Bandiera croata e dell'Ue

Bandiera croata e dell'Ue

Venerdì 10 giugno il presidente della Commissione europea ha reso nota la fine dei negoziati di accesso della Croazia e la sua data di ingresso nell’Ue. Zagabria sarà il 28° membro Ue il 1° luglio 2013. Ma alla Croazia resta ancora molto da fare

13/06/2011 -  Drago Hedl Osijek

“Buongiorno cittadini d’Europa”, così sabato mattina 11 giugno a grandi lettere titolava in prima pagina il più importante quotidiano croato, il giorno dopo la grande notizia giunta da Bruxelles: finalmente la Croazia ha terminato i negoziati per l’ingresso nell’Unione e diventerà il 28° membro della grande famiglia europea il 1° luglio 2013. “Questo è un grande giorno per la Croazia”, ha esultato la premier croata Jadranka Kosor, che ha sempre sottolineato come l’obiettivo più importante del suo governo fosse quello di terminare i negoziati di accesso con l’Unione, iniziati nel lontano ottobre 2005.

I meriti del governo croato

Il governo Kosor può così, dopo un lungo periodo, vantarsi di un successo concreto e tangibile. La fine dei negoziati con l’Unione sarà sicuramente la carta più forte da giocare alle prossime elezioni politiche che si terranno alla fine di quest’anno. Nonostante la premier Kosor, in due anni di governo (a capo del governo giunse il 1° luglio 2009 dopo le dimissioni di Ivo Sanader), non sia riuscita a far uscire il Paese dalla grave crisi economica che lo affligge, il suo più grande merito, che ha reso possibile la chiusura dei capitoli negoziali con Bruxelles,  è di sicuro l’aver puntato sulla lotta alla corruzione. Ciò che il suo predecessore Sanader aveva fatto sul piano della collaborazione con il Tribunale dell’Aja, sostenendo i processi per crimini di guerra (il processo al membro del parlamento e generale in pensione Branimir Glavaš, nonché l’attiva collaborazione di Zagabria nell’arresto del generale latitante Ante Gotovina), la Kosor lo ha fatto sul piano della lotta alla corruzione. Per corruzione è stato condannato l’ex ministro della Difesa Tončević, dietro le sbarre è finito il vicepremier Damir Polančec, e di lì a poco anche l’ex premier Ivo Sanader (ora agli arresti a Salisburgo in attesa di estradizione per la Croazia). Senza questi due passi importanti – la piena collaborazione con il Tribunale dell’Aja e la lotta alla corruzione - la Croazia tuttora sarebbe a bussare alla porta dell’Europa.

Anche se nel palazzo di Ban, nel centro storico di Zagabria dove risiede il governo croato, negli ultimi giorni dominava un sentimento celebrativo, la soddisfazione resta incompleta. La Croazia, infatti, fino all’ingresso nell’Unione sarà sottoposta ad una sorta di monitoraggio che vigilerà attentamente sulla proseguimento della lotta alla corruzione, sul comportamento della magistratura croata, e sull’andamento dei processi dei restanti indiziati di crimini di guerra, oltre a osservare l’atteggiamento nei confronti delle minoranze, in particolare quella più numerosa, la minoranza serba.

L’incognita referendum

L’altro problema di Zagabria è convincere i cittadini, ora che il governo ha portato a termine la sua parte di lavoro, a dire “sì” all’ingresso nell’Unione mediante referendum. Il referendum dovrebbe tenersi al più tardi un mese dopo la firma dell’accordo, cosa che potrebbe avvenire molto probabilmente il prossimo novembre. Tuttavia il sostegno dei cittadini croati all’ingresso nell’Ue è paurosamente sceso dopo le condanne emesse lo scorso aprile dal Tribunale dell’Aja contro i generali Ante Gotovina e Mladen Markač (il primo 24 anni di carcere, il secondo 18). Il giorno dopo le sentenze, solo il 38 percento dei cittadini era a favore dell’ingresso della Croazia nell’Ue, di questi il 52 percento si era detto contrario, mentre i restanti non avevano un’opinione in merito. Alla fine di maggio, però, la situazione è migliorata notevolmente. Dopo che è scemata l’insoddisfazione per le sentenza contro  i generali, per l’ingresso nell’Ue avrebbe votato il 56 percento dei cittadini, mentre contro avrebbe votato il 39 percento. Ora sta al governo convincere i cittadini di tutti i vantaggi connessi all’ingresso nell’Unione, per fare in modo che l’ultimo passo – l’espressione diretta dei cittadini – non si tramuti in un fiasco.

Una storia iniziata 8 anni fa

L’intera e faticosa storia del cammino croato verso Bruxelles  era iniziata nel febbraio 2003, quando Zagabria aveva consegnato la domanda di adesione all’Unione.  Era il tempo del governo del defunto premier Ivica Račan, la cui coalizione di centro sinistra aveva per un breve periodo interrotto il governo dell’Unione democratica croata (HDZ), il partito della premier Kosor.  All’epoca c’era molto ottimismo e speranza, e si pensava che il processo negoziale sarebbe stato breve e che la Croazia sarebbe potuta entrare nell’Unione insieme alla Bulgaria e alla Romania, obiettivo che questi due Paesi hanno raggiunto nel 2007.

Ma le cose non sono andate per niente in modo facile. Sarebbe passato infatti oltre un anno dalla consegna della domanda di adesione prima che Zagabria ottenesse lo status di Paese candidato, e poi un altro anno intero prima che iniziassero i negoziati. A causa della mancata collaborazione con il Tribunale dell’Aja, i negoziati di accesso, che avrebbero dovuto iniziare nella primavera del 2005, sono stati rinviati all’autunno, e la Croazia ha perso altri sei mesi.  Lo stesso processo negoziale è andato avanti lentamente e con numerosi ostacoli: è stato perso un anno intero a causa del blocco della Slovenia, che aveva posto come condizione per la continuazione dei negoziati tra Zagabria e Bruxelles la soluzione della disputa confinaria.

C’è ancora molto da fare

Ora che l’intero lavoro è stato portato a termine, e che la Croazia è ormai sulla soglia dell’Unione, è necessario proseguire le riforme, avvertono gli analisti, che renderanno la società croata compatibile con quelle dei Paesi dell’Unione. Che di lavoro ce ne sia parecchio, e che la fine dei negoziati non significhi che la Croazia è un Paese che a tutti gli effetti e senza problemi può far parte dell’Unione, lo testimoniano i brutti episodi accaduti solo il giorno dopo che il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha informato che la Croazia ha chiuso i negoziati di accesso. Le immagini dei sanguinosi assalti della folla di intolleranti che ha lanciato sassi e petardi contro il Gay pride di Spalato, la seconda città croata per dimensioni, hanno mostrato quanto la società croata sia immatura ad accogliere la differenza, una dei principi elementari delle democrazie mature.


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