Albania: attivisti citati in giudizio per aver protestato contro i danni ambientali

Costruire centrali idroelettriche nel Parco nazionale albanese di Zall-Gjoçaj. È questo che gli attivisti locali cercano di impedire da ben sei anni, tuttavia devono fare i conti con le cause di diffamazione intentate dalla società “Seka Hydropower”, vere e proprie SLAPP

15/12/2025, Erisa Kryeziu Tirana
Durante le proteste in Albania - Foto E. Kryeziu

Durante le proteste in Albania – Foto E. Kryeziu

Durante le proteste in Albania - Foto E. Kryeziu

Dopo una battaglia lunga sei anni per proteggere il Parco nazionale di Zall-Gjoçaj, gli attivisti locali ora si trovano ad affrontare un’altra sfida: una causa intentata dalla società “Seka Hydropower”, che li accusa di “insulti” e “diffamazione”. Gli attivisti sostengono che la causa sia una forma di pressione e intimidazione, insistendo sul fatto che tutto ciò che hanno dichiarato riflette la verità di una comunità devastata.

Da querelanti a imputati

L’ultima settimana di novembre, Adem Xhokola, Dhimitër Koleci e Jorgji Locaj si sono presentati davanti al tribunale di Lezha reggendo uno striscione con la scritta: “La libertà di parola non è un crimine!”.

In tribunale li ha portati una causa per diffamazione intentata contro di loro da “Seka Hydropower”, la società che ha costruito centrali idroelettriche sui fiumi che attraversano i due villaggi, il Flim e l’Urakë.

La società concessionaria ha presentato come prova materiale mediatico, in cui i residenti di Lufaj (Mirdita) e Gjoçaj (Mat) denunciavano il prosciugamento dell’area dovuto alla deviazione delle acque per la costruzione delle centrali idroelettriche.

“Quando è arrivata la citazione del tribunale, ho pensato che la nostra causa, quella che avevamo presentato alla Procura, stesse finalmente procedendo. Non l’ho nemmeno guardata. Dopo 10 giorni ho capito che in realtà era per rispondere alla società”, racconta Dhimitër Koleci, che si aspettava che la citazione fosse relativa alla denuncia presentata dai residenti contro “Seka Hydropower” in merito alla costruzione delle centrali idroelettriche.

Solo in seguito si è reso conto di essere lui ad essere citato in giudizio. “L’azienda ha fatto causa a tre attivisti per danno d’immagine e diffamazione, ma dimentica di essere citata in giudizio da cinque anni. Noi abbiamo detto solo la verità. Per cinque anni non è stato fatto nulla, non siamo mai stati chiamati a chiarire la situazione. Sono stati arrecati danni irreversibili all’area”, spiega Koleci.

Anche Adem Xhokola, che dal 2018 protesta su strade, piazze e montagne contro la costruzione di queste centrali idroelettriche, ritiene che la causa non sia altro che una forma di pressione volta a metterli a tacere.

“Non abbiamo diffamato né insultato nessuno. Abbiamo rivendicato i nostri diritti perché hanno violato tutte le leggi. Hanno ignorato ogni regola. Questa è un’area protetta, un parco nazionale. Abbiamo lottato per anni per proteggerla, perché siamo i residenti che sono nati, cresciuti e vivono lì”, racconta Xhokola.

Le centrali idroelettriche sono già state costruite, ma la battaglia legale continua.

“Ho lottato per proteggere questo luogo e continuerò a lottare fino alla fine per la mia terra, per la verità e la giustizia”, aggiunge.

La causa si basa sulle dichiarazioni dei residenti durante una protesta del luglio 2025 nel villaggio di Lufaj (comune di Mirdita), dove gli abitanti si erano radunati vicino alla centrale idroelettrica per denunciare la mancanza d’acqua e la devastazione della zona.

Durante la protesta del 24 luglio, Jorgji Locaj ha riempito il bagagliaio di acqua in bottiglia e l’ha distribuita ai manifestanti in piedi nella calura estiva.

“Né il tribunale né altro ci spaventa. Siamo sempre dalla parte della verità. Nessuno può toglierci il diritto di parlare. Solo Dio potrebbe farlo”, dichiara Locaj fuori dal tribunale.

Locaj aggiunge che tutto ciò che è stato detto durante la protesta era basato sui fatti: alberi secchi, rubinetti vuoti, tutto verificabile.

“Chiediamo alle istituzioni giudiziarie di agire e prendere provvedimenti. Non stiamo diffamando nessuno. Sono loro a diffamarci. Chiediamo solo giustizia”, conclude.

Anche altri residenti e attivisti si sono uniti in sostegno delle proteste.

Përparim Ukaj di Lufaj dichiara che quanto accaduto nel suo villaggio è un “massacro”.

“Niente strada, niente acqua, niente. Gli alberi sono secchi, tutto è sparito, è un deserto. Non è rimasta una sola casa”, racconta Ukaj.

