Zagabria, marzo 2022 (foto © mateusrfiuza/Shutterstock)

Zagabria, marzo 2022 (foto © mateusrfiuza/Shutterstock)

Ad un anno dalla vittoria della piattaforma politica rosso-verde Zagreb je naš/Možemo! [Zagabria è nostra/Possiamo!] alle elezioni comunali a Zagabria, il sociologo Paul Stubbs riflette sui principali risultati raggiunti dalla nuova amministrazione comunale, ma anche sui suoi limiti e punti deboli

26/05/2022 -  Paul Stubbs Zagabria

(Originariamente pubblicato da Lefteast , il 13 maggio 2022) [1]

Živio Prvi Maj! Viva il primo maggio!

Quest’anno la tradizionale celebrazione del Primo maggio nel parco Maksimir a Zagabria è stata un po’ diversa dal solito. Il sindaco Tomislav Tomašević, affiancato da due vicesindaci, Danijela Dolenec e Luka Korlaet, e dal presidente del consiglio comunale, Joško Klisović, ha tenuto un breve discorso in cui ha costantemente utilizzato la versione socialista del nome della festa, “prvi maj”, anziché quella croata (“prvi svibanj”). Quanto segue è un estratto del suo discorso:

“I diritti dei lavoratori che oggi diamo per scontati, la giornata lavorativa di otto ore, la pensione e l’assistenza sanitaria, non sono stati regalati ai lavoratori, bensì conquistati, e oggi dobbiamo ricordarcelo. Va anche detto che la lotta deve continuare, crediamo nell’importanza dell’adesione ai sindacati e della negoziazione collettiva. È l’unica strada per creare migliori condizioni di lavoro e una società migliore“. [2]

Al termine del discorso del sindaco, il coro del Teatro nazionale croato ha cantato l’Internazionale e gli attori del teatro hanno letto alcune poesie socialmente impegnate. Mentre gironzolavo, accanto alle fila di persone che aspettavano per ricevere porzioni gratuite di stufato di fagioli e di rotoli di pasta sfoglia ripieni di formaggio, ho visto molti amici e conoscenti, nonché alcuni, non certo tutti, esponenti di spicco della piattaforma Zagreb je naš/Možemo!. [3] Quasi tutti mi hanno detto che quest’anno, per la prima volta dopo tanti anni, hanno deciso di partecipare agli eventi organizzati nel parco Maksimir per la festa del primo maggio perché negli anni scorsi l’ex sindaco di Zagabria, Milan Bandić, recentemente scomparso, aveva sfruttato questa manifestazione per promuovere una versione tutta sua del populismo.

A prescindere da ogni altra considerazione sul primo anno del mandato della coalizione rosso-verde alla guida della capitale croata, la svolta simbolica che si è palesata negli eventi organizzati lo scorso primo maggio nel parco Maksimir non è da sottovalutare. La partecipazione del nuovo sindaco al Gay Pride di Zagabria, l’inaugurazione di un monumento in ricordo delle vittime dell’Olocausto e altre iniziative organizzate per celebrare l’antifascismo e la liberazione di Zagabria da parte dei partigiani contribuiscono all’impressione che “l’altra Zagabria“ ora si rifletta anche nelle pratiche politiche. L’idea secondo cui i vertici dell’amministrazione comunale si distinguerebbero dai classici politici è rafforzata dal fatto che il sindaco va al lavoro in bicicletta o in tram. All’impressione che tale atteggiamento sia lontano dalla “solita politica“ contribuisce anche il fatto che il numero delle autovetture di servizio è stato drasticamente ridotto e che molti “consiglieri“ oscuri con stipendi gonfiati sono stati sollevati dai loro incarichi. Nonostante i media mainstream siano sempre in cerca di un soffio di scandalo – un argomento che affronteremo più avanti – è finita l’epoca di quelli che ottenevano incarichi in base all’appartenenza ad un determinato partito politico.

