L'ungherese László Trócsányi è possibile divenga il prossimo Commissario europeo per l'allargamento proprio quando le relazioni tra Ungheria e Serbia sono ottime. Una vicinanza che nasconde grandi e piccoli interessi
(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans l'11 settembre 2019)
Il presidente serbo Aleksandar Vučić è stato l’ospite d’onore del terzo Demographic Summit tenutosi a Budapest il 5 e 6 settembre scorsi. Ricevuto come una star, Vučić ha avuto l’onore di intervenire all’apertura del summit, prima dei rappresentanti dei paesi che, insieme all’Ungheria, fanno parte del Gruppo di Visegrád. "I rapporti tra i nostri due paesi non sono mai stati migliori e siamo felici che [il presidente serbo] sia qui con noi", ha dichiarato la Segretaria di Stato ungherese per la Famiglia Katalin Novák, responsabile dell'organizzazione del summit. Aleksandar Vučić ha ricambiato con parole altrettanto gentili. "È grazie al signor Orbán che le nostre relazioni bilaterali non sono mai state migliori. Vi assicuro che rimarremo fedeli amici del vostro paese", ha dichiarato Vučić, chiamando il primo ministro ungherese ”mio amico Viktor”.
La questione dell’allargamento dell’UE è stata sollevata da Viktor Orbán nel corso di una conferenza stampa convocata al termine dell’incontro tra Orbán e Angela Merkel, tenutosi a margine della celebrazione del trentesimo anniversario del cosiddetto “picnic paneuropeo”, organizzata nella città di Sopron lo scorso 19 agosto. "È una questione di cruciale importanza per l’Ungheria, dato che la frontiera ungherese coincide con la frontiera meridionale dell’Unione europea. Abbiamo un interesse diretto affinché i paesi dei Balcani occidentali entrino a far parte dell’UE il più presto possibile. L’Ungheria chiede quindi all’UE di continuare con l’allargamento", ha dichiarato Orbán, aggiungendo che "la Serbia è un paese chiave e accelerare i negoziati di adesione con la Serbia è nell’interesse non solo dell’Ungheria, ma dell’intera Europa".
L’appoggio di Orbán a una rapida integrazione dei Balcani occidentali nell’UE non è una novità, è una costante della politica estera ungherese ormai da diversi anni, più precisamente dal 2004 quando l’Ungheria è entrata a fare parte dell’UE. Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó difende con fervore questa posizione ai vari summit internazionali, come ha fatto anche il suo predecessore János Mártonyi.
Budapest sostiene che il confine meridionale dell’UE – che in parte coincide con il confine tra Ungheria e Serbia – deve essere allargato (spinto in avanti) affinché l’Ungheria possa svolgere appieno il suo ruolo di crocevia mitteleuropeo. Al momento, il confine dell’area Schengen coincide in parte con il confine tra Ungheria e Serbia, ma anche con quello tra Ungheria e Romania e quello tra Ungheria e Croazia.
La questione della minoranza ungherese
La vicinanza strategica tra Budapest e Belgrado è invece una novità, ed è in gran parte dovuta ai buoni rapporti tra Orbán e Vučić, i cui regimi con tendenze autoritarie mostrano numerosi punti in comune. L’inversione di marcia nella politica estera ungherese – sempre più favorevole al mantenimento dei buoni rapporti con la Russia di Putin – iniziata nel 2014 con la firma di un accordo nucleare tra Budapest e Mosca, ha probabilmente contribuito al recente avvicinamento dell’Ungheria alla Serbia, tradizionale alleata della Russia.
Anche la questione della minoranza ungherese in Vojvodina, provincia settentrionale della Serbia, riveste grande importanza nei rapporti bilaterali tra i due paesi. A prescindere dalle relazioni con i paesi della regione, il sostegno alle minoranze ungheresi presenti nei paesi vicini è uno dei pilastri della politica estera ungherese. Durante i bombardamenti della Nato del 1999 sull’allora Federazione di Jugoslavia, Budapest minacciò di appoggiare la campagna aerea della NATO qualora i serbi avessero attaccato gli ungheresi della Vojvodina. Due anni più tardi, nel 2011, l’Ungheria minacciò di porre il veto alla concessione alla Serbia dello status di paese candidato all’adesione all’UE, a causa di una legge serba sulla restituzione dei beni confiscati durante il regime socialista, ritenuta da Budapest discriminatoria nei confronti della minoranza ungherese.
Nel 2013 i due paesi hanno compiuto uno storico gesto di riconciliazione, quando il presidente ungherese János Áder e il suo omologo serbo Tomislav Nikolić hanno reso omaggio alle vittime serbe e ungheresi dei crimini commessi in Vojvodina durante la Seconda guerra mondiale dalle forze dell’Asse e dai partigiani di Tito. Oggi Budapest considera la Serbia come il paese che ha fatto di più per la tutela della minoranza ungherese e i partiti che rappresentano la minoranza ungherese in Serbia sono diventati preziosi alleati del Partito progressista serbo (SNS) guidato dal presidente Vučić: senza il loro appoggio l’SNS non avrebbe potuto prendere il controllo della provincia della Vojvodina. Al contempo, la minoranza ungherese in Vojvodina è completamente leale a Orbán.
Rapporti d’affari poco trasparenti
L’Ungheria e la Serbia sono attualmente impegnate in un grande progetto infrastrutturale: la costruzione di una nuova rete ferroviaria ad alta velocità tra Budapest e Belgrado. I lavori di costruzione, finanziati dalla Cina, dovrebbero iniziare a breve. Nel frattempo, un’inchiesta giornalistica , realizzata dal portale ungherese Direkt36 e da Balkan Insight, ha dimostrato che i due paesi sono legati anche da rapporti d’affari poco trasparenti. L’inchiesta ha fatto luce sulle attività dell’azienda Elios, che realizza impianti di illuminazione pubblica, indagata anche dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Nel 2015, OLAF ha rivelato l’esistenza di “gravi irregolarità” e “conflitti di interesse” nei 35 appalti pubblici vinti dall’azienda Elios, e in 17 casi ha riscontrato “meccanismi di frode organizzata”.
Ricorrendo agli stessi metodi, Elios si è aggiudicata numerose gare d’appalto anche in Serbia, per un importo complessivo di 25 milioni di euro. Dall’inchiesta condotta da Direkt36 e Balkan Insight è emerso che 12 delle 15 gare d’appalto prese in esame sono state vinte dai consorzi di cui facevano parte le aziende legate ad Elios, per un valore complessivo di 25 milioni di euro. Nel 2015, quando OLAF ha rivelato gravi irregolarità nell’attività della Elios, il genero di Viktor Orbán, István Tiborcz, figurava tra i soci dell’azienda. L’inchiesta realizzata da Direkt36 e Balkan Insight ha inoltre rivelato l’esistenza di un legame tra la filiale serba della Elios e alcune persone vicine al governo di Belgrado.
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