Nei giorni scorsi in Serbia c'è stato un ampio dibattito sul numero di respiratori presenti nel paese. La premier Brnabić aveva detto di non poter rivelare il numero in quanto "segreto di stato" ma le giornaliste di CINS, grazie alla Legge sul libero accesso alle informazioni di interesse pubblico, hanno ottenuto i dati

(Originariamente pubblicato dal portale di giornalismo investigativo CINS , il 14 marzo 2020)

Da quando in Serbia è stato registrato il primo caso di contagio da coronavirus, si specula sul numero di respiratori – dispositivi medici che facilitano la respirazione, necessari per affrontare un’epidemia di coronavirus – presenti negli ospedali serbi. Giovedì 12 marzo la premier serba Ana Brnabić ha dichiarato che la Serbia dispone di un numero sufficiente di respiratori, ma che non può dire esattamente quanti, precisando che quell’informazione è considerata segreto di stato. Tuttavia, lo stesso giorno il presidente Aleksandar Vučić ha reso noto il numero di respiratori presenti negli ospedali serbi.

“È colpa mia riguardo il numero di respiratori, perché volevo che ne comprassimo ancora. Ora abbiamo 1.008 respiratori, tre volte di più rispetto al 2009. E tra 20 giorni ne avremo altri 500. Li abbiamo ordinati perché volevamo essere pronti”, ha dichiarato Vučić lo scorso 12 marzo durante una conferenza stampa.

Il giorno prima il ministero della Salute ha indetto una gara d’appalto per l’acquisto urgente di 15 respiratori che saranno inviati agli ospedali in diverse parti del paese.

Appellandosi alla Legge sul libero accesso alle informazioni di interesse pubblico, il Centro per il giornalismo investigativo della Serbia (CINS) ha ottenuto l’acceso ai dati dall’Istituto per la salute pubblica “Dr Milan Jovanović Batut”, aggiornati al 13 marzo scorso, sul numero di respiratori presenti in Serbia.

Stando al rapporto che l’istituto “Batut” ha inviato ai giornalisti di CINS – che non contiene dati relativi ai dispositivi medici presenti nelle strutture sanitarie militari – , in Serbia ci sono 1.024 respiratori, di cui 955 funzionanti, cioè – come si legge nel rapporto – “in uso”; 66 respiratori sono fuori uso, mentre 3 respiratori sono classificati nella categoria “sconosciuto”.

Come spiega l’epidemiologo Zoran Radovanović, interpellato dai giornalisti di CINS, il fatto che alcuni respiratori siano stati classificati nella categoria “sconosciuto” significa che non si sa che fine abbiano fatto, se giacciano abbandonati in un seminterrato o se siano stati rubati oppure buttati in una discarica di rottami ferrosi.

Guardando ai singoli distretti [la Serbia è suddivisa in 25 distretti amministrativi, ndt], il distretto di Belgrado dispone del maggior numero di respiratori (431); al secondo posto si colloca il distretto della Bačka meridionale, con 164 respiratori; seguono il distretto di Nišava (44) e quello di Šumadija (39). Secondo i dati dell’istituto “Batut”, il distretto con il minor numero di respiratori (4 in tutto) è il distretto di Toplica.

Numero di respiratori in Serbia (per distretto) al 13 marzo 2020

Numero di respiratori in Serbia (per distretto) al 13 marzo 2020



*I dati si riferiscono solo ai respiratori in uso, cioè funzionanti Fonte: Istituto per la salute pubblica della Serbia “Dr Milan Jovanović Batut” *Il programma che abbiamo usato per creare la mappa non permette di rappresentare la Serbia e il Kosovo e Metohija come un’entità unica, motivo per cui nella mappa non sono stati inseriti il distretto di Kosovska Mitrovica (che dispone di 7 respiratori funzionanti) e il distretto del Kosovo (1 respiratore funzionante)

L’epidemiologo Zoran Radovanović spiega che a suo avviso, in realtà, è impossibile dire con precisione quanti respiratori siano effettivamente funzionanti e quanti invece esistano solo sulla carta, nel senso che giacciono inutilizzati nei seminterrati oppure necessitano di un intervento di riparazione.

“L’anno scorso a Kraljevo alcuni medici hanno scioperato, rifiutandosi di utilizzare i respiratori che da più di sette anni non sono stati sottoposti ad alcun intervento di manutenzione e sono potenzialmente pericolosi per i pazienti. Se un medico utilizza un dispositivo mal funzionante, la responsabilità ricade su di lui; d’altra parte un medico non può riparare [un respiratore] da solo”, afferma Radovanović.

Predrag Delić, epidemiologo e vice direttore dell’Istituto per la salute pubblica di Kragujevac, spiega che a volte capita che venga acquistato un dispositivo difettoso e la sua riparazione risulti troppo onerosa, per cui viene classificato “fuori uso”. Aggiunge però che i dispositivi messi fuori uso sono pochi.

“Suppongo che, quando viene stilato un elenco di tutte le attrezzature di cui dispone una struttura [ospedaliera], vi figurino anche alcune attrezzature che sono state messe fuori uso, ma siamo obbligati a tenerle e a classificarle così. Sono apparecchiature ‘fuori uso’, oppure non funzionanti, o semplicemente nuove”, spiega Delić.

Sulla base dei dati dell’Istituto di statistica della Repubblica di Serbia sulla popolazione residente per distretto, i giornalisti di CINS hanno calcolato il numero di respiratori per 10mila abitanti. Al primo posto per numero di respiratori disponibili si colloca il distretto della Bačka meridionale che dispone di più di 2 respiratori ogni 10mila abitanti. Segue Belgrado con un numero di poco inferiore, mentre ben 18 distretti dispongono di meno di un respiratore ogni 10mila abitanti, compresi il distretto di Mačva, quello di Jablanica e quello di Rasina che si trovano in coda alla classifica.

Belgrado è la prima città serba per numero di respiratori. Seguono Novi Sad, Sremska Kamenica, Niš e Kragujevac.

Per quanto riguarda le strutture ospedaliere, il pronto soccorso del Centro clinico della Serbia (KCS) dispone del maggior numero di respiratori (66); il reparto di anestesia e rianimazione del KCS è al secondo posto con 47 respiratori, mentre al terzo posto si colloca il pronto soccorso del Centro clinico di Novi Sad (KCNS) con 40 respiratori. Seguono l’Istituto per la salute materno-infantile “Dr Vukan Čupić” a Belgrado, l’Istituto per le malattie cardiovascolari di Sremska Kamenica e l’Istituto per le malattie cardiovascolari “Dedinje” a Belgrado. In altre strutture ospedaliere il numero di respiratori è inferiore a 30.


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