Alcuni risultati rilevanti

L’implementazione di alcuni elementi dell’agenda verde e di alcune altre politiche importanti è già in corso. Pur non godendo dell’appoggio assoluto, sta per essere introdotto anche un sistema finalizzato a garantire che la maggior parte dei rifiuti urbani venga differenziata alla fonte, allo scopo di aumentare quanto più possibile la quantità di rifiuti riciclati. Questo sistema è parte integrante di un piano, ambizioso e di lungo termine, per la transizione verde, che prevede anche la chiusura delle discariche, varie misure a sostegno della produzione di energia rinnovabile, comprese quelle volte a contribuire a triplicare l’efficienza energetica dei panelli solari, la riduzione della povertà energetica, etc. È stata avviata anche una procedura per far tornare sotto la gestione pubblica alcuni servizi esternalizzati relativi allo smaltimento dei rifiuti, sfidando così il potere di alcune aziende private molto vicine alla precedente amministrazione comunale.

Pur scontrandosi ancora con grossi ostacoli burocratici, la ricostruzione post sisma – una delle principali promesse elettorali che hanno contribuito alla vittoria della piattaforma rosso-verde – è diventata una priorità della nuova amministrazione, e ad oggi si è provveduto alla ricostruzione di una decina di scuole, di molti altri edifici pubblici e di alcune case private. È iniziata anche l’attuazione di un ambizioso programma di ampliamento dei servizi di istruzione prescolastica, con la costruzione di quattro nuovi asili nido (ne sono previsti sedici) e l’assunzione di oltre quattrocento lavoratori da impiegare negli asili nido in modo da soddisfare gli standard pedagogici dell’educazione prescolastica. È in corso anche la costruzione di una dozzina di nuove scuole e – questo è un punto cruciale – dopo tanti anni contrassegnati dai tentativi dell’estrema destra di sfruttare il sistema scolastico per l’indottrinamento ideologico, nelle scuole della capitale a breve dovrebbe essere introdotto l’insegnamento dell’educazione civica, affrontando così almeno uno dei problemi che affliggono il sistema scolastico croato. Inoltre, dopo qualche esitazione, si è deciso di focalizzare la procedura di assegnazione di borse di studio e assegni di ricerca sui criteri legati agli effettivi bisogni, anziché di premiare “i più talentuosi“.

Il comune si è prefisso l’obiettivo di contrastare la speculazione immobiliare e di invertire il declino dell’edilizia popolare, impegnandosi inoltre a rendere più efficaci le procedure per l’integrazione di migranti, rifugiati e richiedenti asilo, comprese le persone che fuggono dalla guerra in Ucraina.

Al tempo della stesura di questo articolo, uno scandalo – che vede protagonista una donna che, giunta alla ventiseiesima settimana di gravidanza, con un feto affetto da un tumore cerebrale maligno, non riesce a interrompere la gravidanza a causa della cosiddetta “obiezione di coscienza“ da parte dei medici, nonostante l’aborto in tali casi sia consentito dalla legge croata – ha spinto i nuovi dirigenti di un’ospedale pubblico di Zagabria, nominati dall’attuale consiglio comunale, a impegnarsi a garantire, il prima possibile, la creazione di condizioni per effettuare aborti sicuri nella città di Zagabria. Nessuna di queste misure è particolarmente di sinistra, ciononostante si tratta di misure che, pur essendo ben lungi dal poter essere considerate rivoluzionarie, fanno la differenza nella vita delle persone comuni.

I principali ostacoli

Nonostante in pochi si aspettassero che il cambio di potere a Zagabria comportasse una rapida trasformazione della città, il nuovo consiglio comunale si è scontrato con vari ostacoli politico-amministrativi, finanziari e giuridici che si sono rivelati enormi. Ad aggravare la situazione hanno poi contribuito alcuni media mainstream, portando avanti attacchi congiunti contro la nuova amministrazione comunale.

