© reginastupului74/Shutterstock

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Per rigenerare e utilizzare la terra, gli abitanti del Delta del Danubio in Romania bruciano la vegetazione. Attualmente, la Romania è responsabile di quasi la metà di tutti gli incendi nelle aree protette in Europa

31/07/2023 -  Laura Popa

(Pubblicato originariamente da PressOne il 24 aprile 2023 nell’ambito dello European Data Journalism Network )

Il delta del Danubio è un territorio di importanza internazionale: è riserva della biosfera e patrimonio dell’umanità UNESCO, ed è parte della rete di siti Natura 2000 protetti dall’Unione Europea. Dall’inizio dell’anno è stato colpito, insieme ad ampie aree che lo circondano, da diversi incendi.

Un’immagine satellitare dello European Forest Fire Information System (EFFIS) mostra il delta colorato di verde. Colore, però, che non indica la presenza di canneti o manto erboso, bensì le aree colpite dagli incendi.

Un report della Commissione europea 2020 mostra che, solo a causa dei roghi nella zona del delta, la Romania è responsabile per almeno la metà degli incendi che si verificano nelle aree protette di tutta Europa. Secondo l’EFFIS, nel 2022 sono stati colpiti da incendi boschivi più di 55 mila ettari.

Sfântu Gheorghe è il braccio più antico del Danubio. Vicino al punto in cui sfocia nel Mar Nero, c’è un villaggio che porta lo stesso nome e fa parte della Riserva della Biosfera del Delta del Danubio. I circa 560 abitanti di Sfântu Gheorghe sono raggiungibili solo in barca, dopo un viaggio di oltre un'ora.

L’Amministrazione della Riserva della Biosfera del Delta del Danubio gestisce la riserva dal 1993. Secondo i dati forniti dall’Amministrazione, nei primi tre mesi del 2023 ci sono già stati 27 incendi. Tre di questi sono avvenuti in aree protette dove, per legge, l’attività economica è proibita e l’entrata è consentita solo per motivi di ricerca o pattugliamento. Nella riserva ci sono venti aree di questo tipo, delle quali almeno la metà nel settore dove si trova Sfântu Gheorghe.

Secondo l’ispettorato di emergenza “Delta” del distretto di Tulcea (dove si trova il delta del Danubio), nel periodo 2020-2023 il 99% dei fuochi è stato causato da fattori antropogenici, ovvero dalle persone. I colpevoli non sono mai stati identificati, anche perché la maggior parte degli incendi si è verificata in zone di difficile accesso. Secondo i residenti gli incendi sono stati appiccati in aree fangose, cioè zone acquatiche dove crescono canneti o altra vegetazione fluviale.

“C’è una zona di pesca che possiamo raggiungere solo in elicottero” 

Nico Efimov ha vissuto a Sfântu Gheorghe per la maggior parte della sua vita. Fa il pescatore insieme a suo figlio Mirel. Quando non pesca, organizza dei giri turistici con la sua barca. È abituato agli alti e bassi che accompagnano la vita nel delta, ma vorrebbe cambiare quella che definisce una “legislazione disonesta”.

“Attualmente c’è una zona di pesca che, legalmente, potremmo raggiungere solo con l’elicottero. Questo perché un canale di accesso è all’interno di un’area protetta, e 3 km di un altro canale di accesso sono in un’altra area protetta. Come ci arriviamo, quindi?” Nicu spiega che la zona di pesca non è nemmeno ben segnalata e quindi c’è il costante rischio di sconfinare nell’area protetta ed essere accusati di bracconaggio.

Non sono segnalati nemmeno i percorsi per le barche turistiche. “Viene fatto tutto di soppiatto”, spiega. “Prendi un canale nell’area protetta, ma legalmente non potresti stare lì. Abbiamo chiesto un corridoio lungo la riva fino alla zona di pesca. In questo modo ci sarebbe anche un percorso turistico legale.”

Di soppiatto, viene bruciata anche la vegetazione. Nonostante la legge proibisca l’uso del fuoco per bonificare i terreni, le persone nel delta lo fanno lo stesso. I residenti spiegano che per avere canneti freschi in primavera, è necessario liberarsi di quelli vecchi in inverno. Quindi da dicembre a febbraio, quando gli uccelli non nidificano e gli animali se ne sono andati, appiccano il fuoco alla vegetazione cresciuta l’anno precedente.

