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È sicuramente uno dei festival musicali più riusciti e conosciuti d'Europa. Nato e ospitato a Novi Sad, Exit negli anni è diventato un vero e proprio brand serbo. Oggi però il festival rischia di trasferirsi altrove, affossato dalla pandemia e dall'indifferenza del governo serbo

11/12/2020 -  Una Miletić

(Originariamente pubblicato dal quotidiano Danas )

“Mentre quasi tutti gli altri paesi hanno stanziato risorse straordinarie per salvare i settori più colpiti [dalla pandemia], noi, così come l’intero comparto dello spettacolo serbo, non solo non abbiamo ricevuto alcun aiuto straordinario, ma ci siamo visti ridurre contributi regolari, motivo per cui l’intera scena [culturale] si sta spegnendo e rischia di scomparire”, afferma Sanjin Đukić, membro del consiglio di amministrazione del festival musicale Exit.

In questa intervista rilasciata al quotidiano Danas, Sanjin Đukić parla della possibilità di trasferire questo evento unico non solo dalla sua location tradizionale, la fortezza di Petrovaradin, ma anche dalla Serbia.

Alla domanda sul perché gli organizzatori dell’Exit festival stiano valutando questa possibilità, Đukić risponde sottolineando innanzitutto che Novi Sad è la loro città e che vogliono rimanere in Serbia e far crescere ulteriormente il festival, aggiungendo che lotteranno con tutte le loro forze per riuscirci.

“Purtroppo, in questo momento non tutto dipende da noi. La pandemia ha colpito maggiormente proprio l’industria musicale e dei festival, perché gli eventi di massa sono vietati, [a molti] viene negato il diritto al lavoro e la possibilità di guadagnare. In Serbia la seconda ondata dell’epidemia è arrivata al picco e noi, ovviamente, capiamo i motivi per cui gli eventi di massa sono vietati. Tuttavia, in questa situazione è necessario destinare aiuti straordinari ai settori più colpiti”, spiega Đukić.

Stando alle sue parole, è più che evidente che i settori dell’economia che hanno subito una perdita di fatturato tra l’80 e il 100% non possono essere trattati allo stesso modo di quelli che hanno registrato perdite insignificanti e hanno persino guadagnato durante la pandemia, come l’industria farmaceutica.

“Dopo un’alluvione vengono ricostruite solo le case distrutte, e non anche i grattacieli nelle grandi città che non hanno subito alcun danno. Eppure, la Serbia ha adottato misure economiche uguali per tutti [i settori] ed è per questo che ora il governo sostiene di non avere soldi per [aiutare] i settori maggiormente colpiti”, afferma Đukić.

Quali sono i paesi e le location che state considerando e che potrebbero dimostrarsi adeguati per ospitare l’Exit festival?

C’è un interesse concreto da parte di diversi paesi, sia della regione che al di fuori di essa. Non c’è nessun paese che non voglia includere nella sua offerta turistica uno dei più grandi festival al mondo che ogni anno contribuisce con decine di milioni di euro all’economia locale.

Il sindaco di Novi Sad Miloš Vučević ha dichiarato di voler incontrare gli organizzatori di Exit, definendo la possibilità che il festival venga spostato da Novi Sad come “impensabile”. Il sindaco vi ha contattati? Vi ha proposto una soluzione accettabile?

Novi Sad è una delle poche città in Serbia che durante la pandemia ha sostenuto tutti gli eventi organizzati nel suo territorio, compreso Exit, e noi ne siamo estremamente grati. Non ci sono problemi né di comunicazione né di collaborazione con la città di Novi Sad. Il problema è altrove.

Lo stato ha mai sostenuto Exit, come una delle principali attrazioni turistiche della Serbia?

