Il manifesto gigante di Ravlić a Osijek (foto D. Hedl)

Il manifesto gigante di Ravlić a Osijek (foto D. Hedl)

Marijan Ravlić, imprenditore croato ingannato da due vescovi, ha attivato un’insolita protesta: sta girando in auto per la Croazia orientale con manifesti giganti recanti l’immagine del Papa e il messaggio: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno!”

26/05/2022 -  Drago Hedl Osijek

Alcuni rimorchi con manifesti giganti raffiguranti Papa Francesco e due vescovi croati, Marin Srakić e Đuro Hranić, girano per le città della Croazia orientale dove si trova la sede dell’arcidiocesi di Đakovo-Osijek. Sui manifesti campeggia la scritta in croato e italiano: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Nella parte inferiore dei manifesti compare la firma dell’autore: Marijan Ravlić.

Ravlić è un imprenditore originario di Osijek, la quarta città più grande della Croazia. Nel lontano 1996 la sua impresa edile RAMS sottoscrisse un contratto con la Caritas dell’arcidiocesi di Đakovo-Osijek per la costruzione di un centro spirituale-ricreativo Emmaus nei pressi di Osijek. Ravlić portò a termine i lavori, ma quando giunse il momento di saldare i conti, l’allora arcivescovo Marin Srakić (oggi in pensione) chiese una proroga del termine di pagamento, reiterando poi più volte la stessa richiesta. Ravlić dimostrò una grande pazienza e fiducia nei confronti dell’arcivescovo. Dopo anni di attesa, non avendo mai ricevuto la somma pattuita di 2,33 milioni di kune (circa 310mila euro), nel dicembre 2007 Ravlić decise di sporgere denuncia contro l’arcidiocesi, continuando nel frattempo a impegnarsi a risolvere la disputa in modo pacifico. Tuttavia, il successore di Marin Srakić, l’arcivescovo Đuro Hranić, tuttora alla guida dell’arcidiocesi di Đakovo-Osijek, non ha fatto nulla per saldare i debiti nei confronti di Ravlić.

Dopo un lungo processo, alla fine di ottobre 2018 il Tribunale di commercio di Zagabria ha emesso la sentenza definitiva ordinando all’arcidiocesi di Đakovo-Osijek e al centro Caritas di Osijek di pagare all’azienda RAMS la somma di 500mila kune, nonché gli interessi di mora calcolati a partire dal 2003. Una parte del debito accumulato dall’arcidiocesi è stata dichiarata estinta per prescrizione, quindi la somma dovuta all’azienda di proprietà di Marijan Ravlić ammonta all’incirca a 1,8 milioni di kune (240mila euro).

Invece di effettuare il pagamento, l’archidiocesi ha dichiarato il fallimento della Caritas di Osijek, rendendo così impossibile per Ravlić riscuotere il debito. Tuttavia, anche dopo la dichiarazione di fallimento la Caritas dell’archidiocesi di Đakovo-Osijek ha continuato ad operare sotto un nome simile, sempre nella stessa sede e con lo stesso direttore. A quel punto Ravlić si è reso conto di essere stato ingannato. A rendere tutto ancora più assurdo si è aggiunta la decisione del tribunale di Osijek di accogliere il ricorso dell’arcidiocesi di Đakovo-Osijek che nel frattempo si era rivolta alla Corte suprema della Repubblica di Croazia, chiedendo la revisione della sentenza di condanna definitiva. Il tribunale di Osijek ha stabilito che l’arcidiocesi, come ente fondatore della Caritas di Osijek, non è obbligata a provvedere al pagamento della somma dovuta a Ravlić finché la Corte suprema non si pronuncerà in merito alla revisione della sentenza definitiva, una procedura che potrebbe durare anni.

Nel frattempo, l’azienda di Marijan Ravlić, impossibilitata a riscuotere la somma di 310mila euro pattuita per la costruzione del centro spirituale-ricreativo Emmaus, si è trovata ad affrontare una grave crisi finanziaria. Recentemente, nei confronti dell’azienda è stata avviata una procedura fallimentare.

