(Anssi Koskinen/flickr)

A sei mesi dall'approvazione della riforma del settore fiscale in Romania ed all'indomani della pubblicazione dei primi decreti attuativi, si inizia a far chiarezza sulle sue implicazioni. Una rassegna

19/04/2016 -  Daniela Mogavero

C’è chi ha gridato allo scandalo. Chi ha accusato anche sui social network quel “padre”, “presidente”, “amico” votato con la speranza di essere salvaguardato, ma che avrebbe deluso le aspettative. Chi ha fatto ricorso ai forum online per cercare una risposta precisa. Di certo, il nuovo codice fiscale romeno, entrato in vigore dall’1 gennaio 2016, dopo due passaggi in Parlamento, ha fatto parlare di sé.

“Signor Presidente, abbiamo votato in massa con la speranza di stare meglio – ha detto in un video un cittadino romeno che lavora in Gran Bretagna sulla sua pagina Facebook ottenendo oltre 70mila visualizzazioni – come potete imporre il 5,5% a me che lavoro qui e che mando soldi in patria e mando avanti l’economia”. Un messaggio rivolto al presidente Klaus Iohannis che proprio dai voti della diaspora e dalla difesa del loro diritto di voto negato al primo turno delle presidenziali ha preso un grande slancio per la vittoria di due anni fa.

Più chiarezza

Ora, a più di sei mesi dall'approvazione della riforma e dopo la pubblicazione dei decreti attuativi, sono però più le rassicurazioni che i dubbi.

In particolare, il governo tecnico del premier Dacian Ciolos ha tranquillizzato tutti quei romeni che vivendo all’estero e pagando già le tasse nel paese dove conseguono il proprio reddito, temevano di dover pagare un’altra tassa in Romania per i servizi sanitari. La “doppia imposizione è esclusa”, hanno reso noto fonti diplomatiche e del ministero competente. Resta, però, l’intenzione di fare cassa e di allargare la platea di chi contribuisce ai fondi per il servizio sanitario nazionale anche ai disoccupati di lungo periodo, per far emergere il lavoro nero.

Due articoli del nuovo codice fiscale romeno sono stati i più contestati e riguardano la norma sul contributo del 5,5% sul reddito per ottenere l'accesso al Servizio sanitario nazionale. "Il punto fermo è che chi dichiara i propri redditi in Italia, come gran parte della diaspora romena presente nel paese, non dovrà versare questo contributo", hanno assicurato fonti diplomatiche qualificate, ma, ovviamente, non potrà accedere alle cure mediche in Romania, tranne in caso di urgenza. Nello stesso tempo, chiunque, anche straniero, produce reddito e dichiara reddito in Romania, dovrà sottoporsi alla contribuzione.

+3

Fino al 31 dicembre 2015, soltanto cinque milioni di cittadini, su 20 milioni di romeni, pagavano per il SSN romeno, l'obiettivo dell'esecutivo è aggiungere altri tre milioni di persone, pescando, soprattutto nel bacino, purtroppo ampio, dei lavoratori in nero.

Secondo gli articoli 180 e 182 del nuovo Codice fiscale, infatti, il contributo del 5,5% deve essere pagato anche da chi "risulta disoccupato di lungo periodo o non dichiara redditi da lavoro dipendente - ha spiegato la nostra fonte interna agli ambienti diplomatici romeni in Italia - il contributo è stabilito in base allo stipendio minimo lordo. Si tratta di 57 lei che equivalgono a 12 euro al mese. Dal primo maggio lo stipendio minimo sale e con questo il contributo che passa a 14,8 euro al mese. In tutto 158 euro all'anno".

I servizi sanitari restano gratuiti e garantiti per "i minori, per i maggiorenni che studiano fino a 25 anni, per i portatori di handicap. E’ un sistema ad ampia tutela, come in Italia".

E per gli stranieri in Romania?

Il nuovo Codice fiscale, inoltre, ha implicazioni per gli stranieri che hanno dichiarato di scegliere la Romania per pagare le tasse. Quindi anche cittadini italiani residenti in Romania, per esempio. Il contributo del 5,5% deve essere pagato anche da coloro che hanno redditi "da altre fonti", sempre se registrati in Romania: persone fisiche che hanno redditi da "dividendi, rendite di capitale, vendite di immobili, interessi provenienti da assicurazioni, da arbitrati". L’elenco - e quindi la platea possibile - è lungo.

"A lungo termine la riforma dovrebbe portare risultati positivi - ha commentato Cesare Insinsola, responsabile dell'Inas Romania, Istituto Nazionale Assistenza Sociale che opera in Romania - nel 2017 e nel 2018 è previsto un abbattimento di qualche punto anche delle imposte sul reddito. E non è poco anche se nell’immediato l’aspetto della contribuzione per il SSN non è stato certamente positivo. Le ricadute di questo provvedimento si vedranno tra un paio d'anni, in particolare da valutare la parte del nuovo Codice fiscale che mira a attirare gli imprenditori stranieri a investire in Romania, riducendo le imposte sui dividendi che è passata dal 16% al 10,5%".

Nel testo voluto dall’allora governo socialdemocratico, infatti, sono previste numerose norme. Il presidente romeno ha imposto l'anno scorso che alcune delle modifiche venissero emendate: tra queste il taglio all'Iva su cui anche il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione europea avevano storto la bocca preannunciando ricadute pesanti sui conti pubblici. Il testo finale prevede il taglio dell'imposta sul valore aggiunto dal 24% al 20% da gennaio 2016, ma ha rinviato al 2017 l'ulteriore ribasso dal 20% al 19%, che l'ex premier Victor Ponta voleva apportare da subito. Tra le misure inserite anche un nuovo tipo di tassazione sugli immobili e le proprietà, che potrà essere gestita in maniera più agevole da ciascuna amministrazione locale, aumentando le entrate degli enti locali.


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