Nel corso di una delle prime sedute del nuovo consiglio comunale è stato deciso di riorganizzare la struttura del comune, compresa la riduzione del numero degli uffici da 27 a 16. Ciononostante, molti degli incarichi di direzione degli uffici comunali restano ancora vacanti, mentre altri sono ancora ricoperti da persone nominate dalla precedente amministrazione comunale. Nonostante Tomašević si riferisca spesso alle posizioni dirigenziali all’interno del comune paragonandole agli incarichi ministeriali a livello nazionale, queste posizioni tendono ad essere considerate come posizioni di carattere tecnico, anziché politico. E i problemi non finiscono qui. Molti titolari di incarichi dirigenziali all’interno del comune – alcuni dei quali hanno svolto un ruolo cruciale nell’alimentare il fenomeno di “state capture” e nel promuovere l’agenda della destra populista – hanno sempre avuto contratti di lavoro di durata superiore al mandato del consiglio comunale. Quindi, ad un anno dall’elezione del nuovo consiglio, molti dipendenti del comune, nominati dall’amministrazione precedente, responsabili dell’attuazione delle politiche adottate dalla nuova amministrazione, nel migliore dei casi mostrano indifferenza nei confronti di tali politiche, e a volte le contestano apertamente e sfruttano ogni occasione per minarle. Vale la pena sottolineare che in futuro questi incarichi, proprio perché considerati tecnici, potrebbero essere affidati a persone con un’apposita formazione professionale a prescindere dal fatto che appoggino o meno il programma politico grazie al quale la piattaforma Zagreb je naš ha vinto le ultime elezioni comunali.

Pur essendo stato chiaro sin dall’inizio che il nuovo governo avrebbe dovuto fare i conti con una grave situazione finanziaria, parte dell’eredità lasciatagli dall’amministrazione precedente, da alcune analisi più approfondite è emerso che il comune ha accumulato un debito di 8,2 miliardi di kune (circa 1,1 miliardi di euro), di cui circa la metà è detenuta dall’azienda Zagrebački Holding che gestisce la maggior parte dei servizi comunali.

Prima ancora che venisse rivelata l’entità del debito comunale, si riteneva che le nuove iniziative dovessero essere neutre dal punto di vista del bilancio, privilegiando i risparmi rispetto a nuove spese, anche perché bisognava pagare spese arretrate di notevole entità, compresi gli stipendi. Il debito del comune è stato spesso presentato all’opinione pubblica all’interno di un discorso allineato all’ortodossia neoliberista, alludendo ad una sorta “auto-syrizazione“ per cui la decisione di imboccare la strada di moderazione fiscale era dovuta al debito di per sé, e non alle pressioni dei creditori. Ovviamente, con questa affermazione intendo suggerire che, a differenza di Syriza, qui la spinta all’austerità non deriva da pressioni esterne, bensì da una lettura autonoma della problematica. Persino il pensiero economico mainstream suggerisce che l’ammontare del debito è meno importante del piano di restituzione del debito, focalizzandosi sui creditori, nonché sui termini e sulle condizioni del rimborso.

La città di Zagabria di certo non può essere un’isola socialista in mezzo ad un mare capitalista, ma ogni amministrazione comunale che pretende di essere credibile deve discutere varie opzioni e sviluppare una serie di idee per opporsi alla finanziarizzazione neoliberista. Non è chiaro quali consigli stia ricevendo la nuova amministrazione comunale riguardo a questa problematica né in quale misura sia disposta a prendere in considerazione analisi economiche e finanziarie alternative e di sinistra. Certo, è difficile evitare alcune regole riguardanti il rapporto debito/reddito. Tuttavia, nella sua ultima valutazione finanziaria, Moody’s ha giudicato il comune di Zagabria e l’azienda Zagrebački Holding come “stabili“ (Ba1), valutazione uguale a quella ottenuta dal governo croato [4]. Ovviamente, trattandosi di un’azienda neoliberista, Moody’s elogia “la costante prudenza nella gestione del bilancio“ da parte del comune di Zagabria, ma se Moody’s ritiene che il livello di indebitamento diretto di Zagabria sia “basso“, l’amministrazione comunale di sinistra non dovrebbe utilizzare acriticamente il livello di debito, in sé e per sé, per creare il panico economico e morale, lasciando intendere che “non c’è alcuna alternativa“ all’austerità autoimposta.

