Il controllo della radio-televisione pubblica, le pressioni su Delo e su Dnevnik. La maggioranza di governo in Slovenia vuole decretare la fine del giornalismo indipendente

15/09/2005 -  Franco Juri

Domenica 25 settembre gli elettori sloveni saranno chiamati alle urne per decidere la sorte della nuova legge sulla radio-televisione slovena varata qualche mese fa dal governo Janša. I promotori della consultazione, che è potuta passare solo dopo che 30 deputati dell'opposizione liberale e socialdemocratica avevano firmato una nuova richiesta per salvare un'iniziativa popolare inficiata dalla maggioranza politica per una presunta formulazione incorretta del quesito referendario, sperano così di fermare in extremis una legge di chiara vocazione autoritaria.

La campagna per il referendum è in pieno svolgimento. Il governo difende a spada tratta la legge sostenendo la sua validità in quanto - secondo i suoi autori - renderebbe più trasparente ed efficace la gestione dell'ente, abbasserebbe i suoi costi e quindi il canone e migliorerebbe i programmi. Ma dall'altra sponda i promotori del referendum accusano la maggioranza politica di voler soprattutto imbrigliare l'informazione pubblica piegando e sottomettendo l'ente radiotelevisivo ad un suo controllo diretto. Infatti, secondo il modello di gestione voluto dal governo, ben 21 dei 29 membri del consiglio di programma saranno eletti dal parlamento, cioè dalla maggioranza politica. La compagine governativa eleggerà anche gran parte del comitato di controllo. Secondo i suoi critici la legge trasformerà l' ente radiotelevisivo sloveno da pubblico in statale, o peggio ancora, in governativo, avallando parametri di gestione ancor peggiori persino di quelli della altrettanto discutibile lottizzazione cui è sottoposta - ad esempio - la RAI.

La legge, oltre ad allarmare il giornalismo e parte della società civile slovena - quella più informata -, ha suscitato malcontento anche negli ambienti internazionali ed europei del settore. Dopo le critiche mosse alla legge dall'Associazione internazionale dei giornalisti, sono intervenuti preoccupati anche Karol Jabukowicz del Consiglio d'Europa e Werner Rumphorst primo consulente legale dell'EBU (l'Unione europea delle RTV pubbliche). Sulle pagine di »Mladina« non ha risparmiato bordate alla proposta del governo, che con la legge rischia di portare il modello radiotelevisivo sloveno, considerato attualmente tra i più avanzati e comunque meno politicizzati in Europa, indietro nella storia.

Rumphorst non usa mezzi termini: l'intenzione del governo è chiara; controllare l'ente politicamente e zittire il giornalismo non compiacente. Forti preoccupazioni in questo senso sono state espresse anche dall'ombudsman (il difensore civico) Matjaž Hanžek, già inviso alla maggioranza per le sue ferme posizioni in difesa dei diritti dei »cancellati« e delle minoranze etniche, religiose e sociali nonché delle coppie gay .

I timori non sono infondati, l'offensiva del governo contro i media indipendenti è in pieno corso già da qualche mese. A farne le spese è anche il principale quotidiano sloveno, il »Delo«. In questi giorni si sta consumando, nonostante le proteste dei giornalisti, la destituzione ordinata dall'alto del suo caporedattore responsabile Darijan Košir, da tempo considerato inopportuno dall'attuale governo in quanto non allineato con le posizioni ufficiali. A dare il via alla campagna contro il »Delo« fu il ministro degli esteri Dimitrij Rupel che avvertì testualmente: »la redazione del Delo rifletta se sia conveniente guerreggiare con chi ha vinto le elezioni!«. Facendo leva sul capitale »amico« che detiene una buona fetta delle azioni del »Delo« (l'industria birraia Pivovarna Laško, che ha appena ottenuto sottobanco una convenientissima vendita di azioni statali a prezzi stracciati e senza bandi pubblici), il governo ha imposto l'esautoramento di Košir e la nomina di un caporedattore più morbido, Jani Virk, attualmente impiegato alla TV. Ma l'arroganza del governo non si ferma qui; cessati gli echi della scandalosa circolare firmata da Jernej Pavlin, il portavoce di Janez Janša, con cui ordinava ai colleghi di tutte le istituzioni statali e parastatali di non comunicare e non rispondere alle domande del settimanale "Mladina", lo stesso Pavlin ha accusato Košir di slealtà nei confronti del proprio paese per aver rilasciato un'intervista critica sul caso Delo al "Večerne Novisti" di Belgrado. Sotto il fuoco governativo si è trovato anche il "Dnevnik" di Lubiana accusato di fare il gioco della Croazia per non aver scritto con entusiasmo dell'idea di dichiarare una zona ecologica e una piattaforma epicontinentale slovena a ridosso delle acque territoriali croate lungo l'Istria. A denunciare le pressioni è stato lo stesso caporedattore del quotidiano lubianese Miran Lesjak in un fondo più che allarmato e allarmante.

Il clima si fa pesante, alla RTV, tra giornalisti e redattori, regna la paura dei licenziamenti politici nel caso la legge non dovesse essere bocciata al referendum. L'esito rimane per ora incerto. Gli schieramenti, stando ai sondaggi, sono per ora equiparati mentre più della metà degli elettori è ancora indecisa o non si interessa al tema in questione.


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