Allargamento UE, la sfida delle risorse finanziarie
La proposta della Commissione europea per il bilancio dell’UE 2028-2034 stanzia maggiori finanziamenti per i Paesi candidati, ma non è detto che bastino. Queste risorse peraltro rientrano in un fondo più ampio che potrebbe perseguire altre priorità in futuro

Conferenza stampa di presentazione dello strumento Global Europe coi commissari Síkela, Šuica and Kos (EC Audiovisual Service – © European Union, 2025)
Con il tanto atteso ritorno del processo di allargamento in cima all’agenda europea, le istituzioni dell’UE si trovano ora ad affrontare una delle sfide più ambiziose degli ultimi decenni. Non solo portare a buon fine i negoziati per l’adesione dei Balcani occidentali, dell’Ucraina e della Moldova – ma anche trovare buone soluzioni per garantire il funzionamento dell’UE allargata e assicurare un sostegno finanziario adeguato ai futuri Stati membri. Insieme a tutte le altre priorità urgenti a medio e lungo termine.
Al di là degli sforzi politici, l’allargamento comporta implicazioni economiche molto concrete che devono ora essere attentamente valutate, tenendo presenti le risorse attivabili e le altre priorità che si è data l’UE. Il punto di partenza è la proposta per il prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP), il bilancio a lungo termine dell’UE che copre il periodo 2028-2034, presentata recentemente dalla Commissione europea.
Il prossimo bilancio dell’UE
Nel prossimo bilancio dell’UE – dal valore di quasi duemila miliardi di euro, secondo la proposta della Commissione – l’allargamento dovrebbe ricadere all’interno del pilastro “Global Europe”, dedicato specificamente all’azione esterna e dotato di 215 miliardi di euro complessivi.
Quasi l’intera somma – 200 miliardi di euro, più del doppio dei fondi disponibili nell’ambito dell’attuale bilancio pluriennale 2021-2027 – dovrebbe essere convogliata attraverso un omonimo fondo “Global Europe”, che dovrebbe potenziare e riunire sotto un unico tetto diversi meccanismi già esistenti. Tra questi figurano lo Strumento per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione internazionale, lo Strumento di assistenza pre-adesione (IPA III), lo Strumento per l’Ucraina e gli strumenti per i piani di crescita dei Paesi dei Balcani occidentali e della Moldova.
Il nuovo fondo “Global Europe” dovrebbe sostenere un’ampia gamma di politiche di azione esterna dell’UE, compreso l’allargamento. Sarà organizzato attorno a cinque pilastri geografici, di cui uno dedicato ai Paesi dell’“Allargamento e vicinato orientale”, dotato di 43 miliardi di euro. Questo pilastro dovrà coprire non solo tutti gli attuali Paesi candidati e potenziali candidati, ma anche i partner del vicinato orientale (Armenia e Azerbaijan), le organizzazioni della società civile e i media indipendenti in Russia e Bielorussia e pure Paesi dell’Europa occidentale.
Unendo tutti gli attuali flussi di finanziamento in un unico strumento, la Commissione europea punta ad adottare anche nelle sue relazioni esterne un meccanismo simile ai Piani di partenariato nazionali e regionali previsti per gli Stati membri, costruiti sul modello dei Piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) introdotti dopo la pandemia da Covid-19. Questo sistema lega l’erogazione dei fondi all’implementazione di una serie di riforme concordate, che nel caso dei paesi candidati dovranno accompagnarsi a “strutture e sistemi di controllo da istituire in preparazione all’adesione, anche nel contesto della gestione dei fondi strutturali, agricoli e di cooperazione transfrontaliera”, spiega la Commissione.
Per rispondere a un potenziale allargamento dell’Unione nel corso del settennato 2028-2034, la proposta per il prossimo bilancio pluriennale dell’UE include anche una clausola di revisione specifica. In caso di adesione di nuovi membri all’UE, il bilancio “sarà rivisto di conseguenza”. Non è da escludere la necessità di negoziati “a seconda delle dimensioni del Paese” per affrontare sia “l’introduzione graduale dei contributi” dei nuovi membri sia altre questioni specifiche, tra cui “i pagamenti della politica agricola e di coesione”, ha precisato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Alcuni Paesi membri sono preoccupati, in particolare, dal potenziale impatto finanziario che l’adesione dell’Ucraina potrebbe avere in questi ambiti.
