Foto: Stefan Malloch/Shutterstock

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In Europa il fascismo ritorna come ideologia, non con le camicie nere e la guerra ma nella sua sostanza. Le opinioni di storici e giuristi sulla situazione in Serbia e le analogie col resto d'Europa

07/11/2018 -  Sanja Kljajić

(Originariamente pubblicato dalla Deutsche Welle , il 25 ottobre 2018)

Anche quest’anno la città-eroina di Novi Sad [una delle otto città dell’ex Jugoslavia insignite del titolo di città-eroina per il loro eroismo durante la Seconda guerra mondiale, ndt] ha celebrato l’anniversario della liberazione dall’occupazione nazifascista [che ricorre il 23 ottobre, ndt] in un’atmosfera da sagra politica. I vertici dell’amministrazione comunale hanno deposto corone di fiori ai monumenti ai caduti in guerra e hanno consegnato premi e onorificenze pronunciando frasi prefabbricate; i membri del SUBNOR (l’Unione delle associazioni dei combattenti della guerra popolare di liberazione) hanno applaudito i giovani relatori durante la tradizionale cerimonia di commemorazione, mentre nel centro città si è assistito a un faccia a faccia tra antifascisti, gruppi di estrema destra e attivisti dell’opposizione.

Su un lato della strada, i sostenitori di Miša Vacić e del suo Partito della destra serba (SD) attaccavano verbalmente gli attivisti dell’Alleanza per la Serbia (coalizione dei partiti dell’opposizione). Sul lato opposto, a pochi metri di distanza, i militanti del gruppo di estrema destra “Srbska akcija“ [Azione serba] sventolavano bandiere serbe, mentre i membri della Coalizione antifascista cantavano canzoni partigiane. Ognuno attingendo al proprio folklore ben riconoscibile.

A ridosso delle manifestazioni, negli stretti spazi del Media centar Vojvodina, la Coalizione antifascista discuteva con un ristretto gruppo di amici su dove abitasse il fascismo odierno, come si manifestasse e che cosa stessero facendo le istituzioni per combatterlo.

Il ritorno del fascismo

“Oggi l’antifascismo è costretto alla clandestinità, come lo era dal 1941 al 1945. Ovunque intorno a noi ci sono campi minati del fascismo, del neonazismo, dell’intolleranza e l’ostilità verso l’altro”, dice alla Deutsche Welle il presidente dell’Alleanza degli antifascisti della Vojvodina Duško Radosavljević.

Stando alle sue parole, il fascismo odierno può essere definito come un atteggiamento ostile verso l’altro e il diverso e si manifesta attraverso la privazione dei diritti. Chi tace di fronte a questo fenomeno ne diventa complice.

“Il fascismo sta tornando in Europa come ideologia di stato, ma non nel senso del ritorno delle camicie nere e della guerra. Il fascismo sta tornando nella sua essenza”, dice lo storico Milovan Pisarri. “Se vogliamo capire dove abita oggi il fascismo dobbiamo dimenticare quello che abbiamo imparato a scuola, analizzare i meccanismi dell’ascesa del fascismo al potere e cercare analogie con il presente. E vedremo che le politiche degli anni Trenta nei confronti degli ebrei erano molto simili alle attuali politiche nei confronti dei migranti”, spiega Pisarri.

La mappa nera della Serbia

Nel tentativo di rispondere alla domanda sul dove abita oggi l’estremismo di destra, la Coalizione antifascista ha realizzato una mappa che raccoglie le sedi ufficiali e i luoghi di incontro dei gruppi di estrema destra, compresi quelli di ispirazione fascista. Parliamo di più di 20 organizzazioni, di cui alcune sono attive ormai da anni, come Srpski narodni pokret 1389 [Movimento popolare serbo 1389], Otačastveni pokret Obraz [Movimento patriottico Obraz] e Nacionalni srpski front [Fronte nazionale serbo], erede dell’organizzazione neonazista Nacionalni stroj [Fronte nazionale] messa al bando nel 2011.

Vi è poi tutta una serie di organizzazioni di recente costituzione, di cui alcune sono legate a Miša Vacić e alla coalizione di governo. Nella mappa hanno trovato posto anche alcune organizzazioni meno conosciute che, stando agli autori, elogiano apertamente Dimitrije Ljotić e Milan Nedić [principali collaborazionisti serbi durante la Seconda guerra mondiale, ndt]; poi un bar-libreria denominato “Carostavnik” [Libro dei re] dove sul muro dietro al banco è appesa una fotografia di Milan Nedić, e alcune associazioni che organizzano la distribuzione di aiuti, destinati esclusivamente alle persone di nazionalità serba.

“Esistono alcune piccole organizzazioni che si richiamano al fascismo e al nazismo e sono molto pericolose, perché mantengono vive queste ideologie e agiscono in modo molto aggressivo”, spiega Milovan Pisarri. “Vi è tuttavia un altro problema, quello delle grandi organizzazioni, ovvero dei partiti politici che sostengono questi piccoli gruppi e li usano per i propri scopi politici, appoggiando di fatto, seppur non apertamente, l’ideologia nazifascista. La sinergia tra le piccole organizzazioni e i partiti politici è molto pericolosa”.

