Vesna Pešić (foto © Media Centar Beograd)

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La premier serba Ana Brnabić ha affermato che il nuovo governo sarà filo-serbo, né di sinistra né di destra, né filo-occidentale né filo-russo, bensì proprio serbo. Il commento della sociologa e politica Vesna Pešić

28/10/2022 -  Vesna Pešić

(Originariamente pubblicato da Peščanik , poi ripreso dal portale Buka , il 25 ottobre 2022)

Le autorità continuano a ripetere pubblicamente che il tanto atteso governo sarà filo-serbo. Immaginiamo se in un altro paese, non importa quale, ad esempio in Francia, il premier o il presidente della Repubblica affermasse che il governo sarà filo-francese. Tale affermazione lascerebbe perplessi, da noi invece nessuno sembra stupirsi di fronte all’affermazione secondo cui avremo un governo filo-serbo e una politica interna, e soprattutto estera filo-serba. Nonostante il governo ormai da anni non adempia al suo dovere costituzionale, quello di dirigere la politica nazionale, ora che un nuovo esecutivo sta per insediarsi [il novo governo serbo si è insediato mercoledì 26 ottobre, ndt.] dopo sei mesi di inutile attesa (forse utile solo per ribadire per l’ennesima volta quanto il governo sia irrilevante), se ne parla molto, si specula, ci si chiede se sarà un governo filo-russo o filo-occidentale, e questo presumibilmente dipende dalla scelta dei ministri. C’è anche chi dice che il nuovo governo sarà filo-russo, perché Dačić è stato nominato ministro degli Esteri, ma al contempo anche filo-europeo, perché il ministero dell’Integrazione europea sarà guidato da Tanja Miščević. Così potremmo tirare a indovinare all’infinito.

È stata Ana Brnabić a lanciare ufficialmente l’idea che il nuovo governo sarà filo-serbo, né di sinistra né di destra, né Est né Ovest, né filo-occidentale né filo-russo, bensì proprio serbo.

Esaminiamo la prima direzione in cui il governo filo-serbo sicuramente non virerà. Si afferma che il governo non andrà né a sinistra né a destra. La sinistra, per forza di cose, è un’opzione da escludere perché il principale partito di governo, Partito progressista serbo (SNS), è membro del Partito popolare europeo (EPP) e formalmente si colloca tra le forze di destra. Quindi, si è già schierato.

Nell’opinione pubblica e attraverso la figura dominante del presidente Vučić, seguito dai suoi fedelissimi, la Serbia da tempo ormai si muove verso l’estrema destra, rivelandosi uno stato nazionalista, tradizionalista, autoritario, non democratico, corrotto, legato alla Chiesa [ortodossa] serba e alla criminalità. Anche lo stesso governo è stato formato, con un ritardo di sei mesi, dal presidente Vučić. Questo ovviamente non significa che ogni singolo membro del governo – il cui mandato è già stato ridotto, senza alcun motivo, alla durata di uno o due anni – incarni tutte le caratteristiche della cricca al potere e di Aleksandar Vućić.

Parlando della posizione filo-serba, non riesco a resistere alla tentazione di fare un’interessante digressione sulle aspettative riguardo alle imminenti elezioni negli Stati Uniti per il rinnovo della Camera dei rappresentanti del Congresso e di un terzo del Senato. Da quello che sappiamo, ci si aspetta che vinca il Partito repubblicano, quindi un partito di destra, e da esso, per automatismo, ci si aspetta che assuma un atteggiamento più comprensivo verso gli interessi nazionali serbi.

Secondo quanto scrive Politika, Trump ha sempre dimostrato una maggiore comprensione [rispetto all’attuale amministrazione statunitense] e la volontà di sentire la parte serba riguardo alla questione del Kosovo, e ricordiamo come la diaspora serba, ma anche le masse popolari e le autorità della Serbia hanno tifato per Trump. Politika riporta poi le parole di un analista statunitense di origini serbe, Obrad Kesić, secondo cui la politica degli Stati Uniti non cambierà né per quanto riguarda il Kosovo né relativamente alla guerra in Ucraina e alle richieste rivolte alla Serbia affinché introduca sanzioni contro la Russia. “Le pressioni sicuramente aumenteranno”, afferma Kesić, “per via dell’atteggiamento di Belgrado nei confronti di Mosca, ma anche per quanto riguarda il Kosovo e Metohija sarà dura”.