“Seka Hydropower” è stata fondata nel 2013 come joint venture tra “Gener 2” e “Hydro-Project”. Secondo la causa, dopo il ritiro di “Gener 2”, “Hydro-Project” è diventata l’unica proprietaria della concessione con il 100% delle azioni. Hydro-Project è posseduta al 90% dalla società italiana IDROP e al 10% da Bardhyl Muçeku, professore di geologia.

Zall-Gjoçaj si è fusa con Lura nel 2018 per creare il più grande parco nazionale albanese, “Lurë-Mali i Dejës”. Nello stesso anno, la società ha ottenuto l’autorizzazione per costruire due centrali idroelettriche, una delle quali nel cuore del parco nazionale.

Ai sensi della legge n. 81/2017, nelle aree del Parco nazionale (Categoria II) è vietata la costruzione di impianti di produzione di energia come le centrali idroelettriche.

Nel gennaio 2022, in seguito ad una revisione delle aree protette, il territorio in cui è costruita la diga di Zall-Gjoçaj è stato rimosso dal Parco nazionale “Lurë-Mali i Dejës” e non è più protetto.

Secondo Dhimitër Koleci, la società sta facendo la vittima e sta cercando di intimidire gli attivisti affinché smettano di parlare, protestare e presentare nuove denunce.

Eppure, sottolinea, le proteste non sono reati, ma un diritto.

“Costruire in un parco nazionale, gettare cemento quando è ancora un parco nazionale, è un reato. Deviare due fiumi, non è un reato? Distruggere i canali d’irrigazione, il mulino del villaggio, danneggiare il cimitero con gli esplosivi, non è un reato?”, fa notare Koleci.

Quella del 26 novembre a Lezha doveva essere un’udienza di mediazione, ma non è riuscita a conciliare le parti. Il caso andrà ora a processo, con la prima udienza fissata per il 15 dicembre 2025.

L’azienda sostiene che le dichiarazioni dei residenti durante la protesta abbiano danneggiato la sua immagine. Se ritenuti colpevoli, i residenti rischiano multe da 50.000 a 3.000.000 di lek (da 500 euro circa a 31 mila euro circa).

SLAPP per mettere a tacere i residenti

Le SLAPP sono cause strategiche contro la partecipazione pubblica, volte a mettere a tacere le critiche attraverso intimidazioni e pressioni finanziarie. L’Unione europea ha approvato un nuovo regolamento contro le SLAPP, definendole abusive.

Secondo Diana Malaj, avvocata e fondatrice del gruppo ATA, noto per l’attivismo ambientale e per il sostegno ai residenti di Zall-Gjoçaj nei procedimenti legali, si tratta certamente di SLAPP.

“Le argomentazioni non sono fondate. I querelanti chiedono sanzioni penali per gli attivisti le cui ‘parole più dure’ sono state termini come ‘massacro ambientale’ o sottolineare il fatto che non hanno acqua e che l’area si è prosciugata”, spiega Malaj.

Aggiunge che le sanzioni richieste sono sproporzionate e che le multe rappresenterebbero un pesante onere per i residenti che vivono principalmente di agricoltura e allevamento.

“L’obiettivo della causa è trascinare gli attivisti in processi lunghi, estenuanti e costosi. Prende di mira i singoli individui, non le organizzazioni che li sostengono, colpendo i tre attivisti più coinvolti nella questione Zall-Gjoçaj e Lufaj”, osserva Malaj.

Tali cause, spiega, mirano a demoralizzare gli attivisti.

“In altri casi, ad esempio nell’attivismo ambientale nell’Italia meridionale, i processi sono stati vissuti come tentativi di ‘dare una lezione’ agli attivisti, usati come misure punitive e intimidatorie”, spiega.

La legislazione albanese non affronta ancora esplicitamente le cause SLAPP.

“Questo caso potrebbe creare un precedente che spinge per cambiamenti legislativi”, sostiene Malaj.

Secondo lei, gli studi indicano che l’Albania ha pianificato diverse misure per quanto riguarda le SLAPP fino al 2027.

“Analisi del quadro giuridico e delle pratiche istituzionali relative alle SLAPP; adozione di modifiche legislative anti-SLAPP entro l’estate del 2027; pieno recepimento della Direttiva e Raccomandazione UE anti-SLAPP nell’ordinamento albanese”.

Ciò nonostante, la legislazione albanese offre garanzie costituzionali per la libertà di parola e il diritto di protesta.

Cause giudiziarie in corso

La comunità di Zall-Gjoçaj si oppone ai progetti idroelettrici dal 2018. È ancora coinvolta in procedimenti legali, il più recente dei quali presso la Corte amministrativa d’appello di Tirana, che il 28 ottobre ha confermato la decisione del tribunale di grado inferiore che autorizzava la costruzione delle centrali idroelettriche “Sekë” e “Zajz”, respingendo le richieste dei residenti di annullare il contratto.

Il procedimento di appello è iniziato a settembre 2024, mentre il ricorso era stato presentato quattro anni prima.

I residenti, che avevano visto la riapertura del caso come una speranza di giustizia, sono rimasti delusi dalla decisione finale: ora intendono portare la questione alla Corte suprema.

Tag: SLAPP

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