Nella vignetta di Corax, il rappresentante Onu Holkeri che dorme tra una moschea e una chiesa ortodossa che vanno a fuoco

Sotto attacco in Kosovo, oltre ai Serbi, anche la comunità internazionale. La posizione di Nato e Onu. Le dichiarazioni del governo serbo. Europa defilata.

19/03/2004 -  Andrea Rossini

Non sono solamente i Serbi ad essere sotto attacco in queste ore nel Kosovo. C'è anche l'Unmik, l'amministrazione delle Nazioni Unite guidata dal Rappresentante Speciale di Kofi Annan, Harri Holkeri. Tutti gli uffici sono chiusi, la presenza è ridotta all'essenziale, sembra che in alcune città il personale verrà evacuato. Di fatto, il Kosovo in queste ore è senza amministrazione.

La Kfor, forza internazionale a guida Nato presente nella regione, coinvolta in scontri a fuoco anche questa mattina a Mitrovica, non sembra invece essere obiettivo degli attacchi in quanto tale. Anche la Nato tuttavia, accolta con lanci di fiori cinque anni fa, è oggi per lo più impegnata a proteggere se stessa, oltre ai civili serbi dispersi nelle varie enclaves.

Nato

Il comandante delle forze Nato in Europa, generale James L. Jones, ha dichiarato ieri che saranno inviate in Kosovo nuove forze dell'Alleanza - comprendenti truppe americane, inglesi e italiane. I primi rinforzi arriveranno oggi, a integrare una presenza militare attualmente forte di 18.500 uomini. Si tratta di 150 Americani e di 80 Carabinieri Italiani, provenienti dalla Bosnia. 750 militari britannici arriveranno invece nei prossimi giorni.
Anche il Ministro della Difesa tedesco, Peter Struck, ha annunciato l'invio di ulteriori 600 militari a rafforzare il contingente di Berlino, che attualmente ammonta a 3.800 unità. Le truppe tedesche arriveranno in Kosovo domani, sabato.

Nel comunicato stampa emesso a seguito della riunione di ieri del Consiglio della Alleanza Atlantica, convocato per discutere della situazione nell'area, oltre alla condanna della violenza si legge un appello ai leaders della regione a "intraprendere passi concreti per ristabilire la pace e la sicurezza."
Il segretario generale dell'organizzazione, Jaap de Hoop Scheffer, ha inoltrato personalmente questo messaggio al primo ministro kosovaro Rexhepi, al primo ministro serbo Kostunica e al ministro degli Affari Esteri di Serbia e Montenegro, Svilanovic, reiterando al tempo stesso l'invito ai media della regione a riportare in maniera aderente ai fatti quanto sta avvenendo, evitando commenti incendiari e inaccurati.

Dalla Bosnia, il comandante della Sfor (la forza a guida Nato presente nel Paese), generale Packett, ha dichiarato che le violenza in Kosovo è ben organizzata e orchestrata, e ha aggiunto che le proprie truppe: "sono impegnate nel mantenere la stabilità nella regione e allo stesso tempo nell'aiutare la Kfor a fare in modo che la situazione nel Kosovo resti sotto controllo."

Nazioni Unite

Anche il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, riunito d'emergenza nella giornata di ieri su richiesta di Russia e Serbia-Montenegro, ha denunciato la violenza che ha portato alla morte di 31 persone, esortando le autorità della provincia a fare in modo che venga mantenuto il rispetto della legge. "Gli aggressori devono capire che un attacco nei confronti della presenza internazionale rappresenta un attacco contro tutta la comunità internazionale" - ha affermato l'ambasciatore francese Jean Marc de La Sablière, a capo della presidenza a rotazione del Consiglio di Sicurezza, condannando gli attacchi rivolti nei confronti dei rappresentanti dell'Unmik e delle truppe Kfor.
Nel comunicato del Consiglio di Sicurezza viene ribadito il pieno appoggio nei confronti di Unmik, Kfor e del Rappresentante Speciale per il Kosovo, Harri Holkeri. L'ambasciatore de La Sablière ha sottolineato che indagini sono in corso per accertare le cause della morte del giovane serbo a Pristina e dei tre bambini albanesi a Mitrovica.

Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha dichiarato "vergognosi e inaccettabili gli attacchi condotti contro case private ed edifici religiosi", ricordando ai leaders della comunità maggioritaria kosovaro albanese la loro responsabilità nel proteggere i diritti di tutti i Kosovari, comprese le minoranze.
Harri Holkeri, capo della missione delle Nazioni Unite in Kosovo (Unmik), ha chiesto da Pristina la fine immediata delle violenze, affermando che: "la violenza è il peggior messaggio che il Kosovo potesse inviare al mondo."

Posizione della Serbia

Il ministro degli Esteri di Serbia e Montenegro, Goran Svilanovic, ha affermato di fronte al Consiglio di Sicurezza che la violenza di questi giorni mostra che la Kfor e l'Unmik non hanno nessuna reale autorità nella provincia, chiedendo immediate misure per proteggere i Serbi del Kosovo. Svilanovic ha aggiunto che i confini con l'Albania e la Macedonia devono essere rafforzati per prevenire l'ingresso di "gruppi armati di terroristi con grandi quantitativi di armi e altro materiale militare."

Da Belgrado intanto, il Ministro della Difesa Boris Tadic ha affermato questa mattina che: "La Serbia si riserva il diritto di "riconsiderare" la propria politica nei confronti del Kosovo se le forze di pace internazionali falliscono nell'adempiere al proprio mandato stabilito dalla Risoluzione 1244 e dagli accordi tecnico-militari di Kumanovo."
Il Ministro della Difesa ha parlato alla stampa di ritorno da Bratislava, dove ha avuto colloqui con il Segretario Generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, e con il Ministro della Difesa britannico Geoff Hoon. Tadic ha affermato di aver richiesto l'invio di unità professionali dell'esercito di Serbia Montenegro per rafforzare le truppe Kfor in Kosovo, ma che la richiesta è stata respinta.

Analoga richiesta, il ritorno di truppe serbe nella provincia, è stata avanzata dal Coordinatore per il Kosovo Nebojsa Covic, che ha sottolineato il fatto che le truppe internazionali non riescono a proteggere i Serbi. Covic, nella notte di mercoledì, si era recato a Mitrovica, dichiarando che: "il nord del Kosovo deve essere pronto a difendersi." In un conseguente incontro con Holkeri, Covic ha accusato le istituzioni internazionali di "non essere in grado di garantire la sicurezza dei Serbi, come e' statoampiamente dimostrato negli ultimi quattro anni. Il concetto di
multietnicita' e' crollato, occorre trovare soluzioni realistiche all'odio degli Albanesi contro i Serbi. Se la comunita' internazionale non e'in grado di proteggere i beni e le vite dei Serbi, dovra'
farlo qualcun'altro che sa e puo' farlo. Il nostro esercito e la nostrapolizia possono operare a fianco delle organizzazioni internazionali."

Europa

E l'Europa? Nello scorso mese di febbraio, lo European Stability Initiative (Esi), un centro studi vicino alla Commissione Europea, aveva redatto una proposta per risolvere la impasse nella quale si trovava proprio la divisa città di Mitrovica. Il documento proponeva una soluzione amministrativa, la creazione di un municipio multietnico a Mitrovica nord-Zvecan separato da Mitrovica sud, come precondizione per normalizzare la situazione post bellica, avviare la restituzione delle proprietà e permettere la libertà di movimento tra le due parti della città. A leggere oggi quel documento, iniettato di ottimismo, redatto a partire dalla convinzione che "l'atmosfera in città nell'ultimo periodo è significativamente migliorata" viene da sorridere. Amaramente.

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