I canneti sono una risorsa per gli abitanti della zona. Le piante possono essere date in pasto agli animali, sono usate per le costruzioni e per i tetti, o vengono trasformate in pellet. Non ci sono alternative, dice Nicu Efimov. Non si può disboscare a mano, perché l'acqua dello stagno deve congelare e i canneti devono essere secchi per essere rimossi. Non si può nemmeno rimuovere meccanicamente, perché si rischia di distruggere le radici impedendo alla pianta di crescere l'anno successivo. Il problema più grande è l'enorme estensione dell'area: "In quale altro modo si possono liberare migliaia di ettari?"

Canneti freschi crescono al posto di quelli bruciati vicino a Sfântu Gheorghe. Questo luogo è stato teatro di incendi nel dicembre 2022. I residenti dicono che in primavera quest'area sarà piena di canne fresche e verdi. Foto: Andreea Câmpeanu

Secondo la popolazione locale i canneti vecchi sono un ostacolo per la pesca e per la pastorizia

Il sindaco di Sfântu Gheorghe, Valentin Sidorencu, concorda che i canneti vecchi devono essere rimossi per diverse ragioni. Da una parte, le bonifiche sono ritenute particolarmente necessarie per la pesca, dalla quale trae sostentamento la maggior parte dei residenti. L’allevamento è un’altra importante fonte di reddito, ma il pascolo è praticabile solo in alcune aree chiamate “grinduri”, che variano a seconda del livello dell’acqua. Di conseguenza, gli allevatori sono accusati di bruciare la vegetazione per espandere le aree di pascolo.

Nel delta del Danubio, gli animali pascolano liberamente sui terreni che gli agricoltori affittano dal comune. Foto: Andreea Câmpeanu

Oltretutto, i residenti affermano che se la vegetazione vecchia non viene bonificata, il terreno rischia di diventare ancora più infiammabile. “Se i canneti sono folti, quando soffia il vento l’incendio può superare il canale e si perde il controllo”, spiega Nicu Efimov. E a causa del sedimento depositato dalla vegetazione nel corso degli anni, alcuni incendi possono durare settimane.

La vegetazione è sempre stata bruciata a Sfântu Gheorghe. “Se non la bruciamo, l’intera area si atrofizzerà, interi ettari di terreno”, commenta il sindaco. Secondo lui, gli unici rischi si corrono quando il fumo è molto denso o se l’incendio si propaga nell’area boschiva. Nel caso di incendi nei canneti, né il sindaco di Sfântu Gheorghe né i servizi volontari di emergenza intervengono per fermarli.

Anche se i canneti si sono rigenerati, dietro di loro gli alberi colpiti dagli incendi non sono ricresciuti. Gorgova. Foto: Andreea Câmpeanu

“Quando i canneti bruciano, non vado, non è mio compito. Ho un’autopompa ma non riuscirei nemmeno a raggiungere l’incendio”, spiega il sindaco. “Tecnicamente non si riesce a intervenire. Se c’è vento sul lato destro, sul lato sinistro arriva il fumo, mentre sul lato destro avrei la vegetazione bruciata. Non c’è modo di raggiungere gli incendi, si riesce solo dall’alto”.

Lato opposto, altre opinioni

Dalla città di Tulcea, in gommone, si impiega circa 45 minuti per arrivare a Gorgova. Il villaggio si trova proprio sulle rive rocciose del Danubio, a metà strada tra Tulcea e Sulina. Lì vive Sorin Condratov, un pescatore sportivo che si è ritirato sulle rive del Danubio dopo essersi innamorato del fucile subacqueo.

Sorin dice di essere la pecora nera del villaggio perché ha idee diverse, in particolare riguardo agli incendi. Secondo lui, da quando l’uomo ha iniziato a sfruttare le risorse del delta, le cose sono peggiorate. “In centinaia di anni, la formazione del delta ha creato una biodiversità straordinaria. Con gli anni ‘60-’70 è iniziato il declino. È un crimine contro la natura”, sostiene.

