
Manifesti elettorali a Timișoara, Romania - © Popescu - Valceanu Marius/Shutterstock
Due Romanie a confronto nel secondo turno delle presidenziali del 18 maggio: la sfida è tra il candidato della destra sovranista George Simion e il centrista progressista Nicușor Dan. I sondaggi per ora li danno testa a testa, a decidere potrebbe essere il voto della diaspora
Domenica 18 maggio al ballottaggio per l’elezione del presidente della Romania i romeni dovranno scegliere tra un candidato di destra sovranista e un altro centrista progressista. Una scelta che avrà conseguenze significative sulle scelte politiche interne ed internazionali di Bucarest. Il paese è talmente diviso e polarizzato che gli ultimi sondaggi danno una differenza di solo qualche punto percentuale tra i due candidati.
I sondaggi non includono però i voti della diaspora, le cui scelte politiche hanno sempre inclinato l’ago della bilancia. E i romeni all’estero finora hanno votato soprattutto il candidato sovranista George Simion, che resta favorito.
Il ballottaggio del 18 maggio in Romania è visto come uno dei momenti politici più delicati dalla caduta del comunismo, un momento cruciale. I due candidati arrivati al ballottaggio, George Simion (38 anni, europarlamentare e leader dell’Alleanza per l’Unità dei Romeni - AUR) e Nicușor Dan (55 anni, sindaco di Bucarest) hanno visioni diverse sulla società, sulla politica estera e sull’economia: mentre Dan sostiene gli investitori, Simion vuole nazionalizzare compagnie considerate strategiche.
La posta in gioco non è più la tradizionale divisione destra-sinistra, ma lo scontro tra due Românie che faticano a riconoscersi reciprocamente.
Gli sfidanti
Euroscettico dichiarato, contrario agli aiuti militari all’Ucraina e simpatizzante del movimento Make America Great Again (MAGA) del presidente statunitense Donald Trump, Simion ha dichiarato che potrebbe votare contro l’invio di aiuti europei a Kyiv.
Nicușor Dan, sindaco di Bucarest, ex attivista civico ha raccolto il 21% di voti al primo turno. È un europeista che vuole rafforzare i legami con Bruxelles, parla di un’agenda anti-corruzione. Ha un elettorato concentrato principalmente nei centri urbani e tra i giovani istruiti. Molti intellettuali lo sostengono.
Il candidato della destra radicale, George Simion, convince soprattutto nelle zone urbane o rurali o comunque economicamente fragili, dove la gente si sente esclusa dai benefici dell’integrazione europea. Raccoglie voti dalla gente che vuole un cambiamento del sistema politico.
Tra elezioni annullate, la guerra in Ucraina al confine, l’instabilità economica e la crisi energetica la paura si è fatta largo nelle ultime campagne elettorali. Le difficoltà economiche, un sistema clientelare e spesso corrotto hanno reso gli elettori romeni più vulnerabili e ricettivi ai messaggi populisti.
Simion ha saputo intercettare questo malessere con una retorica diretta e nazionalista, mentre Dan punta su competenza e serietà istituzionale. La paura avvolge anche l’elettorato di Dan, spaventato da messaggi che a volte annunciano la vendetta da parte di Simion.
I voti per Dan sono contro una deriva autoritaria, contro l'isolamento internazionale e contro possibili rotture delle alleanze strategiche nel caso in cui Simion diventasse capo dello Stato.
Dan e Simion si sono incontrati in alcuni dibattiti televisivi, ma Simion si è rifiutato di partecipare ad altri incontri organizzati da tv private considerate ostili nei suoi confronti.
Posizioni divergenti
Simion critica duramente l’Unione Europea, considerandola un’entità che limita la libertà decisionale ed economica della Romania. Rifiuta l’adesione all’euro, attacca il piano PNRR e propone una visione di autosufficienza economica incentrata sulla sovranità.
Dan vede invece nel progetto europeo una via per lo sviluppo e la stabilità del paese: sostiene la modernizzazione attraverso i fondi europei, l'adesione all'euro e una partecipazione attiva al nucleo centrale dell’UE.
Considerato filorusso, George Simion ha dichiarato questa settimana che “La Russia rappresenta la maggiore minaccia per la Romania, sotto diverse forme”. Ciononostante si è recato in Polonia per sostenere il candidato conservatore Karol Nawrocki, accusato in Polonia di essere filorusso.
Donald Tusk, primo ministro della Polonia, sostiene che l'amicizia tra George Simion e Karol Nawrocki rende molto felice Mosca. Le mosse di Simion alimentano sospetti sulle sue vere intenzioni geopolitiche.
Per Nicușor Dan invece la Russia rappresenta una minaccia diretta alla stabilità europea. Sostiene l’Ucraina senza riserve e considera ogni ambiguità nei confronti di Mosca un pericolo per la posizione della Romania all’interno dell’Occidente.
Simion riprende elementi della retorica trumpiana ma insiste anche sulla sovranità. Per Dan, il partenariato USA-Romania è la pietra angolare della politica estera del paese, e promuove la cooperazione in campo militare, tecnologico e istituzionale con Washington, in linea con le strategie transatlantiche.
Simion propone nazionalizzazioni, abbassamento delle tasse, aumento del salario minimo e investimenti statali massicci. Nicușor Dan vuole un modello liberale con la digitalizzazione della pubblica amministrazione, trasparenza nella spesa pubblica, attrazione di fondi UE e partenariati pubblico-privato.
Sondaggi recenti: corsa sul filo del rasoio
Secondo il sondaggio AtlasIntel per Hotnews del 13 maggio, i due candidati sono praticamente alla pari: 48,2% Simion e 48,2% Dan. Il sondaggio, condotto su un campione di 3.995 persone tra il 9 e il 12 maggio, ha un margine d’errore del 2% e non include il voto della diaspora, che potrebbe risultare determinante. Al primo turno, quasi un milione di romeni all’estero ha votato, con oltre il 60% di consensi per Simion.
Un altro sondaggio CURS (8–11 maggio) assegna a Simion un vantaggio con il 52% contro il 48% di Dan. La corsa è aperta e ogni voto sarà determinante.
Nel primo turno del 4 maggio, la partecipazione è stata del 53,2%. Gli analisti prevedono un aumento della partecipazione del 10–13% per il secondo turno, soprattutto a causa della forte polarizzazione. A fare l’ago della bilancia ci sarà la diaspora. Si prevede che oltre 1 milione di votanti dalla diaspora parteciperanno al ballottaggio, il che potrebbe risultare decisivo per l’esito finale.
Le elezioni del 18 maggio 2025 non riguardano quindi solo la scelta di un presidente, ma la scelta della direzione strategica del Paese. Tra populismo e riformismo, tra isolamento e integrazione, tra passato e futuro. In un contesto in cui frustrazione e paura convivono, la vera posta in gioco è il destino democratico della Romania.
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