Macedonia del Nord, il tunnel senza luce dell’adesione all’UE

Con la disputa bilaterale con la Bulgaria entrata nel processo di adesione e la riluttanza del governo di Skopje a fare concessioni, lo stallo non sembra avere vie d’uscita ed è diventato “una lotta di potere tra le due parti”. Intervista a Iliriana Gjoni, analista presso Carnegie Europe

01/12/2025, Federico Baccini Bruxelles
Skopje © stoyanh/Shutterstock

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Skopje © stoyanh/Shutterstock

È passato più di un anno da una delle più grandi delusioni per la Macedonia del Nord e ancora nulla si muove o sembra potersi muovere all’orizzonte. Quello che un tempo a Bruxelles era considerato il candidato di punta nel processo di adesione all’UE, oggi si trova in una situazione di stallo senza via d’uscita,‘abbandonato’ nel settembre del 2024 dal partner albanese che ora invece vola a vele spiegate nei negoziati per diventare nuovo membro dell’Unione.

“Per ora non c’è alcuna strada concreta da poter seguire”, è quanto spiega Iliriana Gjoni, analista di Carnegie Europe, in un’intervista per OBCT. Dopo il disaccoppiamento del dossier che univa Macedonia del Nord e Albania nel percorso di adesione, Skopje è rimasta senza prospettive di invertire una rotta che sta portando il Paese lontano dal sogno di diventare un membro a pieno titolo dell’UE, a 20 anni esatti dal conferimento dello status di candidato all’adesione.

Perché, con gli emendamenti costituzionali sulla protezione delle minoranze nazionali diventati “una condizione per il Consiglio dell’UE” per aprire formalmente i negoziati di adesione, il governo di Skopje non ha alcuna intenzione di fare concessioni su quella che è nata e prosegue come una vera e propria questione bilaterale con la Bulgaria, attuale membro dell’Ue. In altre parole, si tratta di “una lotta di potere tra le due parti”, osserva Gjoni.

Perché la Macedonia del Nord non è ancora riuscita ad aprire il primo gruppo di capitoli negoziali?

Per farlo, la Macedonia del Nord dovrebbe adottare modifiche alla Costituzione per riconoscere la minoranza bulgara. Tuttavia, l’attuale governo – che ha basato la propria campagna elettorale sullo slogan “basta imbarazzi nel fare concessioni senza ottenere nulla in cambio” – non è disposto a collaborare su questo punto.

Non saranno adottate modifiche costituzionali a meno che non arrivi da Bruxelles la garanzia che questa sarà l’ultima concessione richiesta. Tuttavia, la Bulgaria ha già segnalato che potrebbe non essere abbastanza, e questo ci riporta a una situazione di stallo.

Va poi ricordato che il primo ministro Hristijan Mickoski ha denunciato che alla minoranza macedone in Bulgaria è stato negato ripetutamente il diritto di riunirsi e Skopje ha chiesto l’attuazione di tutte le decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo a questo riguardo.

Nel frattempo, in seno al Consiglio dell’UE la questione bilaterale tra i due Paesi è diventata una condizione per qualsiasi progresso della Macedonia del Nord nel suo processo di adesione.

Di chi è la responsabilità principale dello stallo?

A giudicare dai risultati di diverse elezioni a livello nazionale e locale, l’atteggiamento del governo a Skopje in questo momento riflette la profonda delusione provata dai cittadini macedoni nei confronti del processo di adesione all’UE.

È vero che si tratta di un governo nazionalista di destra, che ha contribuito al deterioramento delle relazioni tra le principali minoranze etniche. Tuttavia, sulla questione delle modifiche costituzionali gran parte della popolazione supporta la posizione del governo.

Da parte dell’UE non si può tornare indietro, perché si tratta di una decisione del Consiglio. Credo che solo se Albania e Montenegro diventassero davvero membri dell’UE, un nuovo dinamismo potrebbe contribuire a sbloccare la situazione. Ma per ora non è il caso.

Di fatto a Bruxelles si è deciso di importare una disputa storica e identitaria in un processo negoziale che dovrebbe concentrarsi sul rafforzamento delle riforme democratiche ed economiche. Considerato il fatto che le questioni bilaterali non riguardano solo macedoni e bulgari, dobbiamo chiederci se è una decisione corretta.

Non a caso le stesse istituzioni dell’UE stanno prendendo in considerazione la possibilità di rimuovere le controversie bilaterali dal processo di adesione e sottoporle a un meccanismo di arbitrato che non ostacoli i progressi degli altri Paesi.

Esistono prospettive realistiche di progressi nel prossimo futuro?

Non credo che il governo macedone farà alcuna concessione sulla questione specifica delle modifiche costituzionali. Tuttavia, l’orientamento di Skopje rimane fortemente europeista e transatlantico.

Se leggiamo la relazione della Macedonia del Nord contenuta nel Pacchetto Allargamento 2025 della Commissione europea, importanti progressi sono stati compiuti sul fronte economico e nel settore della Politica estera e di sicurezza comune (PESC).

Per sperare in progressi nel breve termine, va poi evidenziata la necessità che il processo di adesione non sia limitato alle sole istituzioni, ma che offra benefici più tangibili a cittadini, organizzazioni della società civile e imprese, per rivitalizzare il processo. Più scambi interpersonali ci saranno, più si potrà stimolare un cambiamento dal basso verso l’alto.

Che conseguenze ha questa situazione controversa sulla credibilità dell’UE tra i cittadini macedoni?

Lo scetticismo tra i cittadini macedoni nei confronti dell’Unione europea era già presente. Tuttavia, prima del 2022, le cause erano diverse da quelle che vediamo ora.

Prima della guerra in Ucraina e le sue conseguenze sull’allargamento dell’UE pochi davvero credevano che i Balcani occidentali avrebbero potuto aderire all’Unione in tempi brevi, mentre oggi la situazione è diversa e c’è un chiaro slancio politico, come emerge dall’ultimo Pacchetto Allargamento.

Se candidati come la Macedonia del Nord oggi sono scettici, è perché si trovano in una posizione in cui a Bruxelles ci si aspetta ancora che soddisfino nuove richieste, nonostante lo abbiano già fatto ripetutamente in passato, soprattutto in un momento in cui l’adesione all’UE era vista in modo binario: o si era membri a pieno titolo o non si era membri in alcun modo.

In questo momento, con un approccio più sfumato sull’allargamento anche a Bruxelles, per Skopje potrebbe essere possibile perseguire forme di integrazione graduale anche senza adottare gli emendamenti costituzionali.

Questo tipo di processo potrebbe contribuire ad attenuare lo scetticismo, consentendo ai Paesi candidati di godere di alcuni vantaggi dell’UE anche durante le fasi intermedie dei negoziati.

Se i vantaggi tangibili dell’essere membri dell’UE entrassero nella vita quotidiana dei cittadini macedoni, penso che questo fattore potrebbe favorire un atteggiamento più positivo nei confronti dell’adesione.

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