Allargamento UE, la Commissione avvicina Montenegro, Albania, Moldova e Ucraina
Secondo quanto emerge dal Pacchetto Allargamento 2025, il gabinetto von der Leyen sostiene apertamente gli obiettivi temporali dei quattro Paesi più avanzati. In stallo Macedonia del Nord, Kosovo e Turchia, in difficoltà Serbia e Bosnia Erzegovina, la Georgia un candidato “solo sulla carta”

On 4 November 2025, Kaja Kallas, High Representative of the Union for Foreign Affairs and Security Policy and Vice-President of the European Commission, and Marta Kos, European Commissioner for Enlargement, give a press conference on the 2025 enlargement
La commissaria per l'Allargamento Marta Kos © Unione europea
“Nel complesso, il 2025 è stato un anno positivo per la collaborazione con i Paesi candidati”. Così la commissaria per l’Allargamento, Marta Kos, chiamata alla sua prima presentazione dei documenti annuali relativi al processo di adesione all’UE, ha presentato il Pacchetto Allargamento 2025 lo scorso 4 novembre.
Con quattro candidati che avanzano con decisione verso l’Unione, la Commissione europea inizia a vedere la luce alla fine di un lungo tunnel di stalli, ritardi e mancanza di volontà politica di tenere fede alle promesse fatte a candidati in attesa anche da oltre 20 anni di entrare nell’UE.
“Montenegro, Albania, Moldova e Ucraina hanno compiuto progressi significativi e dimostrano che le riforme danno i loro frutti”, ha sottolineato Kos, sostenendo che il loro esempio “dovrebbe costituire una forte motivazione per tutti i Paesi impegnati nel processo di adesione”.
Il Pacchetto Allargamento 2025 non solo ribadisce che questa politica “rimane in cima all’agenda delle priorità dell’UE”, ma sottolinea anche che “l’adesione di nuovi Stati membri è realmente alla portata”, si legge nella comunicazione. Dall’inizio del 2024 si sono tenute 11 conferenze intergovernative – cinque con l’Albania, quattro con il Montenegro e una ciascuna con Ucraina e Moldova – con progressi sulle riforme fondamentali “particolarmente evidenti”.
Chi procede
Il Montenegro è il primo nella lista della Commissione, avendo chiuso quattro capitoli negoziali nell’ultimo anno ed essendo impegnato a chiudere ulteriori capitoli entro la fine del 2025. Podgorica punta a concludere i negoziati entro la fine del 2026 e il gabinetto von der Leyen conferma che il Paese “è sulla buona strada per raggiungere questo ambizioso obiettivo”, mentre “si avvicina il momento di iniziare a preparare il trattato di adesione”, anticipa la commissaria Kos.
Anche l’Albania ha compiuto “progressi significativi” e si prepara ad aprire l’ultimo gruppo di capitoli negoziali entro la fine del 2025. Ora sono necessari ulteriori sforzi per soddisfare i parametri intermedi sulle riforme fondamentali e aprire la strada alla chiusura dei capitoli negoziali. Tirana è “sulla buona strada per raggiungere l’ambizioso obiettivo” di concludere i negoziati entro il 2027, “a condizione che mantenga lo slancio sulle riforme”.
Nonostante la guerra russa, l’Ucraina ha completato il processo di screening e ha adottato tabelle di marcia sullo Stato di diritto, la pubblica amministrazione e il funzionamento delle istituzioni democratiche, e un piano d’azione sulle minoranze nazionali. Kyiv ha soddisfatto le condizioni richieste per aprire tre cluster di capitoli negoziali e l’obiettivo rimane “aprirli tutti entro la fine dell’anno”, anche se l’Ungheria continua a porre il veto. In ogni caso, il governo ucraino vuole concludere i negoziati di adesione entro la fine del 2028 e la Commissione si impegna a sostenere questa ambizione, ma “è necessario accelerare il ritmo delle riforme”.
La Moldova ha completato con successo il processo di screening e, come l’Ucraina, ha soddisfatto le condizioni richieste per aprire tre gruppi di capitoli negoziali. Chișinău potrebbe avviare i negoziati di adesione “entro novembre”, ha dichiarato la commissaria Kos, anche se il processo di adesione della Moldova è legato a quello dell’Ucraina e il blocco politico ungherese a Kyiv ha di fatto sospeso anche l’adesione di Chișinău. Rafforzato dal forte sostegno al percorso dell’UE nelle elezioni di settembre, la Commissione sostiene l’obiettivo “ambizioso ma realizzabile” di chiudere i negoziati entro l’inizio del 2028.
