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In Serbia è in atto un tentativo di screditare la società civile. Gravi e pesanti attacchi sul conto di alcune organizzazioni non governative serbe sono giunti dai banchi del parlamento, in particolare dal capogruppo del Partito progressista serbo, Aleksandar Martinović

25/03/2021 -  Vukašin Obradović Belgrado

"Lavorano tutti allo stesso modo, portano i soldi fuori dalla Serbia, ricevono denaro dall’estero, ne spendono una parte qui, e i soldi che non riescono a spendere per automobili di lusso, appartamenti, vestiti, cellulari, finti progetti mai realizzati, li trasferiscono all’estero. Ve lo dico con certezza, i direttori di quelle organizzazioni non governative sono più ricchi di tutti noi messi insieme. Il popolo serbo deve saperlo. Non si tratta di organizzazioni non governative. Non mentiamoci, non parliamo la lingua degli uccelli, usiamo un chiaro linguaggio umano. In realtà si tratta di organizzazioni criminali. Non pagano le tasse in Serbia, non pagano alcuna imposta, i loro progetti sono tutt’altro che trasparenti".

Con queste parole Aleksandar Martinović, capogruppo dei deputati del Partito progressista serbo (SNS), ha descritto le attività delle organizzazioni della società civile di cui ultimamente si discute spesso al parlamento serbo.

Particolarmente bersagliato è il Centro per la ricerca, la trasparenza e la responsabilità (CRTA) , accusato dal deputato, tra l’altro, di essere coinvolto in un tentato colpo di stato e in un tentato omicidio del presidente serbo Aleksandar Vučić.

Nel corso di una seduta del parlamento serbo Aleksandar Martinović ha dichiarato che chiunque critichi il potere sarà “picchiato dentro un sacco”, per poi citare l’organizzazione CRTA, accusandola di aver partecipato ad un tentato colpo di stato e ad un tentato omicidio di Vučić.

Reagendo a queste affermazioni, CRTA ha emesso un comunicato stampa, invitando la procura ad ascoltare come testimoni Martinović e alcuni altri deputati e chiedere loro di chiarire e corroborare con prove le accuse rivolte all’organizzazione CRTA, che è stata esplicitamente accusata di essere “complice di una congiura contro l’ordine costituito”. Se la procura non dovesse reagire, si legge nel comunicato diffuso da CRTA, sarà chiaro che i deputati in questione, nascondendosi dietro all’immunità parlamentare, stanno bersagliando alcuni individui e organizzazioni con accuse irresponsabili e infondate.

Interpellato in merito alla decisione dell’organizzazione CRTA di sollecitare le autorità a indagare sulle accuse mosse nei suoi confronti, il direttore di CRTA Raša Nedeljkov ha dichiarato che alcuni deputati hanno accusato un’associazione di cittadini di reati gravissimi.

“O si tratta di accuse molto serie o di un caso di abuso del mandato parlamentare e del parlamento per perseguire i propri interessi politici”, ha dichiarato Nedeljkov aggiungendo: “Se dovesse essere dimostrato che nessuno di noi è stato coinvolto nella pianificazione del colpo di stato, mi aspetto che i deputati in questione rassegnino le dimissioni”.

In molti sono rimasti sorpresi e sconcertati dalle accuse avanzate dai deputati dell’SNS nei confronti dell’organizzazione CRTA e dell’intera società civile. Tuttavia, occorre ricordare che il potere ormai da tempo sta cercando di soffocare il settore non governativo. Le organizzazioni della società civile, insieme all’opposizione e ai media critici, ormai da anni sono considerate come il principale oppositore del regime.

Nel tentativo di ridurre l’influenza della società civile, il potere sta creando le cosiddette GONGO (organizzazioni non governative istituite dal governo) che stanno assumendo un ruolo sempre più importante nella creazione di una realtà parallela in Serbia. Si tratta di organizzazioni legate al governo che mirano ad occupare lo spazio riservato alle organizzazioni della società civile allo scopo di imporre l’agenda dello stato, cioè del governo.

