Garganide, un’altra pedalata d’autunno
Prima puntata di un ciclo di quattro racconti attraverso il Gargano. Un diario di viaggio in bicicletta sulle tracce e sulle immagini di eroi e dee, sante e santi, di ieri e di oggi. In questo primo episodio, il tratto da San Severo a Lesina

Lesina, il ponte di legno sul lago verso l’isola di San Clemente © Francesca Sciarra / Shutterstock
Lesina, il ponte di legno sul lago verso l'isola di San Clemente © Francesca Sciarra / Shutterstock
Se il viaggio in treno ha sempre qualcosa di ottocentesco, quando si sale in carrozza in compagnia di un ferreo corsier, allora il viaggio a ritroso nel tempo si compie definitivamente. O forse è un viaggio in avanti nel tempo? Un tempo futuro senz’auto che intossicano l’aria (anche se elettriche!), intasano le strade, occupano le piazze. Un tempo futuro in cui l’aria tornerà ad essere respirabile, la strada dei pedoni o dei pedalatori, la piazza dei vecchi o dei bambini. Strade dove non ci sarà più il rischio di venire travolti o, bene che vada, maledetti da automobilisti isterici e aggressivi. Piazze dove ci saranno cartelli in cui si leggerà “Obbligatorio giocare a pallone”, dove non ci si sentirà più in un desolato parcheggio.
Ma per fortuna in Italia il tempo del viaggio in treno con bici al seguito è già realtà, felice realtà malgrado qualche difficoltà. Realtà a breve raggio, con gli amati treni regionali, e a lungo raggio con i rinnovati treni intercity, dove da qualche anno si può caricare la bici, previa prenotazione e costo di 3,50 euro; in attesa fremente che lo si possa fare anche sulle frecce, senza doverle impacchettare. Oggi quindi, anche con pochi giorni a disposizione, possiamo viaggiare da una città all’altra, per pedalare poi da un paese a un borgo, da un monte a una collina, da un fiume a un mare. Così quattro o cinque giorni diventano sufficienti per pedalare in lungo e in largo per il Gargano, per percorrere duecento o trecento chilometri su strade costiere splendide, fuori stagione, e su sentieri campestri altrettanto belli, sempre.
San Severo – Lesina
Questa volta, venendo da nord in treno, scendo alla stazione di San Severo in un tardo pomeriggio d’ottobre. Sole pallido, arie tiepide. Stazione semideserta, foglie gialle. Ho meno di due ore di luce per andare a Lesina, città bianca che ho già visto dal finestrino del treno, quando i binari lasciano la costa, attraversano il fiume Fortore e salgono sul Tavoliere delle Puglie. Lesina vista dal finestrino del treno è ancora “un borgo su una penisoletta della sponda sud del lago omonimo”, si legge su una vecchia guida del Touring del 1926, sempre utilissima per scoprire un’Italia originale, non stereotipata nel bailamme del web.
La bici è una gioia che impone però le sue regole e una di quelle fondamentali riguarda la luce e il buio, da evitare proprio per le pericolosità automobilistiche. Non posso perciò visitare San Severo che, avevo letto, era città di viandanti sulla Via Francigena che qui, in una delle sue tante diramazioni, prende il nome di Via Micaelica, perché va dal Santuario di San Michele a Roma. Proseguendo, almeno idealmente, fino all’estremo settentrione francese, fino all’isola di Saint Michel. Ma stasera di San Severo vedo solo la periferia, mettendo subito la ruota in direzione nord.
Interessante la SP 35, perché poco trafficata e perché s’incomincia a prendere confidenza con il paesaggio agricolo della Capitanata che anche oggi, malgrado mille difficoltà anche gravissime legate al caporalato, è uno dei più produttivi d’Italia. Viti, ulivi, verdure, e soprattutto cavoli. Di ogni tipo e di mille sfumature di verdazzurro che regala la sensazione di pedalare in un mare prolifico e gustoso. Un mare su cui svettano ciclopiche torri eoliche, da cui si alzano in lontananza le bianche falesie delle cave di Apricena.

Sulla strada per Lesina © Fabio Fiori
Attenti al cane!
Con il buio che avanza rapido e non avendo colpevolmente studiato bene il percorso, anziché tagliare per vie traverse in direzione di Poggio Imperiale, prendo la SS 16 che per noi adriatici è strada sacra, anche se trafficata e vilipesa. Sfrecciano come razzi le auto e al pedalatore serale, non resta che sfiorare il ciglio della strada e pregare i propri santi protettori, se ne ha. Ma i pericoli stradali non sono solo automobilistici, perché uscito dalla SS 16 e presa la SP 35, vengo aggredito per ben due volte in pochi chilometri da cani che escono da cancelli lasciati aperti. Se i primi, quattro o cinque di piccola-media taglia, mi fanno solo prendere paura, il secondo, un maremmano bianco, rischia di farmi cadere ma, per fortuna, non mi azzanna.
“Ben arrivato!” mi dice il barista-ciclista di Lesina, quando, ancora scosso, gli racconto l’accaduto. Lì sono arrivato con il buio e ad aspettarmi c’era l’amico Gianfranco, instancabile e paziente mediatore tra istanze ambientali e sociali, tra urgenze ecologiche ed economiche. Sia lui che il barista mi confermano che i cani sono un grosso problema per chi va in bici o a piedi, da quelle parti. Ognuno ha il suo modo di difendersi, tutti sono preoccupati, qualcuno è stato morso e ha maledetto le maniere barbare di tenere gli animali, abbandonando a malincuore il progetto di pedalare o camminare tra Capitanata e Gargano. A riguardo, nei giorni successivi, mi appunto che suggerisco al futuro presidente della regione, perché qui siamo in piena campagna elettorale, di far controllare i cani guardiani e di far pulire i margini stradali, come prime concrete azioni di civismo e ambientalismo, ma anche per incentivare l’economia del turismo escursionistico.
Prima di addormentarmi mi metto in cammino con Herman Hesse e i suoi sodali, affiliati alla Lega, partiti in una “epoca torbida, disperata, eppur tanto feconda, che seguì la grande guerra”. Loro vanno in compagnia camminando attraverso il Mare lunare, io vado in solitario pedalando attraverso un Promontorio lunare. Anch’io, almeno per qualche giorno rinuncerò a “tutte le banali risorse del moderno turismo, a ferrovie e piroscafi, telegrafo e automobili, aeroplano e così via. Anch’io proverò a penetrare “in una zona eroica e magica”.
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