Zagabria © Finn stock/Shutterstock

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A dieci anni dall’adesione all’UE, in Croazia il Pil pro capite è aumentato passando dal 50% della media UE al 75%, le esportazioni sono raddoppiate e il tasso di disoccupazione è sceso dal 17,3% nel 2013 al 6% attuale. Ci sono però ambiti in cui il paese ha fatto passi indietro

20/12/2023 -  Beta

(Originariamente pubblicato sul portale Dnevni evropski servis , il 5 dicembre 2023)

A distanza di tre anni e mezzo dal sisma che ha devastato la Croazia la ricostruzione degli edifici e delle infrastrutture prosegue soprattutto grazie all’aiuto dell’UE.

In quasi tutte le strade del centro di Zagabria ci si imbatte in ponteggi e aree recintate. Alcuni edifici hanno subito danni talmente gravi che a tutt’oggi non è ancora possibile accedervi.

Due terremoti nel marzo 2020 hanno danneggiato circa 26mila edifici a Zagabria, Petrinja e nella contea di Sisak. Per riparare i danni causati dal sisma, la Croazia ha ricevuto 2,5 miliardi di euro dal Fondo di solidarietà dell’UE e dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza, pensato come parte integrante del Next Generation EU.

Nell’ambito di questo programma, concepito con l’intento di attenuare le conseguenze della pandemia da Covid 19, entro il 2026 la Croazia riceverà altri 10 miliardi di euro (cifra che corrisponde al 17% del Pil croato), di cui 6,3 miliardi in sovvenzioni e 3,7 miliardi in prestiti a tasso agevolato.

Prendendo come riferimento la popolazione e il Pil, la Croazia è il principale beneficiario dei fondi europei, dato per nulla sorprendente considerando che si tratta del più giovane stato membro dell’UE.

Dal 2013, quando ha aderito all’Unione, la Croazia ha versato 5,3 miliardi di euro al bilancio UE a fronte di 17,1 miliardi ricevuti, registrando quindi un surplus di quasi 12 miliardi di euro.

Per i cittadini croati i finanziamenti europei rappresentano indubbiamente il vantaggio più tangibile dell’appartenenza all’UE. L’importanza dei fondi europei è diventata particolarmente evidente dopo il sisma del 2020, ma si riflette anche in molti altri progetti, dal ponte di Pelješac agli impianti di rigassificazione, passando per tutta una serie di interventi di ricostruzione di ferrovie, ospedali e scuole.

Come spiega Andrea Čović Vidović, vicecapo della Rappresentanza della Commissione europea a Zagabria, l’UE ha aiutato molto la Croazia. “Lo si percepisce ad ogni passo. Ovunque si vada, ci si imbatte in infrastrutture realizzate grazie ai fondi europei. L’Unione ha finanziato anche molti progetti sociali, diventando così parte integrante della vita quotidiana dei cittadini croati”.

Parlando con i giornalisti serbi, che recentemente hanno visitato Zagabria nell’ambito del progetto Pulse of Europe - Media Trips to EU , Andrea Čović Vidović ha sottolineato che la fiducia dei cittadini croati nell’UE è in costante crescita e tende a rafforzarsi in concomitanza con grandi crisi, come la Brexit, la pandemia e la guerra in Ucraina.

“Questo è il segnale – ha sottolineato Čović Vidović – che la Croazia capisce quanto sia importante far parte di questo club e quanti benefici e sicurezza ciò comporti per i cittadini croati. Quando un paese diventa membro dell’UE, la visibilità degli investimenti europei aumenta in maniera esponenziale. Al contempo, diventa evidente la possibilità per quel paese di sedersi allo stesso tavolo e prendere decisioni su un piano di parità con gli altri stati membri”.

Lo sviluppo economico

A dieci anni dall’adesione all’UE, in Croazia il Pil pro capite è aumentato passando dal 50% della media UE al 75%, le esportazioni sono raddoppiate e il tasso di disoccupazione è sceso dal 17,3% nel 2013 al 6%.

Il salario minimo ammonta a 560 euro, il salario medio è di 1100 euro, mentre il reddito mediano [nell’analisi della distribuzione dei redditi indica la soglia che divide la popolazione in due, metà guadagna una cifra superiore, l’altra metà una cifra inferiore a quella soglia] è di 1000 euro. I prezzi nei negozi e nei ristoranti, così come il costo dei biglietti del trasporto pubblico, sono simili a quelli di Belgrado [dove invece, stando ai dati di settembre 2023, il salario medio netto ammonta a 725 euro].

Interpellato dai giornalisti serbi, Hrvoje Butković, ricercatore senior presso l’Istituto per lo sviluppo e le relazioni internazionali di Zagabria, ha spiegato che la Croazia sta diventando una meta sempre più attraente per i lavoratori stranieri grazie ad un costo della vita più basso rispetto agli altri stati membri dell’UE.

Il primo paese di provenienza dei lavoratori stranieri è la Bosnia Erzegovina, seguita da Serbia, Nepal, Macedonia del Nord e India. Attualmente in Croazia il 10% dei lavoratori proviene da paesi extra UE.

