La scorsa settimana il Tribunale dell'Aja ha emesso la prima sentenza contro i funzionari serbi accusati di crimini durante la guerra in Kosovo. Assoluzione per l'ex presidente serbo, condanne fino a 22 anni per gli altri cinque accusati. Le reazioni nel paese

02/03/2009 -  Danijela Nenadić Belgrado

Giovedì 26 febbraio il Tribunale dell'Aja ha emesso la sentenza di assoluzione per Milan Milutinović, ex presidente della Serbia. Milutinović è stato assolto da tutte le accuse per crimini contro l'umanità e dalle accuse di violazione delle leggi e delle usanze di guerra relative al conflitto in Kosovo del 1999. La corte non ha riscontrato alcuna prova sul fatto che Milutinović, benché fosse presidente della Serbia, avesse il controllo sull'esercito e sulla polizia, e nemmeno influenza sul Partito socialista della Serbia di cui era membro.

Allo stesso tempo, la corte ha dichiarato colpevoli gli altri cinque imputati, membri dei vertici dell'allora potere serbo. Per i crimini commessi nei confronti degli albanesi nel 1999 il Tribunale dell'Aja ha condannato a 22 anni di carcere l'allora vice premier Nikola Šainović. La stessa pena è stata inflitta all'ex comandante del Terzo corpo d'armata dell'Esercito jugoslavo, generale Nebojša Pavković e all'allora capo del ministero degli Interni per il Kosovo, generale Sreten Lukić. L'ex capo di Stato maggiore dell'Esercito jugoslavo Dragoljub Ojdanić è stato condannato a 15 anni di carcere, e la stessa pena è stata inflitta anche al suo collega, l'ex comandante del Corpo di Pristina e capo dello staff del Terzo corpo d'armata, generale Vladimir Lazarević.

Con queste sentenze il Tribunale dell'Aja ha confermato che Šainović, Pavković e Lukić hanno avuto un ruolo chiave nella "comune impresa criminale" volta a cacciare con la violenza centinaia di migliaia di civili albanesi nel periodo compreso tra marzo e giugno 1999. La sentenza ha confermato che l'obiettivo della messa in fuga dei civili era "la modificazione dell'equilibrio etnico a favore del mantenimento del controllo serbo" sul Kosovo. I tre generali suddetti sono stati dichiarati colpevoli di tutti i capi d'accusa: spostamento forzato della popolazione, deportazione, omicidio e cacciata dei civili albanesi. I generali dell'allora Esercito jugoslavo, Ojdanić e Lazarević sono stati condannati per aver collaborato nella realizzazione dei crimini. Per questi ultimi non è stata confermata l'intenzione di disperdere la popolazione albanese.

In Serbia la sentenza ha suscitato una grande attenzione, e la maggior parte dei commentatori ha posto in relazione la sentenza dei cinque funzionari politici, militari e di polizia con il procedimento che la Serbia sta conducendo davanti alla Corte di giustizia internazionale per l'esame della legalità della dichiarazione di indipendenza del Kosovo.

Secondo le dichiarazioni pubbliche, le pene sono inaspettatamente alte. Se l'assoluzione di Milutinović non ha suscitato molte reazioni, le sentenze per gli altri cinque serbi hanno innescato un acceso sentimento di insoddisfazione e ancora una volta hanno posto al centro dell'attenzione la tesi delle supposte ingiustizie nei confronti dei serbi all'Aja.

Tibor Varadi, professore di diritto internazionale ed uno dei rappresentanti della Serbia davanti alla Corte di giustizia internazionale nella contesa con la Bosnia Erzegovina, sostiene che le pene comminate ai cinque serbi non influenzeranno la decisione della Corte di giustizia internazionale. "La relazione tra quanto accaduto nel 1999 e la dichiarazione di indipendenza del Kosovo è piuttosto debole. Anche se questa sentenza dovesse essere confermata in secondo grado, la domanda è quanto quei fatti siano motivo sufficiente per proclamare l'indipendenza", afferma Varadi per il quotidiano "Politika".

Il ministro degli Esteri della Serbia, Vuk Jeremić, ritiene che la sentenza del Tribunale dell'Aja sia rivolta a individui e non alla Serbia in quanto stato, e aggiunge che essa non avrà alcuna conseguenza sulla decisione della Corte di giustizia internazionale. Jeremić ritiene positivo il fatto che Milutinović, l'unico eletto dai cittadini della Serbia per quella funzione, sia stato assolto da tutte le accuse.

