché l’attacco sia avvenuto proprio ora.
“La domanda principale è: perché adesso? Mi chiederei quale post sia stato preso di mira. Perché in quel preciso momento? C’era forse un contenuto problematico per qualcuno?”, dice Spirovski.
Dai post visibili sul profilo di Sloboden Pechat del 6 novembre, i primi commenti dei bot sono apparsi sotto un contenuto riguardante l’incontro tra il nuovo sindaco di Skopje, Orce Gjorgjievski, e l’ex sindaca Danela Arsovska.
Spirovski osserva che il profilo di Sloboden Pechat ha una portata sufficiente per ottenere supporto dalla comunità, ma non esistono soluzioni tecniche che il media possa adottare autonomamente. Tutto dipende dalla piattaforma.
“Non esiste un modo tecnico per un profilo di difendersi dai bot. Dipende dal social network. Ma la vera domanda è: la piattaforma vuole davvero fare qualcosa?”, afferma.
Spiega inoltre che i bot vengono spesso creati per generare profitto, promuovere contenuti specifici o — come in questo caso — sopprimere contenuti. “I bot sono progettati per automatizzare gli obiettivi di chi li acquista. Possono generare guadagni, promuovere un sito web o sopprimere contenuti. Questi sono i meccanismi di base. Ma i bot possono essere anche molto complessi: possono pubblicare contenuti reali con un obiettivo preciso, interagire tra loro e creare l’illusione che un tema sia popolare — ed è già una forma potente di propaganda”.
Questa pubblicazione è il risultato delle attività svolte nell’ambito del Media Freedom Rapid Response cofinanziato dall'UE e nell’ambito di ATLIB – Transnational Advocacy for Freedom of Information in the Western Balkans, un progetto cofinanziato dal Ministero italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Tutte le opinioni espresse rappresentano le opinioni dell’autore e non quelle delle istituzioni cofinanziatrici.
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