Il caso dell’Ucraina
Anche indipendentemente dalle spese necessarie per la ricostruzione, l’Ucraina potrebbe diventare il primo paese più esteso dell’UE e il quinto Paese più popoloso. È anche per questo che l’Ucraina presenta la sfida più complessa per l’allargamento dell’UE dal punto di vista finanziario. “Data l’entità e l’imprevedibilità delle esigenze di ricostruzione e preadesione”, l’assistenza a Kyiv sarà finanziata al di fuori del bilancio ordinario dell’UE, ma in ogni caso sarà attuata attraverso lo strumento Global Europe, specifica il Regolamento che disciplina l’azione esterna.
La dotazione proposta dalla Commissione europea per l’assistenza a Kyiv è pari a 100 miliardi di euro ed è pensata per garantire la continuità con l’attuale Strumento per l’Ucraina e rispondere a esigenze a breve, medio e lungo termine così da integrare il percorso di adesione del Paese con le sue priorità di ricostruzione post-bellica. Secondo la Commissione, questo approccio dovrebbe assicurare “un equilibrio tra la fornitura di un sostegno credibile all’Ucraina in un contesto incerto e la tutela della capacità dello strumento [Global Europe] di rispondere alle esigenze e alle priorità in altre aree geografiche”.
Analizzando il testo della Commissione, è evidente che il prossimo bilancio dell’Unione cerca di mitigare il rischio di potenziali veti o stalli prolungati collocando i fondi per l’Ucraina al di fuori del quadro del bilancio ordinario dell’UE, ma integrandoli allo stesso tempo nello strumento Global Europe. In questo modo le decisioni sugli esborsi non richiederanno ogni volta l’approvazione formale del Consiglio dell’UE, ma potranno essere gestite direttamente dalla Commissione.
Tra flessibilità e condizionalità
La proposta della Commissione europea di unire tutti i finanziamenti per l’azione esterna dell’UE in un unico strumento segna una rottura con il passato. La logica è chiara: semplificare e prevedere un meccanismo più flessibile, così da poter rispondere meglio a un contesto marcato da un susseguirsi di crisi.
In questo modo però l’allargamento – che fino a ora era dotato di un proprio strumento finanziario specifico – diventerà una tra tante diverse priorità in concorrenza tra loro. I fondi dell’UE finora riservati alla preparazione dei candidati all’adesione potrebbero così facilmente finire per essere reindirizzati altrove.
Per di più, considerata la richiesta di Bruxelles di attuare programmi di riforma a lungo termine, i governi dei Paesi candidati hanno parallelamente bisogno di garanzie sul ricevimento di un sostegno finanziario a lungo termine dall’UE. Se non può più contare su finanziamenti stabili e prevedibili, la credibilità stessa del processo di allargamento rischia di essere compromessa.
I 43 miliardi di euro previsti per il pilastro “Allargamento e vicinato orientale” del fondo Global Europe per il periodo 2028-2034 sono relativamente modesti, considerata l’entità delle sfide da affrontare. Sebbene lo stanziamento previsto rappresenti un aumento significativo rispetto ai 14 miliardi previsti dallo strumento di pre-adesione IPA III per il settennato 2021-2027, le nuove risorse dovranno coprire un numero di Paesi più ampio.
Negoziati in vista
Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE si stanno preparando per i negoziati sulla proposta per il nuovo bilancio pluriennale presentata dalla Commissione europea.
La proposta ha già creato grossi scossoni al Parlamento, ma più per quanto riguarda i Piani di partenariato nazionali e regionali che per gli altri punti. Per quanto riguarda il Consiglio, la presidenza di turno danese ha avviato le prime riunioni sui principi orizzontali dell’intera proposta del nuovo bilancio pluriennale, mentre per il 16 dicembre è prevista la discussione specifica su Global Europe al Consiglio Affari Generali (che riunisce i 27 ministri per gli affari europei).
Secondo quanto si apprende a Copenaghen, la presidenza danese è al lavoro per imbastire un primo pacchetto negoziale che elenchi tutte le opzioni politiche disponibili sul tavolo. In altre parole, a questo stadio non si entra nei dettagli di quanti finanziamenti prevedere per le diverse aree del mondo, ma ci si limita a delineare le direzioni verso cui si può andare. Il documento sarà discusso il 18 dicembre al prossimo Consiglio europeo. Da gennaio 2026 sarà poi Cipro ad assumere la presidenza di turno semestrale del Consiglio dell’UE.
Questo articolo è stato prodotto in collaborazione con la testata danese Føljeton nell'ambito di PULSE, un'iniziativa europea coordinata da OBCT che sostiene le collaborazioni giornalistiche transnazionali.
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