Le GONGO non sono una novità né un fenomeno circoscritto alla Serbia. In molte repubbliche ex sovietiche i regimi repressivi hanno creato interi eserciti di troll che lavorano in varie “organizzazioni non governative del governo” allo scopo di soffocare le critiche sulle violazioni dei diritti umani.

Queste organizzazioni – come si legge in una ricerca realizzata dall’associazione Iniziativa civica di Belgrado – di solito nascono per due motivi: per fornire sostegno al governo e alle iniziative da esso promosse e per partecipare ai bandi per l’assegnazione dei fondi pubblici.

“Vincono i concorsi, ricevono soldi dai bilanci comunali, ma anche dai bilanci di vari ministeri. A breve probabilmente inizieranno a partecipare anche ai bandi europei. È sicuramente uno dei loro obiettivi. Quindi, si tratta di una realtà artificiosa, parallela che al momento rappresenta il più grande ostacolo allo sviluppo della società civile in Serbia”, ha affermato Dragan Popović del Centro per le politiche applicate.

Oltre a creare varie organizzazioni, la leadership al potere ha intrapreso anche altre azioni concrete con l’intento di criminalizzare la società civile. Recentemente la Direzione per la prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo in seno al ministero delle Finanze ha stilato una lista di 20 individui e 37 organizzazioni non governative chiedendo l’accesso ai loro dati bancari relativi al periodo successivo al 1° gennaio 2019. Fin qui nulla di strano, se non fosse per il fatto che la maggior parte delle organizzazioni inserite in quella lista ha una posizione critica nei confronti del governo.

Il controllo dei finanziamenti delle organizzazioni non governative è uno degli obblighi assunti dalla Serbia seguendo le raccomandazioni del Gruppo di azione finanziaria internazionale (FATF), il principale organismo internazionale per la prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo.

“Aderendo [al FATF] la Serbia si è impegnata ad attuare le raccomandazioni di questo organismo, ed è anche una delle condizioni per l’adesione della Serbia all’UE. Per questo è stata adottata tutta una serie di leggi anticorruzione, compresa la legge sulla prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo”, ha dichiarato Bojana Selaković dell’organizzazione Iniziativa civica.

Stando alle sue parole, occorre innanzitutto chiarire se nei confronti di tutti gli individui e le organizzazioni inclusi in quell’elenco sia stata avviata un’indagine.

“Se c’è un’indagine in corso, perché non ne siamo stati informati? Se invece non è stata avviata alcuna indagine, allora si tratta di un abuso della legge, cioè di un abuso di potere dal parte del direttore della Direzione per la prevenzione del riciclaggio di denaro”, ha affermato Selaković.

Zoran Gavrilović dell’Ufficio per la ricerca sociale (BIRODI) di Belgrado ha dichiarato che la lista della Direzione per la prevenzione del riciclaggio di denaro è stata stilata in base a criteri molto discutibili .

“In Serbia ci sono 30mila organizzazioni no profit. Chi ha effettuato la valutazione dei rischi e in basa a quali criteri? Utilizzando una tavola di numeri casuali o un elenco di istituzioni e organizzazioni scomode? Per intenderci, nessuno si oppone ai controlli, ci controllano costantemente. Il problema sta nel modo in cui è stata stilata la lista”, ha affermato Gavrilović.

Sembra che quell’elenco sia stato stilato con l’intento di far credere all’opinione pubblica serba che le organizzazioni della società civile operano in modo poco trasparente e di criminalizzarle allo scopo di screditare l’intera società civile.

Considerando le esternazioni di Aleksandar Martinović e di altri deputati dell’SNS in questa ottica, risulta chiaro che le loro affermazioni non sono altro che conseguenza di una strategia di lungo termine finalizzata a marginalizzare e distruggere le organizzazioni della società civile.

Finora la società civile è riuscita a resistere agli attacchi del regime, continuando a esprimere posizioni critiche che sempre più spesso raggiungono l’opinione pubblica serba e internazionale.

L’atteggiamento critico della società civile sta diventando un problema sempre più grande per la leadership al potere che sembra voler mettere a tacere ogni voce critica, sia che si tratti di media o di organizzazioni non governative.


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