Tornando al discorso iniziale, le altre direzioni in cui il governo [serbo] assolutamente non potrà virare riguardano la giustapposizione “né Est né Ovest” e vengono riassunte in quell’affermazione di massima rilevanza secondo cui il governo serbo non sarà né filo-occidentale né filo-russo, bensì esclusivamente filo-serbo. Questo significa, per come la vedo io, che la Serbia continuerà a perseguire la consueta politica dell’altalena che, quando è mossa da interessi (soldi, investimenti, vantaggi economici), va ad ovest, e quando invece viene spronata dai valori legati alla Chiesa, alla tradizione, al Kosovo e al gas, porta verso la Russia. Sul sedile di questa altalena giacciono gli infausti interessi nazionali serbi che riguardano innanzitutto il Kosovo e l’introduzione delle sanzioni contro la Russia.

Quindi, volendo rispondere alla domanda "Cos’è effettivamente un governo filo-serbo e qual è la sua politica?", possiamo affermare che si tratta un’altalena che oscilla tra Occidente e Russia (è sinonimo dello stare seduti su due sedie). Così si dividono anche i cittadini della Serbia. Vučić li ha divisi tra i grandi serbi che, al contempo, sono anche “i grandi russi, e quegli altri che credono di essere i serbi moderni solo perché sono anti-russi”. Invece di dire semplicemente che quegli altri sono filo-occidentali e filo-europei, a Vučić evidentemente risulta più facile inventarsi un termine offensivo come “anti-russi”.

Infine, viene da chiedersi: a quale schieramento appartiene l’SNS, a quello dei grandi russi o quello degli anti-russi? A nessuno dei due. “Il nostro partito deve essere il fulcro della normalità e della comprensione rispetto a quanto sta accadendo nel mondo, deve prendersi cura del proprio paese e del proprio popolo. Ciò non significa che i nostri interessi debbano sempre coincidere con quelli di uno o dell’altro [schieramento]. Significa invece che abbiamo il nostro stato e che prendiamo le nostre decisioni autonomamente e indipendentemente da qualsiasi fattore esterno!”. Il punto esclamativo è d’obbligo, perché mentre Vučić incontra vari negoziatori, rappresentanti speciali, ambasciatori e ministri degli Esteri, tantissime spie da entrambe le parti (siamo diventati Casablanca) si muovono impietosamente, senza sosta, sbirciando ovunque. Vučić si aspetta che “tutte quelle pressioni si intensifichino sempre più allo scopo di raggiungere, ad ogni costo, un accordo tra Belgrado e Pristina. Accordo non è una brutta parola, ma un accordo non può significare che i serbi e la Serbia perdano tutto, e che qualcun altro vinca tutto, eppure dicono di aver deciso così”.

Allora, come reagirà il governo filo-serbo, o meglio Vučić a queste forti pressioni a cui è sottoposto? Innanzitutto, ed è il punto più importante, mi aspetto che Vulin [ministro dell’Interno nel precedente governo] venga di nuovo piazzato all’interno delle autorità di pubblica sicurezza, perché senza di lui non può esserci alcun governo filo-serbo, né tanto meno quell’agognato mondo panserbo. Mi aspetto anche che Vučić continui a tergiversare il più a lungo possibile, che molli la presa sulla questione delle targhe di immatricolazione chiedendo in cambio l’Associazione delle comunità serbe, proseguendo così fino all’apertura della seconda fase [del dialogo tra Belgrado e Pristina] che prevede un riconoscimento reciproco. Può darsi che nel frattempo i russi vincano, così il Kosovo gli cadrebbe dritto tra le mani. Ma può anche darsi che, durante questa attesa, venga raggiunta una tregua in Ucraina e che si plachi la bufera di pressioni a causa delle quali Vučić accetterebbe anche di dimettersi, solo per poter poi cavalcare un cavallo bianco e ritornare vittorioso sulla vecchia altalena filo-serba.


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