Simbolo dell'UÇK a Isniq, Kosovo - © Attila JANDI/Shutterstock

Simbolo dell'UÇK a Isniq, Kosovo - © Attila JANDI/Shutterstock

Dopo un’attesa di sei anni, il primo processo alla Corte Speciale per il Kosovo presso l’Aia avrà luogo il 15 settembre, all’ex comandante dell’Esercito di Liberazione del Kosovo (UÇK), Salih Mustafa, accusato di detenzione illegale, tortura e omicidio

16/07/2021 -  Xhorxhina Bami

(Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Balkan Insight col titolo "Kosovo War Crimes Court’s First Trial Will Set a Precedent ")

È stato annunciato la scorsa settimana che il primo processo alla Corte Speciale per il Kosovo all’Aia avrà inizio il 15 settembre – quasi un anno dopo il primo arresto nella capitale kosovara Pristina e più di sei anni dopo la creazione della Corte.

L’ex comandante dell’Esercito di Liberazione del Kosovo, Salih Mustafa, apparirà davanti alla corte che è stata creata per perseguire gli ex membri dell’UÇK per i presunti crimini commessi durante la guerra in Kosovo, tra il 1998 e il 2000.

La Corte fa parte del sistema giudiziario kosovaro, ma si trova nei Paesi Bassi ed è composta da giudici internazionali.

La Corte è stata istituita nell’agosto del 2015 dal parlamento di Pristina, sotto pressione degli alleati occidentali, i quali ritenevano che il sistema giudiziario kosovaro non fosse in grado di perseguire i casi legati agli ex ufficiali dell’UÇK e proteggere i testimoni da possibili intimidazioni, dopo casi precedenti, presso il Tribunale delle Nazioni Unite per i crimini di guerra nell’ex Jugoslavia all’Aia, in cui erano state inquinate le prove relative alle testimonianze oculari.

Il capo d’accusa a Mustafa è stato confermato il 12 giugno, sei mesi dopo essere diventato il primo sospetto dell’UÇK ad essere arrestato e trasferito nel centro di detenzione dell’Aia, in attesa di processo.

Il procuratore capo nel caso, Jack Smith, ha dichiarato durante l’ottobre del 2020, che chiamerà almeno 15 individui a testimoniare contro Mustafa.

Mustafa, che è stato  il comandante delle forze che operavano durante il conflitto nella regione di Llap nel nord-est del Kosovo - dove era conosciuto per il suo nome di battaglia di “Comandante Cali” - si è dichiarato “non colpevole”.

Alcuni esperti sostengono che il suo processo, che potrebbe durare per più di un anno, stabilirà un precedente per il resto dei casi legati ai processi ad ex-membri dell’UÇK.

L’indignazione per la l’accusa di “un’operazione criminale congiunta”

I capi di accusa nei confronti di Mustafa sono “detenzione arbitraria, trattamento disumano, tortura e omicidio” nei confronti di civili, approssimativamente “tra il primo di aprile del 1999 e la fine del mese”.

È accusato di essere stato parte di “un’operazione criminale congiunta” che univa “alcuni soldati dell’UÇK, poliziotti e guardie” che avevano “l’obiettivo di interrogare e maltrattare i prigionieri”.

I mezzi di comunicazione e gli avvocati kosovari hanno interpretato l’uso di questa definizione come un attacco all’Esercito di Liberazione stesso, affermando che questa potrebbe suggerire che l’UÇK sia stato un’organizzazione criminale.

Questa interpretazione ha creato risentimento tra i kosovari albanesi, molti dei quali vedono la Corte speciale come un insulto alla guerra di liberazione contro la Serbia.

Tuttavia, Amer Alija, analista legale e coordinatore presso il Centro di diritto umanitario in Kosovo, ha affermato che il fatto che ci fosse un’operazione criminale congiunta non dovrebbe “essere interpretato nel contesto dell’Esercito di liberazione del Kosovo, perché non tutti i suoi membri sono responsabili di crimini commessi  da soldati che non hanno rispettato le regole imposte dal diritto di guerra”.

Alija ha affermato che i sospetti possono essere giudicati per aver partecipato in azioni criminali congiunte sia “direttamente, ordinando o partecipando alle violazioni” oppure attraverso la loro inazione “essendo i superiori responsabili ed essendo a conoscenza di crimini commessi”, senza cercare di prevenirli o punirli.

L’accusa, nel caso di Mustafa, afferma che i prigionieri si trovavano presso il campo di detenzione nel villaggio di Zllash/Zlas, privati di cibo, acqua, servizi igienico-sanitari, letti e assistenza sanitaria ed erano soggetti a “percosse di vario genere, bruciature ed elettroshock”.

Furono anche abusati psicologicamente “attraverso minacce di morte e lesioni personali gravi, paura, umiliazioni, discriminazioni per motivi politici, intimidazioni, interrogatori e confessioni forzate”, ha dichiarato l’accusa.

L’accusa indica che Mustafa avrebbe anche ordinato ad altri membri della sua unità di torturare i prigionieri o l’avrebbe fatto personalmente.

Stabilire un modello per altri processi

Taulant Hodaj, un avvocato kosovaro, ha dichiarato a BIRN che il processo a Mustafa “creerà un precedente” per il resto dei casi che coinvolgono leader dell’UÇK.

Così come Mustafa, anche l’ex presidente kosovaro Hashim Thaçi e altri ex-guerriglieri poi divenuti leader politici, ossia Kadri Veseli, Rexhep Selimi e Jakup Krasniqi sono in custodia cautelare presso l’Aia, accusati di crimini di guerra e contro l’umanità.

Pjeter Shala, il cui capo di imputazione è stato confermato lo stesso giorno di Mustafa - ma che è stato arrestato nel marzo del 2021 in Belgio - è anche in attesa di processo. Tutti gli imputati si sono dichiarati “non colpevoli”.

La Corte speciale è un tribunale appena istituito, le cui competenze non sono ancora state messe a prova in un processo.

“Essendo una nuova corte, ci saranno ritardi e molti reclami da parte della difesa…perché procedimenti già avviati non esistono”, ha dichiarato Hodaj.

Prima che il primo processo cominciasse, gli avvocati della difesa avevano già riportato che prove evidenti non erano state loro mostrate e che questo aveva causato ritardi che avevano ostacolato i loro casi.

Basandosi su altri casi relativi a crimini di guerra, è probabile che il processo a Mustafa duri più di un anno.

Alija ha spiegato che la difesa, per avere successo, dovrebbe confutare tutte le testimonianze e le prove del prosecutore, introducendo alibi.

Ancora, “di solito, nei processi per crimini di guerra, la difesa prova a dimostrare che l’accusato non ha responsabilità diretta, introducendo sospetti su individui che non sono più in vita.”

Fino ad ora, l’avvocato di Mustafa, Julius von Bone, non ha svelato il numero di persone che chiamerà a testimoniare. BIRN ha contattato von Bone, ma non ha ricevuto risposta per il giorno della pubblicazione.

Sia Alija che Hodaj credono che il verdetto di primo grado nel processo a Mustafa sarà pronunciato per la fine del 2022. Un ricorso potrebbe, poi, protrarre il processo fino al 2023, se non addirittura oltre.


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