Bilancio positivo per il 28° Festival del cinema sloveno

Dal premiatissimo “La ragazza del coro” dell’esordiente Urška Đukić, attualmente nelle sale, a “Teresa – La madre degli ultimi” della regista macedone Teona Strugar Mitevska, il Festival di Portorose ha riunito tante belle produzioni slovene e regionali. Una rassegna

12/11/2025, Nicola Falcinella
Una scena del film "La ragazza del coro" di Urška Djukić

Una scena del film “La ragazza del coro” di Urška Djukić

Una scena del film "La ragazza del coro" di Urška Djukić

Un bel bilancio per il 28° Festival del cinema sloveno, tenutosi come tradizione nell’istriana Portorose nelle scorse settimane. La rassegna ha proposto il meglio della produzione nazionale dell’annata, con la presenza di troupe, cast e ospiti anche della regione.

Tra questi, la regista macedone Teona Strugar Mitevska (il cui “Teresa – La madre degli ultimi” esce in Italia il 10 dicembre) che ha presentato uno dei suoi primi film “I’m From Titov Veles”, coproduzione slovena (la Vertigo di Danijel Hočevar) come quasi tutti i suoi lavori, e ha tenuto un’interessante masterclass.

Dominatrice dell’edizione è la coproduzione Slovenia / Italia / Croazia “La ragazza del coro” dell’esordiente Urška Đukić, che si è aggiudicata cinque premi Vesna: miglior film, miglior attrice protagonista Jara Ostan, migliori interpreti non protagonisti Mina Švajger e Saša Tabaković, e miglior montaggio del suono Julij Zornik. La pellicola su un’adolescente che scopre sé stessa nel breve soggiorno a Cividale del coro femminile di cui fa parte, dopo il passaggio nel febbraio scorso alla Berlinale, è uscita da poche settimane nelle sale e merita di essere recuperata.

Curiosamente parla di una bambina di 10 anni che canta in un coro anche “Ida who sang so badly even the dead rose up and joined her in Song”, opera prima di Ester Ivakič con Judita Frankovic Brdar, che farà il debutto assoluto in concorso all’imminente 43° Torino Film Festival.

Tornando a Portorose, il premio Vesna per il miglior regista è andato a Petra Seliškar per il documentario “The Mountain Won’t Move – Gora se ne bo premaknila”, premiato anche per il montaggio.

Al bel “Fiume o morte!” di Igor Bezinović, uscito da noi a inizio anno (sebbene con poca visibilità e pochi riscontri di pubblico), sono stati assegnati il Vesna come migliore coproduzione minoritaria e per il miglior direttore della fotografia, Gregor Božič.

Il Premio del pubblico è andato al bel “When I Get Out – Ko pridem ven” di Metod Pevec. Pevec, ormai ascrivibile tra i maestri del cinema sloveno contemporaneo, alterna film di finzione e documentari con risultati validi in entrambi i casi e stavolta è entrato in un carcere per filmare i partecipanti di un laboratorio teatrale. Alle prese con uno psicodramma che li costringe a mettersi anche nei panni altrui nelle improvvisazioni, i detenuti (condannati a lunghi periodi di carcere anche per omicidi o traffici di stupefacenti) si confrontano con il loro passato e i loro pregiudizi.

“Fantasy” dell’esordiente Kukla, già presentato a Locarno, ha ricevuto cinque Vesna, per musiche, produzione, costumi, trucco e per i “risultati speciali”.

Vesna per meriti speciali pure a “Oho Film” di Damian Kozole, che ricostruisce le vicende del movimento artistico Oho nato a Kranj e attivo tra il 1965 e il 1971. Il primo movimento d’avanguardia in Jugoslavia e nell’est Europa, che ebbe tra i fondatori giovanissimi Marko Pogačnik, il poeta Iztok Geister, l’americano David Nez. Il gruppo stilò anche un manifesto sulla volontà di superare le arti classiche verso un’arte sperimentale e performativa (tra le più celebri e influenti quella del monte Triglav in una strada di Lubiana). Il gruppo, tenuto d’occhio dai servizi jugoslavi che li considerava un po’ strani ma non “pericolosi”, tenne un’importante mostra a Belgrado cui assistette anche una giovane Marina Abramović che ne fu influenzata. “Oho Film” è costruito utilizzando tante immagini del gruppo (soprattutto i cortometraggi di Naško Krišnar) ed è accompagnato dalle musiche dei Laibach.

Vesna per il miglior documentario a “Man with Straw Hat – Mož s slamnikom” di Urban Zorko, per i cortometraggi a “DEATH 101” di Martin Horvat, miglior film di animazione “Tales from the Magic Garden – Zgodbe iz čarobnega vrta” di Leon Vidman e miglior film degli studenti “Arachnophobia – Arahnofobija” di Melita Sandrin.

Bello il documentario “Ne pozabi me – Forget Me Not” della goriziana Anja Medved (“Trenutek reke – Il tempo del fiume” del 2010), un attento e laborioso lavoro di riflessione e raccolta di testimonianze su Gorizia e Nova Gorica, cui la regista si è dedicata per molti anni con la madre Nadja Velušček. Un film sulla memoria e l’oblio, intrecciando i due lati della frontiera tra elementi familiari (la nonna che cambiò cinque nazioni restando ferma, il nonno sopravvissuto a Mauthausen che non ne parlò mai) e vissuto personale. È il ritratto di due città così diverse, a lungo separate, oggi insieme per la capitale della cultura GO 2025: “Nova Gorica è il mattino e ricorda la Seconda guerra mondiale, Gorizia è il tramonto e ricorda la Prima” si osserva.

Ancora in gara il simpatico film per ragazzi “Elvis Škorc – Elvis Starling” di Boris Jurjalević, storia di un quattordicenne studente la cui vita è scombussolata dalla separazione dei genitori e dal bullismo dei compagni, ma riesce a trovare delle vie d’uscita.

Fuori competizione è stato proposto “Budi Bog s nama – The Great Tram Robbery” del serbo Slobodan Šijan, amico del Festival e noto soprattutto per la sua opera d’esordio, la commedia nera “Ko to tamo peva” del 1980. La storia della realizzazione del primo film d’avanguardia dei Balcani nella Belgrado frenetica e vitale degli anni ‘20. Si parte dal 1946 a Pozarevac, quando Boško Tokin è interrogato da un commissario e dichiara di essere un critico cinematografico. Partono i flashback che portano al fronte durante la Prima guerra mondiale, con la scoperta del cinema, Griffith, Chaplin e gli altri comici americani. Al termine del conflitto Tokin fonda un filmclub a Belgrado e convince un gruppo di amici a girare un film con lui, “Grande rapina al tram” echeggiando “La grande rapina al treno” di Edwin S. Porter del 1903, considerato il primo western della storia. Sarà una produzione tormentata (tra i tanti passa anche giovane attrice slovena Ita Rina) per una pellicola piena di citazioni, ma le cose saranno destinate ad andar male prima ancora dell’arrivo della crisi del ‘29 che cambia tutto. Un film un po’ illustrativo, con qualche buon momento.

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