Carabinieri italiani - come componente della KFOR - controllano l'accesso al ponte sul fiume Ibar a Mitrovica - © Giovanni Vale/Shutterstock

Carabinieri italiani - come componente della KFOR - controllano l'accesso al ponte sul fiume Ibar a Mitrovica - © Giovanni Vale/Shutterstock

La città di Mitrovica, nel nord del Kosovo, è costante vittima delle tensioni tra Belgrado e Pristina. Lungo entrambe le sponde del fiume Ibar

16/12/2022 -  Marion Roussey

(Pubblicato originariamente da Courrier des Balkans il 14 dicembre 2022)

Sul ponte principale che collega Mitrovica Nord e Sud, il tempo sembra essersi fermato. Notte e giorno, veicoli blindati della KFOR e poliziotti kosovari sorvegliano gli accessi. Anche se non circolano automobili, un flusso continuo di passanti attraversa l'Ibar a passo veloce.

Skender Sadiku usa questo ponte ogni giorno per andare al lavoro. Vive con la sua famiglia nella parte meridionale, popolata principalmente da albanesi, ma lavora come consigliere comunale a nord, nella parte serba. "Questo ponte è famoso, ma non per ragioni lodevoli", dice. "Normalmente un ponte serve a collegare le persone, non a dividerle. Il mio sogno è che questo ponte torni a essere un vero ponte”.

Sono anni che Skender Sadiku si batte, insieme ad altri residenti impegnati come lui, per cercare di costruire relazioni tra le due parti di Mitrovica. Questa mattina ha visitato un residente del quartiere vicino al municipio, a Mitrovica Nord. "La sua casa aveva problemi di elettricità e le autorità non hanno fatto il loro lavoro come avrebbero dovuto", spiega. Per le strade di Mitrovica, Skender Sadiku mescola le lingue, parlando a volte in albanese, a volte in serbo, a seconda dell'interlocutore.

"In passato, questa città era prospera, era conosciuta per i suoi club sportivi, la musica e le miniere", dice, indicando l'imponente monumento che domina la città. Costruito sotto Tito dall'architetto Bogdan Bogdanović, il monumento rende omaggio ai lavoratori, serbi e albanesi, delle miniere di Trepča, che hanno combattuto insieme il fascismo durante la Seconda guerra mondiale.

Sebbene l'ex città industriale sia oggi una delle più povere del Kosovo, ha conservato la sua anima operaia: grigia, umile e nostalgica di un'epoca passata di prosperità e di unione. "Questa era la mia scuola elementare", dice Skender Sadiku passando davanti a un edificio fatiscente sotto il monumento commemorativo. "Allora andavamo a scuola con tutte le comunità”. Oggi la scuola Aziz Sulejmani si chiama Sveti Sava e la maggior parte dei bambini che la frequentano sono serbi. Dal 13 dicembre, le lezioni sono state sospese in tutto il nord del Kosovo, a causa di "minacce alla sicurezza degli abitanti".

Negli ultimi giorni infatti diversi incidenti hanno nuovamente scatenato la tensione in città: barricate, frontiere chiuse, colpi di arma da fuoco ed esplosioni. Nei caffè, nei negozi o per strada, l'atmosfera rimane tranquilla ma l'ansia si legge sui volti. "Guardo continuamente le notizie sul mio smartphone. Cerco di vivere normalmente, ma non è facile", racconta un amico di Skender Sadiku. In realtà, la situazione politica è tesa da mesi. I serbi, rappresentati dall'onnipresente Lista Srpska, il partito guidato da Belgrado, chiedono il ritiro dell'obbligo di ri-registrazione delle targhe serbe annunciato da Pristina e la formazione di un'associazione di comuni a maggioranza serba del Kosovo, prevista dagli accordi di Bruxelles del 2013.

All'inizio di novembre, il sindaco serbo di Mitrovica si è dimesso, così come centinaia di rappresentanti serbi che hanno lasciato le istituzioni su richiesta della Lista Srpska. In risposta, la presidente del Kosovo Vjosa Osmani ha annunciato elezioni anticipate nei comuni a maggioranza serba per sostituire i sindaci dimissionari. Nonostante un sofferto accordo sulla questione delle targhe, la Lista Srpska ha annunciato il boicottaggio delle elezioni inizialmente previste per il 18 dicembre, poi rinviate al prossimo aprile su pressione della comunità internazionale.

La mattina del 14 dicembre, nel piccolo edificio del comune di Mitrovica Nord hanno giurato i nuovi consiglieri, in sostituzione di quelli dimissionari. Lo hanno fatto a seguito di una decisione della Commissione elettorale centrale del Kosovo, in attesa delle prossime elezioni. In totale, sono stati sostituiti 16 consiglieri. Skender Sadiku è il consigliere più anziano e ricopre la carica di vicepresidente per le minoranze. "Mitrovica è l'ultima città multietnica del Kosovo. Qui non ci sono solo serbi e albanesi, ma anche bosgnacchi, turchi, ashkali, gorani, egiziani: tutti questi cittadini hanno il diritto di vivere in pace e sicurezza", sottolinea.

Sulle strade principali della città sono ancora presenti barricate, è il quinto giorno consecutivo. Per Skender Sadiku, questi eventi sono un pessimo segnale per il futuro della città. "Ventitré anni dopo la guerra, la gente di Mitrovica è stanca. Hanno bisogno di pace, di normalità", dice. Nel comune di Mitrovica Nord , dove è stato eletto come rappresentante della minoranza albanese, in molti si augurano di ricominciare a lavorare normalmente, dopo diverse settimane con capacità e personale ridotti a seguito delle dimissioni - agli inizi di novembre - dei rappresentanti eletti.

"Naturalmente stiamo cercando di continuare a gestire le attività quotidiane, come i documenti necessari per la vita di tutti i giorni, ma questo non può andare avanti all'infinito", sospira. Alla fine, a suo avviso, coloro che soffrono di più di questa situazione sono i cittadini, che cercano di vivere con "gli occhi costantemente rivolti verso Pristina, Belgrado, gli Stati Uniti e l'UE, in attesa che qualcosa accada".


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