Gli effetti degli incendi che hanno colpito l'area del Canale di Olguța. Foto: Andreea Câmpeanu

Ci porta a fare un giro in acqua con la sua barca. Ci dirigiamo verso il canale Olguța, dove un anno fa bruciavano le sterpaglie su entrambi i lati del fiume, e poi verso il lago di Fortuna, una delle tante zone dove la pesca è legale. Raggiungendo il canale Olguța, vediamo i segni lasciati dall'incendio e il canneto che inizia a rigenerarsi. Non è così per gli alberi: i salici, carbonizzati dalle radici in su, non si sono ripresi. “Se dopo un anno non è spuntato nemmeno un piccolo germoglio verde da questi alberi, cosa ne sarà di loro? Non sono d’accordo con quello che fanno qui”, confessa Sorin.

In quanto pescatore sportivo, non gli interessano i canneti. Però anche lui usa il fuoco quando lo ritiene necessario. Ad esempio, quando vuole raccogliere le piante per costruire una recinzione. “È per uno scopo ben preciso. Non per la rigenerazione, per i pesci o per altre cose inutili”, dice. Lo fa in un perimetro ristretto e tiene le fiamme sotto controllo, restando a vigilare per evitare che si diffondano.

Vietato dalla legislazione, ma incoraggiato dai manuali

La combustione della vegetazione è vietata per legge e sanzionata. Tuttavia, il personale responsabile della gestione del delta del Danubio viene istruito attraverso un manuale disponibile sul sito web dell'Istituto Nazionale di Ricerca per lo Sviluppo del Delta del Danubio (INCDDD) in cui si legge che:

"Sul delta del Danubio si raccolgono canneti a singola generazione [...]. Il mantenimento dei canneti a singola generazione avviene attraverso la raccolta annuale o tramite la bruciatura in inverno [...]. La bruciatura dei canneti multigenerazionali come azione di bonifica ha un effetto positivo sulla produttività del terreno."

Effetti degli incendi del 2022. Tra le porzioni di vegetazione bruciate stanno spuntando nuovi canneti. Lo stesso non si può dire per gli alberi colpiti dal fuoco. Vicino a Gorgova, 6 aprile 2023. Foto: Andreea Câmpeanu

In un comunicato stampa rilasciato a PressOne, i rappresentanti dell’INCDDD hanno spiegato gli effetti di un incendio della vegetazione sulla flora e la fauna. L’Istituto sostiene che gli effetti sugli invertebrati siano insignificanti perché “la popolazione soppressa dal fuoco” è in forma larvale. Ciò non vale per i rettili: le tartarughe di terra sono spesso vittime del fuoco. Sono colpiti anche gli uccelli: bruciare i canneti per più di due anni consecutivi può ridurre la popolazione degli uccelli fino al 60%. Infine, sono a rischio anche i piccoli mammiferi come il visone europeo, che vive nei giuncheti tutto l’anno.

La conclusione dell’INCDDD? “Come si può notare, ci sono sia effetti positivi che negativi.”

“Se non mi ascoltate perché dovrei ascoltarvi?”

Il sindaco di Sfântu Gheorghe, Valentin Sidorencu, ritiene che l’intervento umano per liberare i canneti sia necessario. "Non dico di incoraggiare i cittadini, perché è una pratica illegale, e non ne farò una mia priorità. Ma non sono convinto che dovrebbe essere vietato al 100%. Cosa ha fatto lo Stato dopo aver vietato gli incendi? È necessaria un po' di comprensione anche verso di noi. Mostratemi dove sbaglio, incontriamoci, spiegateci perché sbagliamo".

Dalle conversazioni con le persone, è facile capire che i problemi nella riserva della biosfera del delta del Danubio non si limitano ai numeri sulla mappa degli incendi, ma derivano principalmente da una scarsa cooperazione con l'amministrazione della riserva.

Secondo Edi Acsente, guida turistica di Sfântu Gheorghe, gli amministratori della riserva si sono dimenticati delle persone che ci vivono. I residenti sentono di non avere voce in capitolo su come viene gestito il delta e, di conseguenza, sulla propria vita. “Se non mi ascoltate, perché dovrei ascoltarvi?” si chiede Edi Acsente.