“Se l’arcidiocesi mi avesse pagato i lavori eseguiti, la mia azienda familiare avrebbe continuato ad operare senza difficoltà. Invece è andata in fallimento. Provengo da una famiglia cristiana, sono credente e mi risulta molto difficile venire a patti col fatto che la diocesi e i vescovi mi hanno ingannato. Mi fidavo di loro. Non immaginavo nemmeno che potessero ingannarmi”, spiega Ravlić.

Prima di decidere di avviare la protesta coi manifesti giganti, Ravlić ha cercato in tutti i modi di riscuotere il debito, ma la Caritas è sempre rimasta sorda alle sue richieste. Anche la segreteria dell’arcivescovo di Zagabria, Josip Bozanić, e il centro Caritas di Zagabria si sono rifiutati di rispondere alla richieste di Ravlić, suggerendogli di provare a risolvere la questione direttamente con l’arcidiocesi di Đakovo-Osijek. Esaurite tutte le possibili opzioni per risolvere il problema in Croazia, Ravlić ha deciso di rivolgersi alla Santa Sede, inviando una lettera a Papa Francesco. Nel maggio 2019 ha ricevuto una risposta da Edgar Peña, sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato della Santa Sede, il quale ha affermato che la richiesta di Ravlić è stata “inoltrata alle autorità competenti”. Da allora Ravlić non ha più avuto alcuna notizia dal Vaticano.

Vinkovci (foto D. Hedl)

Vinkovci (foto D. Hedl)

Nel marzo di quest’anno Ravlić ha deciso di mettere in atto una protesta, affiggendo manifesti giganti nelle quattro principali città croate: Zagabria, Spalato, Fiume e Osijek. Tuttavia, pochi giorni dopo l’azienda che si occupa dell’affissione di manifesti ha annullato il contratto firmato con Ravlić, togliendo i manifesti dai tabelloni pubblicitari. L’azienda ha detto a Ravlić di essere stata costretta a farlo sotto pressione della Chiesa.

“Sono stato costretto a procurarmi alcuni rimorchi su cui ho attaccato i manifesti, e così vado in giro per le città. Sono partito da Osijek, poi sono andato a Županija, Vinkovci e Vukovar, ma a anche a Đakovo dove si trova la sede dell’arcidiocesi di Đakovo-Osijek. Mi fermo davanti alle chiese, ci rimango un paio di ore e poi proseguo il viaggio. Voglio far capire ai credenti che i vescovi dell’arcidiocesi di Đakovo-Osijek all’altare predicano una cosa e nella vita ne fanno un’altra. La mia non è una protesta contro la Chiesa cattolica, a cui anch’io appartengo, bensì contro l’arcidiocesi di Đakovo-Osijek e contro i vescovi che mi hanno ingannato. Continuerò a protestare”, spiega Ravlić.

Alla domanda perché il messaggio “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” che compare sui manifesti sia scritto anche in italiano, Ravlić ha risposto con un sorriso enigmatico: “La strada che porta a Roma è aperta”. Ravlić non ha voluto confermare se intende portare i suoi manifesti fino a Roma e al Vaticano, ma non ha nemmeno escluso tale ipotesi.

Drago Tukara, direttore della Caritas andata in fallimento – il cui nome completo era “l’arcidiocesi di Đakovo-Srem, Caritas Osijek srl”, oggi attiva sotto il nome “Caritas dell’arcidiocesi di Đakovo-Osijek” – non ha voluto commentare la vicenda. Prima di dichiarare il fallimento, la Caritas ha affittato il suo centro spirituale-ricreativo, alla cui costruzione aveva partecipato l’azienda di Ravlić, ad un’azienda di ristorazione che vi ha aperto un ristorante in cui spesso vengono organizzati anche ricevimenti di matrimonio.


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