L’impatto degli ostacoli normativi con cui si scontra la nuova amministrazione comunale è testimoniato da una delle iniziative più controverse messe in atto dal precedente sindaco, ossia dal programma “Genitori caregiver“ che prevede un sostegno economico di circa 4500 kune al mese (600 euro) per i genitori con tre o più figli – perlopiù donne, dato che il programma è rivolto ai cosiddetti caregiver primari – per rimanere a casa per prendersi cura dei figli. Oltre all’esclusione dal mercato del lavoro regolare, i genitori beneficiari di questo programma hanno dovuto rinunciare a tutte le altre prestazioni sociali, nonché privare i propri figli dell’istruzione prescolastica. I piani iniziali per abolire questo programma sono stati abbandonati perché, dal punto di vista legale, gli accordi stipulati con i genitori caregiver sono rimasti validi anche dopo la scadenza del mandato della precedente amministrazione comunale. Per il momento l’amministrazione comunale ha rinunciato all’idea di diminuire l’importo dell’assegno a 1000 kune (140 euro) e di limitare la durata del programma a causa delle denunce sporte da un gruppo di genitori caregiver appoggiati da alcune organizzazioni cattoliche radicali.

Il motivo per cui questo programma andrebbe abolito risiede nella sua palese inefficacia sul fronte della cosiddetta “ripresa demografica“. Il programma non ha portato all’aumento dei tassi di natalità, mentre il numero dei beneficiari continua a crescere. Di conseguenza, a questo programma viene riservata una grossa fetta del bilancio comunale che invece potrebbe essere utilizzata per mettere in atto varie misure innovative di politica sociale. Ogni mese, il programma "Genitori caregiver" costa al comune tanto quanto costa la costruzione di un nuovo asilo nido. I sostenitori del programma, comprese alcune femministe ed esponenti della sinistra radicale, lo presentano come una misura contro la povertà – la maggior parte dei beneficiari vive in condizioni di svantaggio socio-economico e molti appartengono all’etnia rom – e come un prologo all’introduzione di “salari per lavoro di cura“, se non addirittura come una forma di reddito di base universale, nonostante sia ormai comunemente accettata l’idea che tali programmi debbano essere nazionali, e non locali. Anche in questo caso, pur essendo chiare le ragioni per cui bisogna porre fine a questo programma, l’amministrazione comunale, costretta sulla difensiva, si trova in una sorta di limbo politico.

Prima delle elezioni amministrative del maggio 2021, la nuova piattaforma rosso-verde aveva suscitato reazioni piuttosto positive, almeno tra i media cartacei, ma la situazione è cambiata radicalmente dopo le elezioni. Sembra che tale cambiamento in parte sia dovuto al fatto che la piattaforma rosso-verde si è dimostrata pronta a sfidare il potere che alcuni media hanno conquistato come parte integrante del meccanismo di state capture messo in atto dal precedente sindaco. Diverse storie che, nel migliore dei casi, sono poco credibili, e nel peggiore dei casi fabbricate, presentano la nuova amministrazione comunale come un soggetto coinvolto in affari poco trasparenti, situazioni di conflitto di interessi o semplicemente inefficace e privo di esperienza politica. Tale tendenza spesso porta alla pubblicazione di notizie sui presunti legami tra persone nominate per determinate posizioni e i leader della piattaforma, ma anche ai tentativi di scavare nel passato degli esponenti della piattaforma allo scopo di minarne la legittimità e la credibilità.

Nel tentativo di rispondere a questi attacchi, gli esponenti della piattaforma Zagreb je naš hanno deciso di porre maggiore attenzione alla presentazione delle politiche e delle nomine, cercando di essere proattivi per quanto riguarda l'informazione attraverso conferenze stampa, inizialmente organizzate con cadenza bisettimanale, e poi settimanale. A volte, inevitabilmente, si ha l’impressione che la presentazione sia privilegiata rispetto alla sostanza del discorso; altre volte invece valutazioni palesemente sbagliate sono state accompagnate dalla riluttanza a cambiare rotta, pur di non ammettere gli errori commessi. Ciò che preoccupa di più è il fatto che si è creata una cultura della paura per cui si tende ad evitare, ad ogni costo, di affidare qualsiasi incarico a persone vicine alla nuova leadership, anche attraverso procedure completamente aperte e trasparenti.