Il sindaco Sidorencu sostiene che le relazioni problematiche con gli amministratori della riserva derivino dal fatto che abbiano istituito un'area protetta molto grande, 580 mila ettari, e non riescano a gestirla.

Tra settembre e novembre 2022, l'amministrazione ha svolto una serie di consultazioni pubbliche con le comunità locali per raccogliere i loro suggerimenti sulle misure previste nel nuovo piano di gestione del delta del Danubio.

Tuttavia, la realtà del Danubio non resta adeguatamente compresa dagli amministratori della riserva. Un esempio è stata la decisione del 2008 che sanciva che tutte le case nel delta sarebbero dovute esser coperte solo da canneti o da tegole. Una decisione controversa, visto che molte abitazioni sono fatte di argilla o legno e potrebbero collassare sotto la pressione di tetti di questo tipo.

In più, c’è il problema del mancato utilizzo dei canneti. Un tempo a Braila esisteva una fabbrica di cellulosa dove venivano lavorati. Ora, non solo restano nella palude, ma raccogliere porzioni di canneti di alta qualità per la copertura dei tetti risulta impossibile, poiché si trovano solo nelle aree protette in cui l’accesso è ristretto.

Bruciando senza conseguenze

La vegetazione viene spesso bruciata in modo sconsiderato da chiunque, anche da chi è solo di passaggio. Le conseguenze legali sono pressoché inesistenti. Secondo il sindaco Sidorencu, è impossibile per la polizia intervenire in tempo e cogliere il colpevole in azione, dato che il comune copre 62 mila ettari.

Il delta del Danubio in fiamme. Letea, 2023. Foto: Ottaviano Coman

Nel periodo tra il 2020-2023 l’Amministrazione della Riserva della Biosfera del Delta del Danubio ha emesso 8 multe, ciascuna di 400 leu (circa 80 euro). Nel 2020 sono stati registrati 177 incendi in totale.

Anche l’Agenzia romena per i Pagamenti e l’Intervento nell’Agricoltura ha il potere di imporre sanzioni. Può revocare i pagamenti per gli agricoltori che appiccano incendi nei loro terreni, ma solo nel caso in cui questi ultimi siano ad uso agricolo e iscritti al programma di ricezione dei fondi per l’agricoltura dell’Unione Europea. Tra il 2020 e il 2023, questo è avvenuto in un’area di soli 12,53 ettari all’interno della provincia di Tulcea, che copre la superficie più ampia del delta del Danubio.

Il Delta non è più ricco come immaginiamo

La signora Ionela, una casalinga, porta in giro i turisti con il suo tuk tuk durante l’estate e pesca dietro casa. Secondo lei, la ricchezza del delta oggi è solo un’illusione: "È un delta impoverito, non è più quello di una volta, non ci sono più pesci”.

La realtà del delta del Danubio non rispecchia la legislazione che dovrebbe proteggerlo. La poca cooperazione tra le autorità competenti e la comunità locale fa sì che il problema degli incendi resti irrisolto. Nel frattempo, ogni anno, il delta va a fuoco. E ogni anno, continua il rimbalzo delle colpe. 

Senza soluzioni concrete, senza alternative quando qualcosa è proibito, senza la conoscenza delle risorse e degli strumenti disponibili per le popolazioni locali, questa situazione è destinata a durare a lungo.

Ormai, molti degli abitanti di Sfântu Gheorghe hanno più di 50 anni. Ma vengono ancora a visitarli i nipoti dalle città. Una sera di primavera a Sfântu Gheorghe, una nonna tiene compagnia al nipote. 

“È il mare che parla, lo senti?” – chiede la nonna.

“Cosa sta dicendo il mare?” – chiede il nipote.

Non nuocerebbe cominciare ad ascoltare cos’ha da dire il delta del Danubio. E ad ascoltare i suoi abitanti. Anche loro sono parte della riserva della biosfera.

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto FIRE-RES cofinanziato dall’Unione europea. L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina FIRE-RES


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