Presidente e premier sloveni

Premier contro Presidente. Continua lo scontro istituzionale in Slovenia. Con i servizi segreti tirati sempre più in mezzo. E intanto scende nei sondaggi il supporto degli sloveni - sino a poco tempo fa molto ampio - alla compagine governativa

29/05/2007 -  Franco Juri

Lo scontro istituzionale in Slovenia s'inasprisce ulteriormente dopo che il governo ha resi pubblici documenti, dati, cifre e nomi che proverebbero alcune attività illegali della Sova (i servizi di sicurezza) all'epoca dei precedenti governi guidati dall'attuale presidente Janez Drnovšek e dai liberal-democratici.

Nella polemica fa ora sentire la sua voce anche l'ex presidente Milan Kučan che da una commemorazione antifascista nell'Istria slovena rimprovera a Janša "irresponsabilità" nella gestione dello stato e delle indagini sui presunti illeciti dell'intelligence.

Janša ribatte: "Se chi è stato al vertice della piramide totalitaria mette le mani avanti, avrà certamente qualcosa da nascondere". La battuta è caustica: Kučan fu il presidente della Lega dei comunisti slovena al tempo delle riforme che portarono all'indipendenza e alla democrazia, ma venne eletto democraticamente a capo della repubblica successivamente per ben tre volte.

Ora a parlare è la bile di Janša sempre più preoccupato e inacidito dal drastico calo di popolarità del suo governo e del suo partito. Gli ultimi sondaggi danno al governo un appoggio del 39%, mentre l'SDS (il partito del premier) è stato vistosamente sorpassato dai socialdemocratici di Borut Pahor.

Lo scandalo Sova colpisce ulteriormente l'immagine del governo. E questi risponde con una radicalizzazione del suo operato, presentandolo all'opinione pubblica come una specie di scoop teso a far chiarezza sulle illegalità della Sova.
Le illegalità dell'intelligence
Dopo aver colpito il presidente Drnovšek con la "scoperta" che a pagare il biglietto aereo di un terapeuta indiano giunto a Lubiana da Francoforte per curarlo era stata, "illegalmente" l'agenzia di sicurezza, ora Lovro Šturm, ministro della Giustizia a capo della neocostituita commissione governativa di controllo della Sova, fa pubblicare un dossier che prova l'esistenza di fondi neri dell'intelligence e la creazione di una misteriosa impresa, la Webs (un investimento di circa 40 mila euro), intestata alla moglie di uno degli impiegati della Sova.

La legge slovena non consente a un'istituzione come la Sova di costituire delle imprese. Si tratta quindi di un'operazione illegale. Ma - avvertono subito esperti e giuristi - è una prassi comune a tutti i servizi segreti anche dei paesi occidentali. Si tratterebbe, secondo Andrej Anžič, massimo esperto sloveno di servizi segreti e docente alla facoltà di scienze della sicurezza, di imprese e società più o meno fittizie che l'intelligence (non solo slovena) usa per i travasi finanziari dai fondi più o meno "neri" soprattutto nella collaborazione tra i servizi segreti di paesi alleati.

E all'unisono gli esperti accusano il governo di mettere a nudo l'intelligence, come in un reality show da grande fratello, solo per poter colpire alcuni avversari politici scomodi. E di neutralizzarla.

Insomma il governo ha voluto provare, esibendo documenti, cifre, nomi di agenti segreti e conti "neri", che la Sova operava con metodi illegali. Ma il rischio, avvertono in molti, è ora ancor più grosso; lo smantellamento di fatto dell'agenzia di sicurezza e l'uso strumentale degli archivi "segreti", ormai non più tali in mano a Janša. Lo stesso premier qualche mese fa aveva avvertito minaccioso i deputati dell' opposizione: "Molti di voi arrossirebbero se saltassero fuori certi dossier dagli archivi della Sova". Secondo alcuni analisti Janez Janša avrebbe una strana fissazione nei confronti dei servizi segreti; a quelli "civili" preferirebbe quelli militari, in mano a gente a lui vicina e fidata.
Una cortina fumogena per altri scandali?
Non sono pochi però a pensare che il polverone alzato dal caso Sova sia anche una cortina fumogena per altri scandali al centro dei quali ci sarebbe il partito di Janša, l'SDS. Questi si è fortemente adoperato per la dissoluzione dell'agenzia di stato (ma indipendente dal governo) per la lotta alla corruzione guidata da Drago Kos un criminalista ed esperto legale, non iscritto a partiti, con fama di funzionario incorruttibile e particolarmente deciso. Nel tempo libero fa l'arbitro di calcio. Un Collina sloveno, ma solo per passione, senza compensi.

Il governo ha proposto una legge con la quale la lotta alla corruzione viene affidata ad una commissione parlamentare presieduta da un alto esponente dell'SDS e con un'ampia maggioranza governativa. Ma la corte costituzionale ha vanificato la proposta, salvando per ora la commissione Kos. E gli indizi di attività in odore di corruzione o abuso di potere sono tanti. Kos li segue, uno per uno, continuando a disturbare e irritare il governo.

Tra i casi più attuali c'è la vicenda che vede al centro Ivo Simič il direttore generale del DURS (l'Agenzia statale delle entrate). Simič oltre ad essere un alto funzionario del fisco, è pure proprietario di un ufficio privato di consulting fiscale (Simič & partners) e tra i suoi clienti figurano personalità di spicco del giro di Janša indagati per illeciti. Tra questi ci sono il sindaco di Capodistria Boris Popovič e Domen Zavrl uomo d'affari e alto esponente dell'SDS indiziato di evasione fiscale. Ma l'ispettore generale del DURS che ha inoltrato la denuncia a carico di Zavrl esibendo inconfutabili prove in merito, Đorđe Perić, è stato immediatamente sospeso dall'incarico da suo stesso direttore Simič. L'inchiesta contro Zavrl, cliente dalla Simič & partners e uomo di Janša non s'ha da fare! Ma Perić non si arrende e ricorre al tribunale che conferma la legittimità del suo operato e richiede il rientro a pieno titolo dell'ispettore generale. Ma non succede nulla; Simič continua indisturbato (con la protezione di Janša e del ministro delle Finanze Andrej Bajuk) a guidare l'Agenzia delle entrate e a dar consigli di come evitare il fisco ai furbetti legati al governo.

Il caso, in cui sono coinvolti vari nomi dell' elite politica al potere, è a dir poco scandaloso. Ma quando se ne inizia a parlare e a scrivere su Dnevnik e Mladina, ecco che scoppia lo scandalo Sova. Lo scontro diventa politico e persino ideologico e fa assomigliare ogni giorno di più la Slovenia all'Ucraina.


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