Tale sinergia, come afferma Pisarri, esiste non solo in Serbia ma anche in altri paesi europei. “L’esempio migliore è probabilmente l’Italia, dove il partito di destra che fa parte del governo non si richiama mai al fascismo, ma usa metodi molto simili a quelli del fascismo, e questo emerge con maggiore evidenza nella sua politica verso i migranti. Questo succede anche da noi. È chiaro che il Partito progressista serbo (SNS) sostiene queste organizzazioni e le usa quando ne ha bisogno”, spiega Pisarri.

Come si disegna il fascismo

Una volta conquistata la legittimità nella vita pubblica, i gruppi di estrema destra la ribadiscono sui muri. Come dimostra l’analisi effettuata della Coalizione antifascista, le svastiche, le parole di odio e vari messaggi propagandistici dei gruppi di estrema destra che appaiono sui muri di Novi Sad fanno parte di un repertorio molto dinamico, composto da simboli tipici del fascismo, messaggi di incitamento alla violenza, elogi ai criminali di guerra e negazioni della tradizione antifascista. Un repertorio che a Novi Sad si è ulteriormente ampliato con i messaggi degli ultras di calcio e del Partito radicale serbo.

“I messaggi sui muri sono vivi perché raggiungono le persone e entrano nella loro testa. Tutto dipende dalla capacità dei passanti di opporsi e di respingere questi messaggi. È chiaro che i giovani sono più a rischio perché non dispongono di adeguati meccanismi di difesa e accettano questi messaggi molto più facilmente, ed è così che vengono reclutati nelle organizzazioni fasciste”, spiega Pisarri.

Lo storico mette in guardia anche dall’indifferenza della maggioranza della popolazione, che non si rende conto della pericolosità dei messaggi fascisti. “Nel palazzo dove abito c’era una di queste scritte, sotto la finestra di un appartamento al piano terra. Un giorno ho chiesto al signore che vi abita se la scritta non gli dava fastidio e lui mi ha risposto di non essersene nemmeno accorto. Quando poi abbiamo cominciato a parlarne, ha capito di che cosa si trattava e dopo meno di due giorni la scritta è scomparsa. Sono certo che è stato lui a rimuoverla”, racconta Pisarri.

Al sicuro nei cassetti dei tribunali

Se la Costituzione fosse rispettata, i messaggi fascisti e le organizzazioni che propugnano idee dell’estrema destra e istigano all’odio nazionale, razziale e religioso sarebbero sanzionate. Ma la magistratura serba ha poco di cui vantarsi. Ne è prova il fatto che l’aggressione al corteo antifascista “Stop fašizmu” da parte degli attivisti dell’organizzazione neonazista Nacionalni stroj, avvenuta nel 2007, non ha ancora avuto un epilogo giudiziario.

Respinto, rigettato, sospeso, ancora sotto processo, indagini preliminari in corso sono i termini più ricorrenti nel bilancio dell’operato dei tribunali e della procura di Novi Sad. Stando ai dati raccolti dalla Coalizione antifascista, di tutti i procedimenti per istigazione all’odio nazionale, razziale e religioso e all’intolleranza avviati negli ultimi dieci anni presso i tribunali di Novi Sad solo otto si sono conclusi con una sentenza definitiva. Sono state condannate 12 persone, di cui 6 con la condizionale e altre 6 con pena detentiva.

Alla procura di Novi Sad sono state denunciate più di 130 persone, ma la maggior parte di questi procedimenti è ancora nella fase delle indagini preliminari. “Dai dati emerge una situazione di stallo, perché polizia e procura stanno ancora raccogliendo informazioni e molti processi penali non sono nemmeno iniziati”, spiega la giurista Sofija Mandić. “Se confrontiamo questi dati con quanto accade per strada, con quello che vediamo sui media e quello che succede nella vita reale, emerge una grande differenza tra la realtà giudiziaria e quella che viviamo ogni giorno”, afferma la giurista.

E i problemi sono molti, da quelli di carattere generale a quelli valoriali. “Prima di tutto, lo stato ha permesso che si creasse il problema dell’insufficienza di procuratori e sostituti procuratori e delle risorse a loro disposizione, tanto che nelle grandi città i procuratori hanno fino a 1000 fascicoli pendenti”, spiega Sofija Mandić. Nella determinazione dell’ordine di priorità nella trattazione dei procedimenti pendenti, quelli per i reati legati all’ideologia fascista vengono completamente trascurati e, di conseguenza, le idee dell’estrema destra si spostano dai margini al centro della vita sociale. “Questi procedimenti vengono considerati meno importanti dal punto vista sociale probabilmente a causa del clima che regna nella società, perché i vertici dello stato mandano un chiaro messaggio che la violenza è accettabile, che gli atteggiamenti discriminatori nei confronti dell’altro e del diverso sono accettabili, e questo messaggio è stato recepito anche dalla magistratura”.

E il risultato è un costante ripetersi della violenza, sia sulle strade sia sui media e su Internet. “La violenza rimasta impunita incoraggia atteggiamenti ostili. Anche da un punto di vista prettamente giuridico, l’importante non è solo sanzionare il responsabile di un delitto ma anche evitare che si ripetano cose simili. Noi stiamo continuamente fallendo su questo fronte”, conclude la Mandić.


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