Chi si ferma
La Serbia vede i propri progressi interrompersi, ma senza che il percorso di adesione sia del tutto compromesso. Le proteste in corso dal novembre 2024 “riflettono il disappunto dei cittadini per la corruzione e la percezione di una mancanza di responsabilità e trasparenza” nel Paese, a cui si aggiunge la violenza della polizia contro i manifestanti e le pressioni esercitate sulla società civile. La polarizzazione della società, la “grave erosione della fiducia” e il rallentamento delle riforme sono le questioni più preoccupanti, mentre le autorità di Belgrado devono “invertire urgentemente la tendenza al regresso” in materia di libertà di espressione ed “evitare la retorica anti-UE”, ha avvertito la commissaria Kos.
La Macedonia del Nord non sblocca lo stallo che le permetterebbe di aprire il primo cluster negoziale “il prima possibile, una volta soddisfatte le condizioni pertinenti”. Dopo la fine dell’approccio a pacchetto nel settembre 2024, che collegava il percorso UE della Macedonia del Nord a quello dell’Albania, la Commissione continua ad aspettarsi da Skopje che adotti gli emendamenti costituzionali richiesti, in particolare per quanto riguarda il trattamento della minoranza bulgara.
In Bosnia Erzegovina la crisi politica nell’entità a maggioranza serba e il crollo della coalizione di governo hanno “compromesso i progressi verso l’adesione all’UE, con conseguenti riforme limitate”, in particolare per quanto riguarda la protezione dei dati, il controllo delle frontiere e la firma dell’accordo sullo status di Frontex. Unica nota positiva è lo sblocco dell’Agenda di riforme ma, per avviare i negoziati di adesione, le autorità bosniache “devono prima finalizzare e adottare leggi di riforma giudiziaria pienamente in linea con gli standard europei e nominare un capo negoziatore”.
Il Kosovo non è un Paese candidato, ma comunque “ha mantenuto il suo impegno a favore del percorso europeo, con un elevato livello di sostegno pubblico”. Tuttavia, il ritardo nella formazione delle istituzioni dopo le elezioni di febbraio “ha rallentato i progressi delle riforme legate all’UE” e il mancato riconoscimento della sua sovranità da parte di cinque Stati membri UE – Cipro, Grecia, Slovacchia, Spagna e Romania – impedisce alla Commissione di preparare un parere sulla domanda di adesione (presentata da Pristina nel dicembre 2022). Per quanto riguarda le misure punitive dell’UE, “ulteriori azioni” per la loro revoca sono subordinate allo svolgimento ordinato del secondo turno delle elezioni locali nei comuni del nord e a una “riduzione costante delle tensioni”.
Non si muove – né avanti né indietro – la Turchia, che rimane a tutti gli effetti un Paese candidato, anche se i suoi negoziati di adesione sono sospesi dal 2018. Allo stesso tempo, il Consiglio e la Commissione considerano però Ankara un “partner chiave” e sono in corso discussioni su un “approccio graduale, proporzionato e reversibile” per il recupero delle relazioni, a partire da “priorità condivise”. Tuttavia, il deterioramento degli standard democratici, dell’indipendenza giudiziaria e dei diritti fondamentali “deve ancora essere affrontato” e rimane il motivo per cui il processo di allargamento non si può muovere.
Chi retrocede
“Probabilmente nessun Pacchetto Allargamento ha mai visto un regresso simile”. Con queste parole la commissaria Kos ha tagliato corto sulla Georgia, il partner più problematico nel processo di allargamento, il cui status di candidato “esiste solo sulla carta”. Da quando l’adesione della Georgia all’UE si è de facto arrestata nel 2024, “la situazione è notevolmente peggiorata, con un grave regresso democratico caratterizzato da una rapida erosione dello Stato di diritto e da severe restrizioni dei diritti fondamentali”.
Le accuse della Commissione riguardano una legislazione “che limita fortemente lo spazio civico, compromette la libertà di espressione e di riunione e viola il principio di non discriminazione”, con Tbilisi che può tornare sulla strada dell’adesione all’UE solo dimostrando “un impegno risoluto” a invertire la rotta. La commissaria Kos si è rivolta direttamente a un governo che “sta allontanando il suo popolo dall’UE”, intimandogli di ascoltare i cittadini: “E smettete di incarcerare giornalisti e leader dell’opposizione, solo allora potremo parlare”.
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