Milo Đukanović e Duško Knežević (foto di Boris Pejović/Vijesti)

Milo Đukanović e Duško Knežević (foto di Boris Pejović/Vijesti)

Dopo anni di attesa il controverso businessman Duško Knežević, a lungo sodale di Milo Đukanović, è stato estradato in Montenegro. Il suo arresto potrebbe fare chiarezza sui lunghi anni al potere di Đukanović, e scuotere fin nelle fondamenta la politica montenegrina

08/05/2024 -  Vukašin Obradović Podgorica

Negli ultimi anni, in Montenegro poche vicende hanno attirato così tanta attenzione come l’estradizione del controverso uomo d’affari Duško Knežević.

Lo scorso 30 aprile, a cinque anni dall’emissione di un mandato di cattura internazionale nei suoi confronti, Knežević è stato trasferito da Londra a Podgorica con un volo di stato. Una volta rimpatriato, l’imprenditore montenegrino – un tempo stretto collaboratore di Milo Đukanović, per poi diventare un fervente oppositore del vecchio potere – è stato sottoposto a custodia cautelare.

La vicenda potrebbe rivelarsi molto importante non solo dal punto di vista penale, ma anche per le possibili conseguenze politiche. In Montenegro Knežević è accusato di associazione a delinquere, riciclaggio di denaro e abuso di posizione dominante.

Duško Knežević era salito alla ribalta della cronaca all’inizio del 2019 dopo la pubblicazione di un video che lo mostra consegnare una busta con 97.500 euro a Slavoljub Stijepović, ex sindaco di Podgorica ed esponente di spicco del Partito democratico dei socialisti (DPS).

L’uomo d’affari aveva a più riprese sottolineato che quei soldi sarebbero stati destinati alla campagna elettorale del DPS, all’epoca dei fatti il principale partito di governo, e che Milo Đukanović, l’allora presidente del Montenegro e leader del DPS, ne sarebbe stato a conoscenza. Stijepović invece aveva cercato di difendersi negando qualsiasi coinvolgimento in attività di riciclaggio di denaro.

Fondato nel 1995 con l’apertura della banca Atlas a Belgrado, l’impero commerciale di Knežević era cresciuto rapidamente fino a comprendere trenta aziende in Montenegro, Serbia, Russia e Cipro. Il gruppo Atlas operava in diversi ambiti, da quello bancario e finanziario a quello assicurativo, passando per il settore immobiliare, il commercio, i media e l’istruzione. Attraverso le sue aziende Knežević controllava oltre mezzo milione di metri quadrati di terreno nelle località più esclusive della costa montenegrina e a Belgrado.

Alla fine del 2018, la Banca centrale del Montenegro aveva dato il via alla procedura di amministrazione straordinaria della banca Atlas, che di lì a poco avrebbe dichiarato il fallimento. All’inizio del 2019, anche un altro istituto bancario gestito da Knežević, la banca IBM, era andato in fallimento.

Prima di avviare la procedura di fallimento della banca Atlas, su richiesta dell’allora procuratore speciale del Montenegro Milivoje Katnić, recentemente arrestato, erano stati bloccati 63 milioni di euro su conti correnti delle aziende che utilizzavano il sistema di commercio elettronico della banca. Successivamente, la procura speciale ha sollevato un atto di accusa contro Knežević e altre sei persone, nonché contro due aziende sospettate di aver agevolato l’evasione fiscale per un importo complessivo di 57 milioni di euro.

Knežević è sospettato anche di aver rifiutato di restituire alla banca Atlas, di cui era proprietario di maggioranza, l’importo della garanzia con interessi di mora (15,2 milioni di euro in totale) per i suoi affari con la compagnia Kaspia Property, registrata negli Emirati Arabi Uniti. I proprietari di Kaspia – come si legge nell’atto di accusa – avevano concesso a Knežević un prestito di 12,5 milioni di euro per l’acquisto dell’albergo Princess a Bar. Il tentativo d’acquisto era però andato a vuoto, e siccome Knežević non voleva restituire i soldi presi in prestito, era stata attivata la garanzia della banca Atlas.

La procura speciale accusa Knežević anche di appropriazione indebita di 1,9 milioni di euro e di aver guidato un gruppo criminale che avrebbe riciclato oltre mezzo miliardo di euro.

Nel 2019, dopo uno scontro aperto con Đukanović e il suo partito(DPS), Knežević ha deciso di trasferirsi a Londra. Poco dopo contro di lui è stato spiccato un mandato di cattura internazionale. È sulla base di questo mandato che Knežević è stato sottoposto ad un processo in Gran Bretagna, per poi essere estradato in Montenegro.

Nel frattempo, Atlas Capital Holding ltd, Meljine Complex ltd. e Knežević hanno avviato un arbitrato, chiedendo allo stato 500 milioni di euro a titolo di risarcimento per – come hanno affermato – una flagrante violazione del diritto internazionale e della normativa montenegrina.

Il team legale di Knežević chiede al Montenegro di risarcire all’uomo d’affari e alle aziende che fanno parte del gruppo Atlas i danni causati dalla decisione della Banca centrale di avviare quella che hanno definito “una procedura illecita di fallimento delle due banche” di proprietà di Knežević.

L’arbitrato – che si dovrebbe aprire alla fine di maggio – riguarda anche i danni provocati da “azioni illecite delle autorità statali” nel complesso di Meljine, a Herceg Novi. Knežević ha proposto di avviare un dialogo con la leadership di Podgorica per concordare l’importo del risarcimento. Il governo di Milojko Spajić non si è ancora fatto sentire riguardo alla vicenda.

A prescindere dall’esito della controversia, ad attirare maggiormente l’attenzione dell’opinione pubblica montenegrina è l’annuncio di Knežević di voler testimoniare sugli affari intrapresi con Milo Đukanović. Knežević sostiene di aver partecipato direttamente – con una delle sue aziende con sede a Cipro – ad operazioni finanziarie che hanno permesso a Đukanović di guadagnare il suo primo milione.

L’ex presidente montenegrino ha negato le accuse, ma il suo “banchiere personale”, come i media chiamavano Knežević, non si è fermato qui, accusando Đukanović – che per decenni è stato l’uomo più potente del Montenegro – di essere, tra l’altro, il proprietario della cosiddetta “casa di nessuno” situata in un quartiere lussuoso di Podgorica, il cui valore è stimato in diversi milioni di euro. Đukanović ha prontamente respinto anche queste speculazioni, e i media legati al DPS hanno lanciato l’ipotesi che la villa in questione sia di proprietà dell’imprenditore montenegrino Vlado Ivanović.

Non vi è dubbio che il procedimento penale contro Knežević, le sue rivelazioni e le prove che potrebbero emergere durante il processo contribuiranno a fare chiarezza su molti scandali avvenuti nei tre decenni in cui Đukanović e il suo DPS hanno governato il Montenegro. Resta però da vedere se Knežević, qualora decidesse di testimoniare, chiederà in cambio alcune concessioni riguardo ai suoi beni sequestrati e al processo in generale. In questo momento possiamo solo tirare a indovinare su un eventuale accordo tra Knežević e la magistratura.

Di certo c’è che – come sottolineano anche alcuni analisti locali – a prescindere dal fatto che venga raggiunto o meno un compromesso, l’estradizione di Knežević sconvolgerà fortemente la scena politica montenegrina, trattandosi di un imprenditore che per molto tempo è stato coinvolto nei grandi affari di Đukanović e del Partito democratico dei socialisti.


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