D’altra parte però, dopo l’adesione all’UE, molti lavoratori croati hanno lasciato il paese. Stando alle parole di Hrvoje Butković, in Croazia tra il 2011 e il 2021 il numero di abitanti è diminuito del 10%. Questa tendenza negativa, oltre all’emigrazione, è legata anche al calo delle nascite.

Butković ha poi spiegato che per la Croazia non c’era alternativa all’adesione all’UE, soprattutto per quanto riguarda la crescita economica.

“Anche oggi, per i paesi candidati non ci sono alternative. Se guardiamo agli scambi commerciali e al fattore geografico, vediamo che ci sono anche altri attori, ma non c’è una vera alternativa all’UE, un attore ugualmente attraente disposto a stimolare lo sviluppo [dei Balcani occidentali] con finanziamenti a fondo perduto”.

L’autorevolezza politica

Oltre alla crescita economica e ad una migliore gestione delle crisi, l’adesione all’UE ha permesso alla Croazia di rafforzare il senso di sicurezza e la fiducia in se stessa.

Nel corso dell’incontro con i giornalisti serbi, Dejan Jović, professore presso la Facoltà di Scienze Politiche di Zagabria, ha spiegato che dopo aver aderito all’Unione europea, e soprattutto dopo essere entrata nella zona euro e in Schengen, la Croazia ha iniziato a sentirsi più forte. Ora l’obiettivo principale di Zagabria è quello di assumere una posizione più centrale e di integrarsi maggiormente nell’UE.

“Questi dieci anni nell’Unione hanno permesso alla Croazia di sviluppare la fiducia in se stessa, la sensazione di essere un paese più forte, e di conseguenza più sicuro di quanto non lo fosse prima dell’ingresso nell’UE”, ha sottolineato il professor Jović.

Da quando è diventata membro a pieno titolo dell’UE, la Croazia partecipa a processi decisionali all’interno del Consiglio UE su un piano di parità con gli altri stati membri ed è coinvolta in tutte le procedure fondamentali per l’elaborazione delle politiche e l’approvazione delle leggi europee.

Oggi in Croazia tutti sono consapevoli del grande aiuto ricevuto dall’UE e la maggior parte dei cittadini considera positiva l’appartenenza all’Unione. Durante i negoziati di adesione non tutti però erano ottimisti.

La Croazia è il primo paese ad aver condotto i negoziati di adesione secondo una nuova metodologia [adottata nel 2006] e il processo negoziale è durato otto anni. Ai cittadini sembrava che i progressi fossero troppo lenti, che si trattasse di un processo interminabile e che Bruxelles fosse molto esigente nei confronti della Croazia.

Al referendum sull’adesione della Croazia all’UE solo il 43% degli aventi diritto si era recato alle urne. Di questi il 66% aveva votato a favore dell’adesione.

“Molti cittadini erano indecisi poiché ritenevano che il trattamento riservato alla Croazia da parte dell’UE fosse ingiusto e che l’attesa si fosse protratta per troppo tempo. Alcuni pensavano che, aderendo all’UE, la Croazia potesse perdere la sua sovranità, altri invece erano preoccupati per il rischio di subire perdite economiche a causa dell’apertura del mercato [croato] alle aziende e ai lavoratori stranieri”, ha spiegato il professor Jović, sottolineando però che la maggior parte dei timori si è rivelata infondata.

Serve un ampio consenso

Tutti concordano sul fatto che le riforme intraprese da Zagabria durante i negoziati di adesione si siano dimostrate vantaggiose per la società e per i cittadini croati. C’è però chi ritiene che dopo l’ingresso nell’UE la Croazia abbia iniziato a fare passi indietro in alcuni ambiti, soprattutto nella lotta alla corruzione, nella protezione dei giornalisti e negli sforzi per garantire l’indipendenza della magistratura.

“Ormai è chiaro che siamo peggiorati su vari fronti rispetto al processo di adesione. Penso innanzitutto alla giustizia, dove alcuni casi, invece di essere risolti dagli organismi giudiziari croati, sono finiti in mano alla procura europea. Penso anche al monitoraggio dei conflitti di interesse. Recentemente, l’autorità competente in questo ambito è stata spogliata delle sue prerogative fondamentali”, ha spiegato Oriana Ivković Novokmet, direttrice dell’ong GONG .

Stando alle sue parole, il consenso di tutti gli intellettuali, le forze politiche e le organizzazioni della società civile sulle questioni europee è stato di fondamentale importanza per l’avanzamento della Croazia verso l’UE.

“Tutti gli attori rilevanti erano favorevoli all’adesione all’UE, e questo elemento positivo differenzia il caso croato da quello serbo e bosniaco-erzegovese. Seguendo la situazione in Serbia e in BiH, ho l’impressione che sia proprio l’assenza di un ampio consenso interno a impedire a questi paesi di avanzare nel percorso di integrazione europea così velocemente come ha fatto la Croazia. Per noi è stato più facile perché si è trattato di un obiettivo strategico di tutti i governi e partiti politici, a parte alcuni estremisti che non hanno mai goduto di un ampio sostegno del parlamento e dell’opinione pubblica”, ha concluso Ivković Novokmet.


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