Processo decisionale e democrazia diretta

A me personalmente ha deluso, più di qualsiasi altra cosa, il contrasto tra le consultazioni con membri e sostenitori della piattaforma organizzate regolarmente prima delle elezioni e le poche consultazioni organizzate dopo le elezioni. A parte una recente riunione su Zoom, focalizzata sulla discussione tecnica su una possibile fusione tra Zagreb je naš e la piattaforma nazionale Možemo!, ricordo solo uno, forse due, eventi di consultazione tenutisi dopo le elezioni. Ciò significa che le persone che non fanno parte della ristretta cerchia di decisori, compresi anche alcuni componenti del consiglio comunale, nonché alcuni membri dei consigli di municipalità e di quartiere, ma anche le persone che fanno parte dei gruppi di lavoro più o meno tecnici, sentono parlare di iniziative politiche attraverso i media. Al contempo però, molti nuovi membri, eletti ai livelli locali di governo, sono portatori di una spinta dal basso, anche se il loro status all'interno della piattaforma rimane poco chiaro, mentre molti membri informali della piattaforma suscitano diffidenza in quanto "nuovi arrivati".

Una piattaforma, come Zagreb je naš, che sembrava disposta ad adottare un processo decisionale aperto, a cerchi concentrici, ha inevitabilmente incontrato molti ostacoli nel tentativo di trasformare l’attivismo dell’opposizione in decisioni politiche a livello locale e in democrazia dei cittadini. Questo aspetto assume un’importanza simbolica per i membri della piattaforma impegnati in azioni dal basso. La sensazione di essere esclusi, di non appartenere alla cerchia di chi decide o semplicemente di non poter ottenere informazioni di prima mano in merito a determinate decisioni, di certo non contribuisce a garantire un sostegno solido e continuato da parte della base del movimento. Resta aperta la domanda in quale misura la piattaforma sia guidata, anche in modo informale, da quelli che definirei i liberali delle ong, che credono in strutture decisionali gerarchiche, annunciando l’intenzione di adottare una forma di gestione del capitalismo tecnocratica, depoliticizzata e consensualista, invece di perseguire e spiegare la politica in termini di lotta, o almeno di agonismo.

Dall’altra parte, i principali movimenti sociali in Croazia, e quindi anche a Zagabria, sono rappresentati da veterani di guerra e gruppi dell’estrema destra. A differenza, ad esempio, di Podemos, Syriza e Barcelone en Comú, Zagreb je naš sembra incapace di prestare continuamente attenzione alle richieste di movimenti sociali radicali, ma anche – e questo è forse un aspetto inevitabile considerando la classe sociale di provenienza dei principali esponenti della piattaforma – di assicurare che le richieste e le critiche dal basso incidano in modo duraturo sulla politica portata avanti dalla piattaforma.

Un altro aspetto collegato riguarda una sorta di “sovra-responsabilizzazione“: la sensazione che quelli che sono stati eletti per governare la città non possano semplicemente decidere di tornare alle proprie funzioni di partito, bensì debbano essere “responsabili“ e in grado di risolvere anche il caos creato da altri. Questa situazione sembra aver portato ad un vero e proprio esaurimento e alla perdita di energia di una parte della leadership. Le prove a favore di questa ipotesi, nel migliore dei casi, sono costituite da aneddoti, e a volte sono basate sui post pubblicati su vari blog da persone sleali nei confronti della piattaforma. Ciononostante, sembra che stia emergendo un modello di processo decisionale ad hoc, improvvisato, tale per cui ogniqualvolta si presenti un grave problema, le persone vicine alla nuova amministrazione comunale prendono decisioni frettolose, basandosi su consigli informali di persone considerate capaci di fornire una soluzione fattibile. Purtroppo, è più probabile che tali attori flessibili agiscano a favore del capitalismo finanziario neoliberista, anziché cercare di ideare una chiara agenda di sinistra.

