Kazani

31 ottobre 2014

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Edvin Ćudić, coordinatore dell'Associazione per la Ricerca e Comunicazione Sociale (Udruženje za društvena istraživanja i komunikacije, UDIK), ha organizzato una (quasi) solitaria manifestazione sabato scorso di fronte alla cattedrale di Sarajevo.

Ćudić reggeva un grande manifesto con scritto “Perdonatemi. Perdonateci”. Come ha dichiarato ai giornali locali, la manifestazione intendeva essere una “azione di pace” per mostrare solidarietà alle famiglie delle vittime di Kazani, e impedire la rimozione di quei crimini dallo spazio pubblico.

Kazani è una località sul monte Trebević, a Sarajevo, dove nel 1993 furono uccisi decine di civili, soprattutto serbi, che erano stati prelevati dalle loro abitazioni dalle milizie irregolari che controllavano alcune zone della città assediata. Dalla fossa sono stati esumati finora circa 30 corpi ma il numero definitivo delle vittime non è stato determinato.

La responsabilità di quei crimini è ritenuta essere degli uomini della 10ma brigata di montagna guidata da Mušan "Caco" Topalović, esponente della malavita sarajevese ucciso dopo uno scontro a fuoco con i soldati dell'esercito della Bosnia Erzegovina durante la guerra.

Il giorno dopo la manifestazione dell'UDIK, domenica, il vice presidente della Federacija BH, Svetozar Pudarić, si è recato a Kazani accompagnato dal capo della missione OSCE in Bosnia Erzegovina, Jonathan Moore, e dai rappresentanti di alcune organizzazioni non governative (Consiglio Civico Serbo - SGV, Congresso degli intellettuali bosgnacchi, Comitato Helsinki, Centro PEN e Circolo 99).

Lunedì il quotidiano Oslobođenje ha dedicato un ampio servizio all'iniziativa, titolando in prima pagina “La risposta non può più essere il silenzio”.

Il tema, sempre di attualità nei Balcani ma non solo, è quello dei crimini commessi dai “nostri”. Come ha dichiarato Edvin Ćudić, “il problema è che a Sarajevo ci sono ancora cittadini che considerano eroi le persone che hanno commesso questi crimini”, riferendosi al funerale solenne tributato a “Caco” dopo la guerra, cui avevano partecipato migliaia di persone. “Dobbiamo mostrare solidarietà nei confronti di tutte le vittime, non solo per quelle dell'assedio di Sarajevo o per Srebrenica”.

Nello spazio pubblico bosniaco è quasi impossibile trovare voci di condanna dei crimini commessi dalla “propria” parte. Per questo le iniziative di sabato e domenica a Sarajevo e Kazani sono state così importanti. Il vicepresidente Pudarić ha dichiarato di sperare “nella fine di questa sorte di autocensura o di programmato oblio, in base al quale i criminali sono sempre gli altri, e le vittime sempre le nostre.”

Le vittime dell'assedio di Sarajevo, condotto dal 1992 al 1996 dall'esercito della Republika Srpska (VRS), furono oltre 11.000. Secondo i dati del Centro di ricerca e documentazione di Sarajevo, citati da Oslobođenje, durante l'assedio della capitale furono uccisi 934 civili di nazionalità serba, inclusi quelli colpiti dalle granate o dai cecchini dell'esercito della VRS. Per i crimini commessi a Kazani, dal '94 ad oggi, sono state condannate 14 persone con pene da 10 mesi a sei anni di carcere.


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