Nella dichiarazione riportata dal quotidiano "Politika", Jeremić afferma di non vedere il perché "dieci anni dopo, in una Serbia molto diversa e completamente cambiata, orientata all'integrazione europea e al processo di riconciliazione, dovrebbe essere inflitta una condanna per qualsiasi peccato, che non è stato pagato nel momento in cui il regime di Slobodan Milošević fu sconfitto". Jeremić si è astenuto dal commentare il lavoro del Tribunale dell'Aja, tuttavia, ha precisato che "come cittadino non conosco nessuno che non sia profondamente sorpreso dal fatto che dal Tribunale dell'Aja gente come Ramush Haradinaj e Naser Orić escono liberi, sorridenti e vittoriosi, mentre a quasi tutti gli accusati serbi di fronte a suddetto tribunale succede quello che succede". La Serbia, ha concluso Jeremić, continuerà a collaborare con il tribunale fino al completo adempimento di tutti gli obblighi.

Il presidente del Consiglio nazionale per la collaborazione con il Tribunale dell'Aja, Rasim Ljajić, ha affermato che questa sentenza alimenterà i paragoni con l'assoluzione di Ramush Haradinaj e farà aumentare tra i cittadini l'opinione negativa nei confronti del Tribunale dell'Aja.

Tutti i condannati hanno fatto ricorso in appello. Mentre la procura del Tribunale dell'Aja ha avanzato ricorso per la sentenza di assoluzione di Milutinović.

Milan Milutinović silenziosamente è rientrato in Serbia, con un volo di linea da Amsterdam. All'aeroporto, oltre ai giornalisti e alle numerose equipe televisive, non c'era nessuno degli ex compagni di partito, e nemmeno c'erano i detrattori del Tribunale dell'Aja e altre cosiddette organizzazioni di destra.

Per come stanno le cose non è chiaro se gli sarà "perdonato" il ritorno da uomo libero dall'Aja. Nei corridoi si vocifera che Milutinović si sia accordato con i procuratori dell'Aja, che abbia collaborato e fornito informazioni che avrebbero influito sul corso del processo nei confronti degli altri accusati.

È stata anche annullata una sua conferenza stampa in programma all'aeroporto di Belgrado "Nikola Tesla". Si capirà solo nei prossimi giorni se sia stato consigliato a Milutinović di non esporsi troppo per non inquietare gli ex compagni e le famiglie dei condannati o se ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione, come ha precisato, per non peggiorare la sua posizione nel caso in cui la procura porti avanti il ricorso per la sentenza di assoluzione.

All'uscita dall'aereo, l'ex presidente serbo ha detto brevemente di essere contento di aver fatto ritorno in Serbia. Milutinović ha pregato i giornalisti di essere comprensivi, sostenendo che ha sentimenti confusi e che non può commentare la sentenza nei confronti degli altri funzionari serbi. "Non mi avventurerei in un commento, non ho nulla di intelligente da dirvi", ha precisato Milutinović.

Molto probabilmente Milutinović andrà in pensione. In merito all'evidente assenza di membri del SPS all'aeroporto, il presidente del Comitato esecutivo di questo partito, Branko Ružić, ha commentato che l'arrivo di Milutinović è una questione privata "che l'ex presidente vuol condividere con la sua famiglia". Ružić ha aggiunto anche che per Milutinović non c'è posto all'interno del partito. "Milutinović non potrà contare su una qualche funzione nel partito, avendo presente il suo impegno politico dopo il 5 ottobre 2000, e se si sente ancora membro del SPS, è meglio che lo chiediate a lui direttamente", ha detto Ružić alla radio B92.

Ricordiamo che l'SPS non ha mai perdonato a Milutinović, come dicono, la cedevolezza nei confronti dell'allora Opposizione democratica della Serbia (DOS) e l'indizione delle elezioni politiche anticipate del dicembre 2000, elezioni che significarono la fine del governo di Slobodan Milošević e del SPS.

Se non potrà contare sulla presenza all'interno del partito, Milutinović potrà comunque godere dei privilegi che, secondo la Legge sul Presidente, in qualità di ex presidente della Serbia, gli appartengono. Milutinović, nel caso lo volesse, può ottenere un passaporto diplomatico, la scorta, l'uso degli uffici dell'ex presidente, consiglieri e segretari per tanto tempo quanto è rimasto presidente della Serbia, nel suo caso quattro anni. Milutinović avrà diritto anche all'uso del titolo di "ex presidente della Repubblica", così come avrà diritto a partecipare alle celebrazioni di stato in accordo con la legge. Avrà diritto all'auto con autista e, se lo desidera, potrà "frugare" tra gli archivi di stato. Secondo la legge, l'ex presidente della Repubblica ha il diritto ad un compenso mensile pari all'80% dello stipendio che percepiva da presidente dal 1998 al 2002.


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