Negli anni scorsi lo stato ha partecipato al finanziamento del festival con un contributo pari all’incirca al 20% delle spese, un contributo simile a quello destinato all’industria cinematografica. Il sostegno [statale] alla produzione di opere cinematografiche è senz’altro una cosa positiva, perché i benefici superano i costi. Tuttavia, ci tengo a sottolineare che il contributo dell’Exit festival sia all’economia che alla promozione della Serbia è incomparabilmente maggiore. Ma nemmeno quel sostegno statale destinato a Exit sarebbe necessario se l’economia serba fosse in grado di sopportare un costo dei biglietti di circa 250-350 euro, quanto costano i biglietti per altri festival europei allo stesso livello di Exit, mentre in Serbia il prezzo dei biglietti per Exit parte da un minimo di 45 euro, ed è di gran lunga il prezzo più basso, a livello internazionale, per un evento di queste dimensioni. Per non parlare dei contratti di sponsorizzazione. In un’economia forte, come quella britannica, il festival di Glastonbury in un anno registra ricavi da sponsorizzazioni pari a quelli registrati da Exit negli ultimi vent’anni.

L’intera scena musicale, i festival, i performer, l’industria musicale in Serbia, così come in tutto il mondo, sono colpiti dalla pandemia. Ritiene che in questo momento sia opportuno considerare l’idea di spostare Exit dalla Serbia, dato che l’intero settore culturale sta affrontando una situazione simile?

Il problema non riguarda solo Exit. Durante la pandemia l’industria dello spettacolo è diventata praticamente un’attività vietata e decine di migliaia di lavoratori dello spettacolo e i loro familiari si trovano in una situazione senza via d’uscita. Riteniamo che non solo Exit, bensì l’intero settore musicale serbo, debba essere sostenuto in questo periodo che è il più difficile della storia dell’industria musicale. Così facendo, lo stato dimostrerà, con azioni concrete, di aver capito l’importanza delle industrie creative sia per l’economia della Serbia che per la sua reputazione e promozione, per la sua identità, il suo presente e, soprattutto, il suo futuro.

Come hanno reagito i fan del festival e soprattutto i cittadini di Novi Sad di fronte alla possibili di trasferire Exit, che si svolge in uno dei luoghi più belli della Serbia, nella fortezza di Petrovaradin?

Negli ultimi giorni è emerso quanto siano numerosi i fan di Exit, che si fanno sentire e sono unanimi nel sostenerci, sia che si tratti di visitatori che ci dimostrano la loro fiducia acquistando biglietti o di persone famose che ci hanno sostenuti sui social network.

La peculiarità del festival Exit è la sua location. Secondo lei, un eventuale trasferimento del festival potrebbe incidere negativamente sulla sua popolarità? Oltre ad un programma musicale di qualità, è proprio la fortezza di Petrovaradin ad attirare i turisti, sia locali che stranieri…

La fortezza di Petrovaradin è parte integrante del nostro DNA ed è uno dei principali motivi, anche se non l’unico, per cui lottiamo per rimanere nella nostra città.

A quali condizioni accettereste di rimanere a Novi Sad?

Non c’è alcuna condizione particolare. L’unica cosa che chiediamo allo stato è di comunicare con noi e di elaborare un piano sostenibile in grado di mantenere in vita uno dei pochi grandi brand nati in Serbia. Occorre capire che il sostegno statale al festival non è un aiuto, bensì un investimento, per di più uno degli investimenti più redditizi in Serbia, perché per ogni dinaro investito si ottiene un ritorno di 15-20 dinari. Exit finora ha contribuito all’economia serba con circa 200 milioni di euro, e secondo le stime entro il 2030 contribuirà con altri 200 milioni. Per non parlare dell’importanza del festival per la promozione della Serbia. Un giornalista di una delle principali riviste di economia, The Economist, ha definito il contributo dell’Exit festival alla reputazione della Serbia come “inestimabile”, affermando che, anche se la Serbia dovesse investire l’intero bilancio dello stato in pubbliche relazioni, non contribuirebbe alla promozione del paese tanto quanto hanno contribuito Novak Đoković ed Exit.


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