La Croazia saluta la vittoria delle forze filo-europeiste in Serbia. Attesa per la composizione del nuovo governo, ma secondo gli analisti i buoni rapporti con Belgrado non verrebbero incrinati neppure da un governo a guida radicale o con la presenza dei socialisti

15/05/2008 -  Drago Hedl Osijek

La Zagabria ufficiale è soddisfatta della vittoria delle forze politiche filo-europeiste in Serbia, ma è cauta nelle sue esternazioni in quanto non è chiaro chi, dopo le elezioni di domenica, riuscirà a formare il governo. Gli analisti ritengono che per la Croazia, nel breve periodo, non sarebbe male nemmeno che tale governo venisse formato dai radicali di Tomislav Nikolić, perchè in quel caso la posizione di Zagabria nei negoziati di adesione all’Unione Europea sarebbe migliore, visto che l’UE sarebbe costretta a giocare di più la carta croata.

Nel lungo periodo, invece, anche per la Croazia sarebbe più conveniente che la situazione in Serbia e nei Balcani occidentali si stabilizzasse definitivamente. A Zagabria non è congeniale una Serbia chiusa e isolata che, in tal caso, costituirebbe una costante fonte di tensioni nella regione.

Congratulandosi con Boris Tadić per i risultati delle elezioni di domenica e la relativa vittoria, il presidente croato Stjepan Mesić ha affermato che il suo collega serbo non avrà un compito facile.

“I risultati delle elezioni in Serbia sono buoni soprattutto per il paese e per il suo futuro. Ma sono risultati positivi anche per la Croazia e per l’intera regione, perché alla luce di questi è chiaro che sul futuro della Serbia e sulla sua politica non si potrà decidere senza le forze filo-europeiste” ha dichiarato Mesić il giorno dopo le elezioni, aggiungendo che la Croazia non ha motivo di aver paura, nemmeno se il governo venisse formato dai radicali di Nikolić.

“Siamo sicuri, in particolare se siamo sotto la protezione dell'ombrello Nato” ha detto Mesić.

Gli analisti ritengono che le dichiarazioni battagliere di Nikolić e il fatto che ai suoi raduni pre-elettorali si siano presentati anche i rappresentanti della cosiddetta “Krajina” (entità parastatale serba costituitasi nei territori croati durante la guerra 1991-1995) non abbiano alcun significato, in quanto la Serbia semplicemente non ha più alcun potenziale per nuove guerre. Il professor Branko Caratan, della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Zagabria, ha dichiarato al giornale Jutarnji list che “la Serbia non ha più risorse per creare problemi seri nella regione, anche nel caso in cui al potere ci fossero i radicali”.

Gli esperti economici mettono in primo piano la dichiarazione di Nikolić su quanto siano benvenuti gli investimenti in Serbia, inclusi quelli dalla Croazia. Dopo che il 19 febbraio la Croazia ha riconosciuto il Kosovo, vi era il timore che tale fatto potesse compromettere i buoni rapporti economici tra Zagabria e Belgrado, ma ciò non è accaduto. Gli analisti ritengono che nemmeno l’ascesa al potere dei radicali di Nikolić – cosa che la Zagabria ufficiale non esclude come opzione possibile – non peggiorerebbe tali relazioni.

Il totale dell'interscambio di merci tra Croazia e Serbia lo scorso anno si aggirava attorno ai 995 milioni di dollari, di cui 665 milioni di dollari di export croato in Serbia. Questa rappresenta uno dei pochi paesi con cui la Croazia registra valori positivi nell’esportazione, addirittura di circa 335 milioni di dollari. Lo scambio di merci reciproco di un miliardo di dollari è il cospicuo ammontare che la politica di entrambe le parti non vuole danneggiare.

Il prestigioso analista politico Davor Gjenero, in una dichiarazione per Osservatorio sui Balcani, afferma che la formazione del governo in Serbia a cui dovrebbero prendere parte anche i nazionalisti radicali di Nikolić di certo susciterebbe una reazione simile in Croazia, vale a dire il risveglio delle forze nazionaliste.

“Tuttavia, ciò accadrebbe solo lì dove già esistono tali inclinazioni” ha affermato Gjenero citando l'esempio della Slavonia, regione della Croazia orientale al confine con la Serbia in cui, nelle scorse elezioni, i partiti di questo orientamento hanno registrato buoni risultati.

Zagabria, tuttavia, mantiene la speranza che Tadić riesca a formare il governo, e i mass media martedì hanno riportato le valutazioni slovene secondo le quali il presidente serbo dovrebbe scendere a compromessi, contando sul sostegno dei socialisti di Milošević.

Anche i mass media croati hanno paventato tale possibilità affermando che alla Serbia, dopo le elezioni, in riferimento alla vittoria di stretta misura, si presentano tre opzioni reali: il governo che formerà Boris Tadić, il governo dei radicali di Nikolić oppure un ritorno alle urne. Anche la televisione croata lunedì ha parlato dell'eventualità che Tadić, se vuole salire al potere, dovrebbe unirsi in una coalizione con il Partito Socialista Serbo, capeggiato al tempo da Slobodan Milošević.

Ha rivolto i suoi complimenti a Tadić per l' “ottimo risultato” anche il presidente del più forte partito dell'opposizione, il socialdemocratico Zoran Milanović (SDP), il quale, lo stesso giorno in cui si sono tenute le elezioni parlamentari in Serbia, ha ottenuto un convincente mandato quadriennale alle elezioni interne del partito.

“Mi congratulo anche con i cittadini della Serbia, che hanno chiaramente mostrato la strada che il paese deve percorrere, quella europea. La Serbia europea è garante di una vita migliore e di un futuro per il Paese come moderno stato democratico e buon vicino nella regione, che non sarà mai più ostaggio del passato”, ha dichiarato Milanović.

Anche se le reazioni sono state contenute, la politica pubblica croata è più favorevole a Boris Tadić che a Tomislav Nikolić, ovvero a Vojislav Koštunica, perché preferisce avere al suo confine orientale una Serbia filo-europeista con cui potrà intrecciare buoni rapporti di vicinato e un comune futuro europeo.


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