I contrasti di Bucarest al mercato di Piazza Obor
La capitale romena è una metropoli caratterizzata dai forti contrasti. Il mercato di piazza Obor, cuore pulsante di Bucarest, è quel luogo particolare che li raccoglie e li stempera tutti

Bucharest,,Romania,-,August,4,,2022:,Shallow,Depth,Of,Field
Mercato di piazza Obor, Bucarest, Romania © Mircea Moira/Shutterstock
Capitale della Romania, Bucarest conta oggi circa 1,8 milioni di abitanti (oltre 2,2 milioni considerando l’area metropolitana) e si estende su una superficie di 285 chilometri quadrati. Fondata nel XV secolo e diventata capitale nel 1862, Bucarest ha vissuto epoche di gloria e distruzione: dal fascino architettonico del suo soprannome “la piccola Parigi dell’Est” agli anni cupi del regime di Ceaușescu, che ne hanno cambiato il volto urbano.
Oggi è una metropoli in continua trasformazione, dove i palazzi del periodo comunista convivono con grattacieli di vetro e boulevard eleganti. Negli ultimi anni ha conosciuto una crescita costante del turismo per via della sua vita notturna vivace, i prezzi accessibili e quell’aria di contraddizione che la rende unica.
Ma è ancora Bucarest la città conveniente, accogliente, diversa?
Per certi versi sì — forse oggi ancora di più. È affascinante per come è cresciuta, e allo stesso tempo rimasta ancorata a un passato che sembra non curarsene più. È, per sé, la città dei ricchi e dei poveri, dei migranti e dei “terroni” alla ricerca di un lavoro, dei giovani ribelli e dei radical chic, degli artisti, dei nostalgici, dei vecchi amanti del comunismo.
Si dice: se vuoi conoscere un Paese, visita la sua capitale. Ma non sono solo il centro storico o i punti di attrazione. A raccontare una città sono le periferie, i quartieri dei lavoratori, le piazze, i piccoli negozi che a fatica sopravvivono al capitalismo e alla crescita dei centri commerciali. Questo vale soprattutto per i Paesi dell’Est Europa: ancora in crescita, sviluppati solo su carta, ma in realtà ancora attraversati da un lungo periodo di transizione.
I nuovi volti della città
La prima cosa che mi colpisce, tornando a Bucarest dopo parecchio tempo, è l’abbondanza di migranti. Un tempo era la città che vantava una forza locale di lavoro molto economica. Forse non è più così.
Mi sorprende quella strana combinazione di mendicanti per strada e la sensazione di povertà in certi quartieri non si concilia con il fatto che la Romania oggi debba importare manodopera. Eppure, a Bucarest, i migranti sono ovunque: puliscono le strade, lavorano nei supermercati, fanno i corrieri in moto o in bicicletta.
Intanto, sui marciapiedi, la gente locale stende ancora un tovagliolo per terra per vendere qualcosa: la propria vita in piccoli pezzi.
Certo, Bucarest si è sviluppata molto: grandi multinazionali e marchi internazionali sono presenti ovunque. Molti scelgono di viverci per la vita culturale vivace e le opportunità professionali. I ristoranti sono tantissimi, pieni di gente che può permettersi una vita di livello abbastanza alto.
Ma rimane una città in cui i contrasti creano fascino: passi dal lusso delle auto e dei giovani hip ai marciapiedi pieni di venditori; dalle strade curate a quelle con buche immense, dai parcheggi improvvisati ai locali più eleganti. A ogni passo trovi una farmacia, una banca, un supermercato e una pasticceria, il classico filo commerciale di ogni quartiere.
Obor, il cuore pulsante
Il punto dove tutto questo si incontra è il mercato — quello della frutta, della verdura e di tutto il resto. A Bucarest, la piazza più famosa è Piazza Obor. Lì si vedono ricchi, poveri, hipster, ambulanti, migranti, turisti.
Piazza Obor è una delle più antiche e simboliche di Bucarest. Le sue origini risalgono al XVII secolo, quando qui, nella parte nord-orientale della città, si tenevano i grandi mercati settimanali di bestiame e prodotti agricoli provenienti dai villaggi circostanti.
Il nome “Obor” significa proprio spazio aperto o campo comune, un luogo dove la gente si riuniva per commerciare, scambiare, chiacchierare. Nel corso dei secoli, la piazza è stata teatro di fiere popolari, esecuzioni pubbliche e manifestazioni politiche.
Durante il periodo comunista, il mercato è stato parzialmente coperto e riorganizzato in strutture moderne per l’epoca, diventando uno dei principali centri di distribuzione alimentare della capitale. Dopo la caduta del regime, nonostante la concorrenza dei nuovi ipermercati, Obor ha continuato a vivere, trasformandosi in un luogo che conserva l’anima autentica di Bucarest.
C’è come una necessità di andare al mercato: toccare la frutta, parlare con il venditore, contrattare il prezzo. A Obor trovi davvero di tutto: frutta e verdura, formaggi freschi, la hala del pesce, quella della carne, attrezzi per la pesca e per il giardinaggio, vestiti di ogni tipo.
C’è chi urla per attirare i clienti, chi ti sorride e ti fa uno sconto, chi ti regala un mazzetto di prezzemolo se prendi un chilo di pomodori. È come un tunnel che ti fa viaggiare tra passato e presente. E tutto questo nel fumo quasi micidiale dei mici — tipici involtini di carne romeni, simili ai ćevapčići serbi — accompagnato dalla musica romena dei vecchi tempi o dalle moderni manele che quasi ti fanno venir voglia di ballare.
Se riesci a sopportare la folla, questo posto mette davvero di buon umore. È nella sua semplicità che il mercato di Obor, con la terrazza dove si mangiano i mici, ha conquistato tutte le fasce sociali. È un luogo che non pretende di essere altro da ciò che è. È un posto dove la libertà si respira e si regala.
Una piazza come metafora
Non è un caso che intorno a una piazza si incontri tanta gente, tanta diversità. Da sempre, le città si sono costruite intorno alle piazze. E Piața Obor resiste da secoli, attraversando epoche, ricostruzioni, riorganizzazioni.
Con il tempo la piazza segue la moda: qui trovi una piccola India, un piccolo Pakistan, il negozio cinese, la libreria-parruccheria aperta da un giovane editore, il bar “Obor Amor” che va molto di moda, il ristorante che serve piatti tradizionali in un ambiente nostalgico del comunismo.
C’è davvero di tutto: il tipo elegante con la camicia bianca che fa la fila per i mici, la zingara che vuole leggerti il futuro, gli anziani che ai supermercati non ci vogliono andare, e i giovani che trovano tutto questo tremendamente hip.
In evidenza
- Partecipa al sondaggio
- Patrimonio culturale











