In piazza a Zagabria - Giovanni Vale

In piazza a Zagabria - Giovanni Vale

Un paese in trance, con i prelievi bancomat saliti in pochi giorni del 30%: è così che la Croazia ha seguito l'avventura della sua nazionale ai mondiali in Russia. Tra birre e i politici a sgomitare per arrampicarsi sul carro dei vincitori, dove però è salito il cantante ultranazionalista Thompson

20/07/2018 -  Giovanni Vale

Più di mezzo milione di persone sono scese in strada a Zagabria, lunedì 16 luglio, per festeggiare il ritorno della nazionale di calcio. I «Vatreni», gli undici ardenti con la maglietta a scacchi, hanno conquistato a Mosca una medaglia d’argento, il miglior risultato mai raggiunto dalla Croazia in una Coppa del Mondo. Sono tornati a casa da eroi, accolti dalla popolazione e celebrati dalla stampa, malgrado la sconfitta in finale contro la Francia (4–2). Una sconfitta prevista dai bookmakers ma che ha definitivamente spento il sogno di una rivincita dopo la semifinale persa nel 1998, sempre contro i francesi.

Un paese in trance

«Siete il nostro oro», «Avete perso una partita, ma avete conquistato il mondo». Sono questi i titoli con cui i quotidiani croati hanno presentato il rientro dalla Russia della nazionale di calcio. Durante tutta la coppa del Mondo, man mano che la Croazia incassava una vittoria dopo l’altra, uno stato di euforia ha invaso il paese, contagiando tutti, dai cittadini alle istituzioni e occupando gli spazi pubblici. Il centro di Zagabria ha visto più di 10mila persone riunirsi ogni sera sulla piazza Ban Jelačić per seguire in diretta le partite della nazionale, mentre le bandiere sporgevano dalle finestre e sventolavano dai finestrini delle auto.

Attorno ai maxi-schermo installati in tutte le corti interne, le viuzze e i parchi di Zagabria, si è sviluppata inoltre per giorni una fiorente economia, che ha fatto dimenticare ai croati i problemi della quotidianità. La banca austriaca Erste Bank ha registrato un aumento del 30% dei prelievi ai bancomat, il salumificio “Pik Vrnovec” ha venduto più di 9 milioni di ćevapčići, mentre fiumi di birra si sono riversati nei bar della capitale. Non era raro, poi, incontrare dei bambini con un taglio di capelli “a scacchiera”. Per 25 kune (3,50€ circa), infatti, i parrucchieri hanno colorato a quadratini bianchi e rossi i capelli dei giovani tifosi più convinti.

Quest’euforia è esplosa dopo ogni partita. Al fischio finale di Croazia-Inghilterra, Zagabria è stata scossa da ore di festeggiamenti. La stessa cosa, in misura maggiore, è successa al termine della finale con la Francia. Fumogeni, petardi, fuochi d’artificio, caroselli di auto in giro per il centro… i tifosi si sono abbandonati ai gesti più insoliti, salendo sui lampioni della luce e gettandosi nelle fontane. Veljko, uno zagabrese, ha persino modificato la sua macchina per infilarci all’interno due enormi spiedi ed uno strato di carboni ardenti: in pieno centro, ha cotto un maialino ed un agnello che ha distribuito a fine partita ai passanti.

La politica sul treno dei vincitori

Quest’entusiasmo generalizzato non ha lasciato indifferenti i politici. Fin dalle prime partite, la presidente Kolinda Grabar-Kitarović è volata in Russia per seguire le avventure della nazionale. La si è vista entrare negli spogliatoi subito dopo gli incontri, salutare ed abbracciare i giocatori. Si è presentata sempre con la maglietta della nazionale, anche quando sedeva a fianco dei suoi omologhi internazionali. L’esecutivo non è stato da meno. Se, inizialmente, il Primo ministro Andrej Plenković ha mantenuto un profilo più basso, dopo la vittoria con l’Inghilterra si è lasciato andare.

Il consiglio dei ministri, premier compreso, si è riunito con addosso la divisa della nazionale. Sull’onda dell’euforia, Plenković ha inoltre promesso maggiori investimenti nello sport e persino la costruzione di un nuovo stadio, capace di ospitare eventi di portata internazionale e che oggi manca in Croazia. Il suo comportamento, così come quello della capo di Stato, ha suscitato reazioni opposte sia nell’opinione pubblica che tra gli organi di stampa. I politici croati hanno approfittato dei successi della nazionale per guadagnarsi un po’ di popolarità o si è trattato di un sincero amor di patria?

In un momento in cui i sondaggi indicano che in Croazia il politico più popolare è “nessuno”, appare evidente che sia la presidente che il premier hanno un problema di relazioni col pubblico. E non si tratta solo di una questione di immagine. Il prossimo anno, si terranno le elezioni presidenziali e Kolinda Grabar-Kitarović non è ancora stata confermata dal suo partito, l’Hdz, come futura candidata. Il Primo ministro, invece, è sostenuto da una maggioranza risicata in aula, ha recentemente dovuto sacrificare la sua vice-premier e ministra dell’Economia e deve costantemente tenere a bada l’ala più conservatrice del suo partito. Insomma, un po’ di popolarità non guasta.

Il ruolo del nazionalismo popolare

Sarebbe un errore, tuttavia, sostenere che gli unici aspetti politici da considerarsi, in relazione alla partecipazione della Croazia ai mondiali, siano quelli legati al comportamento del premier e della presidente. Ciò che ha fatto più di discutere in Croazia, infatti, è stata una scelta che non è dipesa né da Grabar-Kitarović, né da Plenković. Al ritorno dei calciatori da Mosca, il cantante ultra-nazionalista Marko Perković “Thompson” è stato invitato a salire sul bus dei giocatori, a sfilare con loro per ore nel centro cittadino e, infine, a cantare in una piazza Ban Jelačić gremitissima di gente.

Si capisce l’inopportunità del gesto solo se si considera brevemente il percorso e il profilo di Thompson. Il cantante, che deve il suo soprannome ad un tipo di mitra, si è visto vietare molti dei suoi concerti in Europa (in Olanda, Svizzera, Austria, Slovenia…) per il contenuto nazionalista delle sue canzoni. Basti pensare che una delle sue hit, “Bojna Čavoglave” (dedicata ad una battaglia durante la guerra d’indipendenza croata nel villaggio di origine di Thompson, Čavoglave), inizia con il saluto ustascia “Za dom spremni!”, usato dal regime di Ante Pavelić durante la Seconda guerra mondiale.

Perché allora associare in modo così marcato la squadra di calcio croata ad un cantante tanto controverso e nazionalista? Gli undici Vatreni non rappresentano forse tutta la Croazia? Oppure Thompson è così popolare da renderlo un simbolo del paese intero, al pari di Modrić, Mandžukić e Perišić? Una consultazione online realizzata dalla televisione regionale N1 rende difficile rispondere a questa domanda. “E’ stato giusto coinvolgere Thompson nelle celebrazioni dei Vatreni?”, chiede la tv, partner della CNN, ai suoi ascoltatori. Il pubblico si spacca letteralmente a metà. Alla mezzanotte di mercoledì sera, il 53% degli oltre 12mila votanti dice “sì, lui è un grande patriota e i Vatreni lo amano”.


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