Paola Rosà 23 febbraio 2022

L'Italia non ha ancora recepito la direttiva che tutela i whistleblower. Transparency International Italia e The Good Lobby denunciano "il solito assordante silenzio" e invitano il governo a far partire "un processo più inclusivo"

Il percorso che ha portato alla direttiva del 2019 era stato accompagnato anche da OBCT con attività di ricerca e advocacy, con la pubblicazione di un dossier e il coinvolgimento in diverse iniziative e mobilitazioni a livello europeo: lo scopo era ed è far adottare misure in grado di tutelare la possibilità che informazioni preziose per il bene pubblico possano arrivare ai media e alle autorità competenti senza che chi le diffonde debba subire ritorsioni.

Un esempio concreto per comprendere l'importanza della questione lo fa Federico Anghelé, direttore dell’ufficio italiano di The Good Lobby, in una recente presa di posizione che critica l'inerzia italiana nella procedura di recepimento: se la direttiva europea fosse stata in vigore al momento della tragedia della funivia del Mottarone, si sarebbe potuta evitare la morte di 14 persone. "Sappiamo che un ex dipendente aveva segnalato internamente il guasto dell'impianto, e aveva subito minacce di licenziamento". Con la direttiva in vigore, senza il timore di ritorsioni, la segnalazione sarebbe potuta essere anonima, pubblica e quindi efficace.

L'argomento è di fondamentale importanza per chi si occupa di corruzione, salute pubblica, sicurezza alimentare, appalti, malaffare; lo conferma il testo della direttiva , che risale al 2019 e per il cui recepimento gli Stati Membri hanno avuto due anni di tempo: "Nel segnalare violazioni del diritto UE che ledono il pubblico interesse, tali persone (gli «informatori - whistleblowers») svolgono un ruolo decisivo nella denuncia e nella prevenzione di tali violazioni e nella salvaguardia del benessere della società", anche perché "gli informatori costituiscono in particolare un’importante fonte per i giornalisti d’inchiesta". E ancora nel testo della direttiva: "A tale riguardo la protezione degli informatori quali fonte giornalistica è fondamentale per salvaguardare la funzione di vigilanza del giornalismo d’inchiesta nelle società democratiche".

"Spiace notare che il governo italiano - osserva ancora Anghelé di The Good Lobby - risulti totalmente disinteressato all’argomento".

Certo, l'Italia non è l'unico paese in ritardo, come spiega Giorgio Fraschini di Transparency International Italia, in un comunicato uscito dopo che la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha pubblicamente ammesso il rischio di sanzioni UE per il ritardo italiano. Fraschini aggiunge come ad oggi solo 7 paesi siano in regola: "Se non ci sorprende quindi la mancata adozione a dicembre 2021, quello che ci lascia perplessi è il processo di trasposizione della direttiva".

La misura infatti va adeguata al sistema normativo italiano tramite un processo di trasposizione cui il governo è stato delegato solo lo scorso aprile; di ritardo in ritardo, come scrivevano The Good Lobby e Transparency International Italia in un appello congiunto, accompagnato da una lettera indirizzata al governo, "il problema non riguarda solo il ritardo accumulato ma, soprattutto, la totale mancanza di trasparenza del processo".

Sulla mancanza di trasparenza torna a insistere Giorgio Fraschini di TI, commentando la situazione attuale, in cui pare sicura una sanzione da parte dell'UE: "Il governo ha dunque preferito procedere a fari spenti nell’elaborazione di uno schema di legge che non è mai stato pubblicato, anche se un testo pensiamo sia esistito".

La direttiva prevede in concreto che le aziende con più di 50 dipendenti, le istituzioni del settore pubblico, le autorità e i comuni con più di 10.000 abitanti siano obbligati a predisporre adeguati canali di segnalazione interni. Chi segnala abusi e violazioni deve avere la possibilità di farlo sia per iscritto (attraverso una piattaforma online, un indirizzo e-mail o per posta) sia a voce (tramite una hotline telefonica o un sistema di segreteria telefonica). Sono tutelati non solo i dipendenti che segnalano illeciti, ma anche i candidati a una posizione lavorativa all’interno dell’azienda, gli ex dipendenti, i sostenitori del whistleblower e i giornalisti.

Come ricorda Anghelé di The Good Lobby, la risposta del governo alle sollecitazioni per rispettare gli impegni comunitari è stata una sola: "Il solito assordante silenzio cui ci ha abituato questo governo che si guarda bene dal dare una risposta alla società civile, a quelle centinaia di migliaia di cittadini rappresentati da The Good Lobby e Transparency International". Nel processo di trasposizione invece, in sintonia con quanto chiede Transparency International,  la società civile va coinvolta: "Ancora una volta - prosegue Anghelé - denunciamo con forza come non vi sia mai stato un coinvolgimento di stakeholder esterni, tramite consultazioni, audizioni o tavoli di lavoro, lasciando che l’elaborazione del disegno di legge di trasposizione facesse il suo iter fin qui nella più totale oscurità".

"L’invito al nostro governo - argomenta in piena sintonia Giorgio Fraschini di TI - è di cominciare un processo più inclusivo, possibilmente con almeno una consultazione pubblica sullo schema di testo, in modo da poter comunque interpellare soggetti che sono stati promotori dell’istituto in questi anni e che portano un’esperienza diretta sul tema. Che si prenda il tempo necessario per arrivare a produrre la miglior legge di trasposizione possibile e non solo la legge più rapida possibile".