Senza entrare troppo nei dettagli, l’azienda Zagrebački Holding è diventata il problema più grande della nuova amministrazione comunale. La frettolosa decisione di affidare alcuni incarichi dirigenziali e di supervisione ai neoliberisti che si erano scontrati con la precedente amministrazione ben presto si è ritorta contro i nuovi vertici della città. I tentativi di ristrutturare la Zagrebački Holding in modo da ridurre il numero di incarichi amministrativi e aumentare quello di incarichi operativi sono stati concepiti come un attacco a quegli stessi diritti che Tomašević, nel suo discorso tenuto in occasione della festa del primo maggio, si è impegnato a rispettare. Per quanto riguarda la Zagrebački Holding, ma anche altre questioni, a me preoccupa di più la mancanza di qualsiasi direzione strategica, o almeno la mancanza di una direzione strategia e di una tempistica per la sua implementazione che non sia appannaggio esclusivo di una ristretta cerchia di persone.

Conclusioni

In un precedente articolo, ho messo in luce le difficoltà insite nella duplice tendenza a “normalizzare“ il governo di Zagabria e, al contempo, a “radicalizzarlo“. Sembra che la normalizzazione sia diventata la priorità del nuovo regime e, a prescindere dal fatto che si sia trattato di una scelta volontaria o involontaria, questa normalizzazione di per sé rappresenta una trasformazione, la cui importanza non deve essere sottovalutata. Allo stesso tempo, le tensioni tra elementi più liberali e posizioni di sinistra più radicali rischiano, almeno in questo momento, di risolversi a favore di un governo liberale e tecnocratico. La prevista operazione di fusione tra Zagreb je naš e Možemo!, pur essendo logica per certi aspetti, potrebbe mettere a repentaglio l’autonomia di un esperimento radicale di municipalismo.

Dall’altra parte, una nuova piattaforma nata in Serbia, “Moramo“, ha confermato che l’imitazione è la più sincera delle adulazioni, conquistando un risultato rilevante alle recenti elezioni politiche in Serbia e a quelle amministrative a Belgrado, un risultato simile a quello ottenuto dalla coalizione Zagreb je naš-Možemo! qualche anno fa. È necessario instaurare un vero dialogo tra queste due iniziative e altri esempi concreti di municipalismo radicale di tutto il mondo, compresi quelli, non tanto lontano da noi, di Barcellona, Graz e Berlino, per mantenere viva la possibilità che, dopo un anno di consolidamento e cambiamenti meramente simbolici, in futuro avvenga una vera svolta rosso verde.

 

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[1] Questo articolo fa seguito ad un mio testo scritto un anno fa sulla probabile vittoria della piattaforma rosso-verde Zagreb je naš [Zagabria è nostra] alle elezioni comunali a Zagabria. Pur essendo ancora membro di un gruppo di supporto alla piattaforma Zagreb je naš, nonché membro (piuttosto marginale) del Gruppo di lavoro sui diritti umani, i diritti delle minoranze, i diritti LGBTIQ+ e le politiche sociali, ho scritto il presente testo dalla posizione di un estraneo, pur appoggiando ancora gli obiettivi della piattaforma e rimanendo vicino ad alcuni dei suoi leader. Karin Doolan, Mariya Ivancheva, Tomislav Medak, Daniel Silver e Mislav Žitko hanno contribuito a contestualizzare alcuni aspetti del presente testo. Tuttavia, la responsabilità di quanto scritto è solo mia.

[2] Tratto da un articolo pubblicato da Večernji list.

[3] Un aspetto che spesso suscita confusione anche tra quelli che conoscono bene la problematica riguarda la nascita delle due piattaforme. L’iniziativa Zagreb je naš è nata nel 2017 come una piattaforma comunale. Nel 2019 molti dei suoi fondatori, insieme ad altre persone, hanno creato Možemo! come una piattaforma nazionale, rimasta sempre vicina a Zagreb je naš. Non tutti i membri della piattaforma Zagreb je naš fanno parte anche della piattaforma Možemo!, e vice versa.

[4] Per un approfondimento al riguardo, si veda questo documento .


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